Vicenza, la 46enne Paola Pettinà si offriva come operatrice socio sanitaria sui social. Inchiesta nata dalle denunce di due famiglie. Perquisite anche tre farmacie
Omicidio aggravato, quadruplo tentato omicidio, rapina, autoriciclaggio e spaccio di medicinali. È una lista lunga di reati quella che pende sulla testa di Paola Pettinà, 46 anni di Vicenza, finta operatrice sanitaria che è stata arrestata mercoledì sera al termine di un’indagine dei carabinieri del nucleo investigativo durata 9 mesi. I fatti risalgono al periodo compreso tra gennaio 2022, nel momento in cui la falsa professionista ha preso servizio come badante nelle case di alcuni anziani del Vicentino, e marzo 2024, quando è stata depositata una denuncia da parte di una delle famiglie dei pazienti: il sospetto è che dietro la morte di una degli assistiti ci sia la mano della quarantaseienne. In quel frangente è arrivata anche un’altra segnalazione ai militari riguardante una coppia di coniugi, seguiti dalla stessa donna, che avevano dimostrato un rapido peggioramento di salute. Fin dal principio gli investigatori hanno appurato la grande capacità di persuasione della presunta assassina, la stessa che avrebbe usato per raggirare i familiari degli anziani che necessitavano di un supporto e che non avevano mai dubitato della sua professionalità.
Nessun titolo per lavorare con gli anziani
Pettinà, che si faceva chiamare anche «Paolina», si spacciava a volte come un’infermiera che aveva lavorato negli ospedali vicentini, altre come un’operatrice sanitaria con una lunga carriera alle spalle. In realtà la donna non aveva alcun titolo per operare nell’assistenza agli anziani: prima del 2022, per un paio d’anni, era stata titolare di un negozio di profumeria a Vicenza e in precedenza aveva lavorato come commessa. Poi tutto è cambiato e quasi 3 anni fa ha cominciato a fingersi una badante qualificata e a cercare lavoro su Facebook, tra gruppi di paese e in quelli dedicati alla ricerca di aiuti a domicilio per persone non autosufficienti. È così che si è messa in contatto con alcune famiglie e ha cominciato a prestare assistenza, sembrerebbe senza alcun regolare contratto. Dal momento stesso in cui la donna ha iniziato a lavorare, i suoi assistiti avrebbero manifestato delle problematiche di salute prima mai emerse: torpore, stordimento, disartria, difficoltà a reggersi in piedi. Sintomi che non erano legati a nessuna delle patologie di cui soffrivano e che sono spariti una volta che la donna ha smesso di seguirli come badante.
Sovradosaggi di psicofarmaci
Tutto sembrava nella norma fino alla morte improvvisa di un’anziana, mentre veniva seguita dalla finta «oss» (operatrice socio sanitaria), che ha fatto suonare il campanello d’allarme alla famiglia della vittima. I parenti si sono rivolti ai carabinieri di Breganze, dove sono cominciate le indagini coordinate dal sostituto procuratore di Vicenza Maria Elena Pinna. Da quanto emerso sembra che la quarantaseienne, accusata di omicidio per l’anziana breganzese e del tentato omicidio di altre quattro persone di vari comuni del Vicentino, somministrasse in modo volontario ai suoi assistiti dei sovradosaggi di psicofarmaci come Xanax, Tavor, Lorazepam e Trittico, che in alcuni casi non si trovavano nemmeno nelle terapie prescritte dai loro medici di base. Pettinà aveva a disposizione alcuni di questi medicinali perché li utilizzava lei stessa e ne aveva a disposizione una buona quantità. I farmaci sarebbero stati acquistati senza ricetta e per questo motivo è stata accusata pure di spaccio. Su questo fronte, sono in corso una serie di perquisizioni in tre farmacie a cui la donna si sarebbe rivolta: alcuni punti vendita sono sospettati di averle venduto il prodotto senza prescrizione.
Accusata anche di rapina aggravata e autoriciclaggio
La procura ha anche disposto una consulenza tecnica medico-legale per procedere con gli esami tossicologici in modo da stabilire se il sovradosaggio delle sostanze neurodepressorie ai suoi anziani sia stata con certezza la causa dei malori, uno dei quali fatali. Su questo aspetto hanno contributo nelle indagini anche la direzione generale e quella medica dell’Usl 8 Berica, l’accesso ai sistemi informativi dell’Uoc (Unità operativa complessa, ndr) di Azienda Zero della Regione Veneto, le informazioni riferite da alcuni medici di fiducia delle vittime e la direzione sanitaria del distretto di Vicenza. L’arrestata è accusata anche di rapina aggravata e autoriciclaggio: secondo quanto ricostruito dagli inquirenti avrebbe stordito una vittima per rubarle alcuni gioielli che in seguito ha venduto nei negozi comproro per un valore complessivo di 3.000 euro. Quando i familiari della rapinata si erano accorti della mancanza dei preziosi, la finta operatrice era riuscita a far ricadere la colpa sull’anziana.
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