In Italia, la produzione di rifiuti urbani si attesta a quasi 29,3 milioni di tonnellate nel 2023 registrando un incremento dello 0,7% su base annua, dopo il calo del precedente biennio. L’incremento è in linea con l’aumento del Prodotto interno lordo (Pil). La produzione aumenta del 2,3% al Nord, resta sostanzialmente stabile al Centro mentre diminuisce dell’1,2% al Sud. In valore assoluto, il nord Italia produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, il Centro circa 6,2 milioni di tonnellate e il Sud poco meno di 8,9 milioni di tonnellate. È quanto emerge dall’ultima edizione del rapporto “Rifiuti Urbani” dell’Ispra, presentato a Roma.
Produzione regioni e comuni
A livello regionale svetta la produzione di rifiuti urbani dell’Emilia-Romagna con 639 chilogrammi per abitante per anno, in aumento di 6 chilogrammi rispetto al 2022. Seguono la Valle d’Aosta con 620 chilogrammi, in crescita di 4 chilogrammi rispetto al 2022, e la Toscana con 586 chilogrammi, il cui dato risulta comunque in calo di 4 chilogrammi.
Le regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale (496 chilogrammi per abitante) sono complessivamente 10: alle 3 sopra citate si aggiungono Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Umbria, Piemonte, Lazio e Veneto. I minori valori di produzione pro capite si registrano per la Basilicata (357 chilogrammi per abitante), il Molise (380 chilogrammi) e la Calabria (398 chilogrammi).
Nei 14 comuni italiani, con popolazione residente al di sopra dei 200mila abitanti (nel complesso circa il 16% della popolazione italiana), la situazione è rimasta stabile tra il 2022 il 2023. Torino e Venezia fanno rilevare aumenti del 4,3% e 3,3%, seguite da Milano e Padova, rispettivamente con un aumento del 2,6% e dell’1,5%; gli incrementi registrati per Verona e Firenze sono in entrambi i casi pari all’1,2%. Inferiori all’1% sono le crescite rilevate per Palermo e Roma mentre i comuni di Catania, Messina, Bari, Napoli e Genova fanno registrare una riduzione del dato di produzione. Sostanzialmente stabile risulta il dato del comune di Bologna.
Raccolta differenziata
Su questo fronte si registra un valore complessivo nazionale del 66,6% (quindi superiore all’obiettivo Ue del 65% al 2035), con percentuali del 73,4% al Nord, del 62,3% al Centro e del 58,9% al Sud. Su scala regionale, la più alta percentuale di raccolta differenziata di rifiuti urbani è conseguita, analogamente al 2022, dalla regione Veneto, con il 77,7%, seguita da Emilia-Romagna (77,1%), Sardegna (76,3%), Trentino-Alto Adige (75,3%), Lombardia (73,9%) e Friuli-Venezia Giulia (72,5%). Superano l’obiettivo del 65% anche Marche (72,1%), Valle d’Aosta (69,4%), Umbria (68,3%), Piemonte (67,9%), e Toscana (66,6%) e sono prossime allo stesso la Basilicata (64,9%) e l’Abruzzo (64,6%).
Il Molise e la Puglia si collocano rispettivamente al 60,8% e 59,0%, mentre la Liguria si attesta, al 58,3%. La Campania raggiunge il 56,6%, il Lazio il 55,4, la Sicilia il 55,2% e la Calabria il 54,8%. La regione Sicilia fa registrare un aumento di 3,7 punti rispetto alla percentuale del 2022 (51,5%), di quasi 8 punti rispetto al 2021, di 13 punti rispetto al 2020 e di poco meno di 17 punti percentuali rispetto al 2019, superando la percentuale della Calabria ed approssimandosi al valore del Lazio.
Su scala comunale, il podio spetta a Bologna che arriva a quasi al 73%, qualificandosi come la prima città con popolazione superiore ai 200.000 abitanti a superare l’obiettivo del 65%. Nel complesso, quasi il 71% dei comuni italiani ha conseguito una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%. A livello regionale, il Mezzogiorno ha mostrato negli ultimi anni la crescita maggiore della raccolta differenziata, tanto che lo scostamento tra Nord e Sud si è ridotto di 4,5 punti e tra Centro e Sud di 3,8. Tutte le province/città metropolitane raggiungono percentuali di raccolta differenziata superiore al 30%.
Trattamento e gestione rifiuti
Qui la percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani si attesta al 50,8%, in crescita rispetto al precedente anno (49,2%), al di sopra dell’obiettivo del 50% previsto dalla normativa per il 2020 (al 2030 l’obiettivo è ben più ambizioso e pari al 65%). I rifiuti urbani complessivamente smaltiti in discarica rappresentano il 15,8% dei rifiuti urbani prodotti (era il 18% nel 2022), attestandosi a 4,6 milioni di tonnellate, in calo rispetto ai 5,2 milioni di tonnellate del 2022.
Lo studio sottolinea che lo smaltimento in discarica nei prossimi 14 anni dovrà essere ulteriormente ridotto al fine di garantire il raggiungimento dell’obiettivo massimo del 10% da conseguire entro il 2035, al calcolo del quale, peraltro, ai sensi dell’articolo 5 bis della direttiva discariche, contribuiscono anche le quote di rifiuti urbani sottoposti alle operazioni di smaltimento mediante incenerimento destinati a essere successivamente collocati in discarica. Tali quote ammontano, nel 2023, a 458 mila tonnellate, che sommate ai quantitativi di rifiuti urbani tal quali o pretrattati avviati allo smaltimento, portano a una percentuale complessiva pari al 17,3%. La percentuale di rifiuti riciclati dovrà essere incrementata anche per garantire il raggiungimento del 60% al 2030 e del 65% al 2035.
Imballaggi
Per questo settore, nel 2023 tutte le frazioni merceologiche hanno già ampiamente raggiunto i target di riciclaggio fissati a livello europeo per il 2025, ad eccezione della plastica che comunque è prossima all’obiettivo (48% a fronte di un target del 50% al 2025).
Ma andiamo per gradi. Nel 2023, l’immesso al consumo di imballaggi sul mercato nazionale si attesta a 13,9 milioni di tonnellate, in calo del 4,9% rispetto al 2022 (716 mila tonnellate in meno), a fronte di un andamento in crescita degli indicatori socioeconomici. Il 2023 si è chiuso, infatti, con un aumento del Pil e della spesa per consumi finali sul territorio nazionale, rispettivamente pari allo 0,7% e all’1% rispetto al 2022.
La contrazione registrata riguarda tutte le filiere degli imballaggi immessi al consumo, ad eccezione della frazione alluminio che presenta, invece, un incremento (+3,1%). Per gli altri materiali gli andamenti sono differenziati: l’acciaio, analogamente al 2022, mostra il maggior calo (-8,3%), seguito dal vetro (-6,9%) e dalla carta (-6,5%), mentre riduzioni più contenute si registrano per il legno (-2,6%) e per la plastica e la bioplastica (- 1,6%).
La carta si conferma la frazione più commercializzata, con il 36,4% del mercato interno, seguita dal legno che copre una quota di mercato pari al 24%, dal vetro (19%) e dalla plastica (16,5%)
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