L’automotive europeo affronta una prevedibile e profonda crisi

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Le vendite di auto elettriche non vanno come profetizzato e gettano il settore automotive europeo in una profonda crisi. Eppure la Commissione resta irremovibile sulla scadenza del 2035. Una decisione assurda, che avrà un impatto devastante, benché prevedibile, sull’industria.

Che l’assurda decisione dell’Ue di proibire dal 2035 la vendita (ma non la circolazione) di auto endotermiche avrebbe avuto un impatto devastante sull’industria automobilistica era cosa del tutto prevedibile. Non è che una delle ragioni della crisi dell’automotive europeo, come recentemente analizzato da Enzo Di Giulio su questo Blog. Che oggi ci si sorprenda delle dichiarazioni di Stellantis, Volkswagen, Volvo rende la cosa ancor più incredibile.

Perché dà conto dell’assenza di ogni consapevolezza da parte della Commissione e dei parlamentari europei degli effetti che ne sarebbero derivati. Effetti che nulla hanno a che fare con la salvezza del Pianeta. Le emissioni di un EV nell’intero ciclo di vita, infatti, non sono inferiori a quelle di un’auto tradizionale di ultima fabbricazione. Oltre all’impatto economico sull’industria europea, che conta 13,8 milioni di occupati tra diretti e indiretti, sta il fatto che le cose non vanno come profetizzato.

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Calo della domanda di EV

L’elettrificazione del parco elettrico europeo procede a rilento, come bene dimostrano Monica Bonacina e Antonio Sileo in un articolo su ENERGIA 4.24. La percentuale delle auto elettriche sull’intero parco è di appena il 2%. Alla notevole crescita dell’offerta – in Italia il numero di modelli elettrici è aumentato di 15 volte – non ha corrisposto un aumento della domanda. Ciò per più ragioni. Primo: la ritrosia dei consumatori ad acquistare auto elettriche perché troppo costose, nonostante i molti incentivi loro riconosciuti. Secondo: i lunghi tempi di ricarica, a costi sempre meno convenienti. Terzo: l’ancora scarsa diffusione delle colonnine. Morale: in diversi paesi europei, tra cui l’Italia, i consumi di carburanti tradizionali (benzina e gasolio) nel 2024 sono aumentati, mentre l’incertezza sul futuro contribuisce a deprimere la complessiva domanda di auto.

Immatricolazione di autovetture elettriche in Italia
Fonte: Bonacina-Sileo su ENERGIA 4.24

Da inizio anno le vendite di EV sono diminuite in Europa dell’8%, con crolli via via crescenti sino a punte in agosto del –44%. Dati evidentemente non disponibili a Bruxelles, che immagina una popolazione molto più ricca di quanto non sia, mentre solo le famiglie ad alto reddito possono permettersi le auto elettriche. Quella più conveniente sul mercato europeo è costata nel 2023 il 92% in più della più conveniente auto endotermica.

Auto elettriche additive, non sostitutive

La casistica europea dimostra poi che le auto elettriche non sono sostitutive di quelle tradizionali, ma additive. Ne è una prova il caso norvegese (approfondito su ENERGIA 2.24), dove maggiore è stata sinora la loro penetrazione grazie agli enormi incentivi (8.000 dollari), col parallelo aumento però del numero di auto tradizionali. Le indagini condotte evidenziano che i norvegesi utilizzano gli EV nei giorni feriali in città, mentre nei fine settimana vanno nelle seconde case con le auto tradizionali. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni delle automobili (–55% al 2030) sono, a parere della maggior parte degli studiosi, impossibili da raggiungere.

Il tutto assume inoltre contorni ancor più assurdi se ci si interroga su chi si avvantaggi della penetrazione delle auto elettriche. Ben poco il Pianeta, come si è detto. Certo non l’industria europea. Si avrebbe un solo vincitore: la Cina, da cui dipenderemo per la tecnologia oggi dominante e per le materie prime critiche necessarie a costruire le batterie. Ma anche per le vendite di auto, poiché Pechino sta sta sperimentando un vero boom delle esportazioni (si rimanda all’articolo pubblicato su ENERGIA 4.23).

Competere con la Cina, leader del settore degli EV

Che il rapporto redatto da Mario Draghi sostenga che l’elettrificazione del parco auto sarebbe una formidabile occasione di rilancio dell’industria e della competitività dell’economia europea aggiunge al tutto una nota di amara ironia.

Se le imprese automobilistiche non riusciranno a raggiungere la quota del 22% (se non del 37%) fissata dai regolamenti europei saranno costrette a pagare delle sanzioni. Premettendo che tale obiettivo dipende soprattutto dai consumatori, si tratterebbe di multe stimate in circa 15 miliardi di euro. Per evitarle, dovranno ricorrere all’acquisto di carbonio, specie da Tesla, facendo felice Elon Musk. O all’assurdo – vista la bassa domanda di auto elettriche – dovranno ridurre la produzione di quelle tradizionali.

Nonostante l’evidente crisi dell’automotive europeo, vari esponenti della nuova Commissione europea hanno sostenuto con arroganza che nessun arretramento verrà fatto sulla data del 2035. Vi è solo da sperare che una parte dei governi europei, tra cui l’Italia, si impunti nella richiesta di una proroga. Mentre sarebbe opportuno che l’opinione pubblica (forte del potere elettorale) chiedesse conto ai parlamentari europei che hanno approvato la proposta della Commissione e che oggi, magari, con infinita ipocrisia, sostengono davanti alle fabbriche le ragioni di chi rischia il posto di lavoro.


Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it

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