Slovacchia: corruzione e mafia | Il Caffè Geopolitico

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In 3 sorsi Dalla transizione post-comunista alle infiltrazioni della ‘Ndrangheta, la Slovacchia è al centro di un pericoloso intreccio di crimine organizzato, corruzione politica e debolezze istituzionali, rivelando le fragilità dell’Europa nella lotta al malaffare transnazionale.

1. FICO INCARNA LE TENSIONI IRRISOLTE DI UN PAESE SOSPESO TRA PASSATO E PRESENTE

Robert Fico, tornato al Governo nel 2023, sfugge alle classificazioni facili: un mix di conservatorismo sociale, nazionalismo e ideali di sinistra, inconcepibile se guardato attraverso le lenti della cultura politica occidentale, ma tipico dell’Est-Europa post-1989. Ex membro del Partito Comunista Cecoslovacco, fonda nel 1999 il partito Smer (Direzione Socialdemocrazia), che presto diventa il perno del potere politico slovacco. Nel 2018 è premier per la seconda volta, quando l’omicidio del giornalista Ján Kuciak, che indagava sui legami tra criminalità organizzata e Governo, scuote a tal punto il Paese da indurlo alle dimissioni. Il sospetto mandante è l’imprenditore Marian Kočner, vicino a Fico e accusato dal giornalista di malversazione di fondi europei, frode e contatti con la ’Ndrangheta. Il processo rivela ulteriori dettagli controversi, su altri omicidi e tentativi di intimidazione, confermando l’intreccio tra violenza, crimine organizzato e politica. La condanna ricade alla fine su Alena Zsuzsová, collaboratrice di Kočner e già in carcere per l’omicidio del Sindaco di Hurbanovo, László Basternák, nel 2010. Oggi, Fico non è solo il protagonista di una svolta filo-Mosca in Europa centrale, ma anche il simbolo di un Paese nel quale la riforma del codice penale – presentata come una necessità politica – è stata utilizzata per smantellare protezioni legali contro la corruzione, limitare l’autonomia della magistratura e, di fatto, aprire nuove vie per l’infiltrazione mafiosa. A maggio di quest’anno il premier è sopravvissuto all’attentato dell’attivista Juraj Cintula, preoccupato dalle derive antidemocratiche del Governo, per poi ricevere alcuni proiettili via posta come sinistro avvertimento. Il tintinnio di quei bossoli, cui la Slovacchia è più avvezza che alle parole, mette in luce un sistema che non ha ancora fatto i conti con i propri demoni.

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Fig. 1 Manifestanti con cartelli raffiguranti il Primo Ministro slovacco Robert Fico durante una marcia silenziosa di protesta per rendere omaggio al giornalista slovacco Jan Kuciak e alla sua fidanzata Martina Kusnirova, assassinati, il 2 marzo 2018 a Bratislava, Slovacchia

2. UNA PORTA APERTA PER LE MAFIE NELL’EUROPA POST-COMUNISTA

Con la fine del regime comunista nel 1989 e la divisione pacifica della Cecoslovacchia nel 1993, la Slovacchia, a differenza di altri ex membri del Patto di Varsavia, ha attraversato una doppia transizione sia verso il libero mercato, sia verso la democrazia. La rapida privatizzazione di settori economici chiave ha creato terreno fertile per la corruzione e il consolidamento di élite poco trasparenti, coadiuvate da debolezza istituzionale e mancanza di esperienza delle Autorità nel contrasto al crimine organizzato. Le mafie hanno messo radici in Slovacchia durante il periodo comunista, quando criminali balcanici seguirono i corregionali invitati a lavorare e studiare nel Paese. Operando inizialmente nei pochi settori illeciti consentiti – prostituzione, gioco d’azzardo e riciclaggio – prosperarono dopo l’indipendenza e a loro si unirono i corrispettivi italiani, attirati dall’abbondanza di terreni agricoli a basso costo e dalla prospettiva dell’adesione all’UE (avvenuta poi nel 2004). Attraverso la creazione di aziende agricole di facciata, la ‘Ndrangheta ha avuto accesso ai fondi europei per lo sviluppo rurale, usando frodi e corruzione per assicurarsi milioni di euro. Famiglie come i Vadalà e i Rodà si sono stabilite nel Paese, gestendo terreni e attività agricole, spesso con legami sospetti con funzionari politici. Questo sistema, basato su intimidazioni, violenze e collusioni, ha messo in crisi il settore agricolo locale, lasciando un’impronta indelebile sulla percezione pubblica di un Paese sempre più vulnerabile alle infiltrazioni criminali.
Inoltre, la Slovacchia, al crocevia tra Europa orientale e occidentale, è uno snodo strategico per il transito di traffici illeciti, grazie alla sua posizione geografica e alla scarsa attenzione mediatica internazionale.

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Fig. 2 – Un cartello nel villaggio di Zakovce, distretto di Kezmarok, Slovacchia, riconosce il sostegno del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale

3. L’UE E IL CRIMINE ORGANIZZATO: SFIDE E PROSPETTIVE

L’espansione della ‘Ndrangheta in Slovacchia è una cartina tornasole delle debolezze dell’UE nel contrastare il crimine organizzato.
La frammentazione normativa e la gestione incompleta delle direttive, come la V Direttiva antiriciclaggio, lasciano ampi margini di manovra alle mafie. Sebbene MONEYVAL abbia rilevato progressi nel sistema antiriciclaggio slovacco, il Paese è ancora “Parzialmente Conforme” per 12 raccomandazioni fondamentali, con lacune che ostacolano il contrasto efficace al riciclaggio di capitali illeciti. Nonostante strumenti come Europol e Eurojust, il flusso di informazioni tra le forze di polizia nazionali rimane limitato. Per combattere efficacemente il crimine transnazionale è necessario intensificare la condivisione dei dati e creare task force congiunte dedicate.
Solo attraverso una combinazione di riforme interne e cooperazione europea sarà possibile arginare questa piaga e restituire alla Slovacchia il controllo del proprio territorio.

Ginevra Dolce

Photo by Ajale is licensed under CC BY-NC-SA

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