La crisi dell’auto? Non � colpa del Green Deal. Intervista con Michele Crisci

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La crisi dell’auto è colpa del Green Deal come oggi da più parti si sostiene? No, secondo Michele Crisci, presidente di UNRAE, non è così perché la crisi delle auto in generale e il calo di produzione di auto in Europa, è cominciata più di un decennio fa. Questo è quanto ci ha raccontato il presidente nel corso di una breve intervista in occasione della presentazione della ricercaDall’Automobile Sapiens, all’Automobilista Sapiens – Reazioni, aspettative e timori nei confronti dell’auto della nuova specie ed analisi della sua diffusione sul mercato” dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School.

LA CRISI PARTE DA LONTANO

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Volkswagen in crisi, Stellantis in difficoltà, polemiche sulle multe per lo sforamento dei limiti di emissione di CO2 nel 2025… e molti attribuiscono la colpa al Green Deal tanto che, lo sappiamo bene, da più parti si sta chiedendo una revisione anticipata delle regole. Ma per il presidente Crisci, la crisi parte da molto più lontano e non è certo colpa del Green Deal.

No, non è così, infatti lo sosterremo nel corso della conferenza stampa. La crisi dell’auto in generale e il calo di produzione di auto in Europa è cominciata più di un decennio fa. È un fatto di verità che la Cina ormai rappresenta il primo mercato mondiale per distacco rispetto al resto del mondo e chiaramente oggi i cinesi, per semplificare, stanno acquistando cinese. Tutto questo sta mettendo in grande difficoltà alcuni marchi Europei che avevano investito fortemente in Cina anche dal punto di vista di mercato oltre che della produzione e da qui il ritorno di questa crisi di volume, situazione economica da tutelare che però non ha nulla a che vedere con il Green Deal e questo va specificato. Con il Green Deal avrà a che vedere sicuramente la direzione che prenderà l’Europa sulla base di quello che è stato già deciso e la direzione che prenderà il governo italiano in accordo spero probabilmente con l’Europa.

TAGLIO AL FONDO AUTOMOTIVE

Il taglio al fondo automotive annunciato dal Governo ha fatto molto discutere. Poi c’è stata una parziale retromarcia anche se sappiamo che non ci saranno più incentivi ma solo un sostegno alla produzione. Abbiamo quindi chiesto al presidente Crisci, com’è davvero la situazione in Italia e dove si dovrebbe intervenire e investire per rilanciare il settore automotive.

Beh, noi abbiamo più volte cercato di interloquire con il governo. Questo anche con i precedenti, e direi che la nostra agenda, la nostra ricetta se vogliamo non cambia nel corso degli anni e riteniamo che sia quella corretta. Innanzitutto quello che noi vorremmo è che si continuasse ad investire sul mercato insieme al lato produttivo e non solamente come sembra negli ultimi tempi sul lato produttivo perché è chiaro che la produzione senza mercato non ha senso di esistere e viceversa. Quindi investire sul mercato è fondamentale ed è importante investire con dei piani pluriennali. Per esempio lo sosteniamo da qualche tempo, con la leva fiscale, cioè la possibilità di poter rivedere una normativa fiscale vecchia degli anni ’70, sulla detrazione dell’IVA e sulla deduzione dei costi per quanto riguarda le auto aziendali. Questo darebbe un grande input all’acquisto, al noleggio e alla vendita delle vetture a basse emissioni di CO2.

Quello che noi riteniamo, naturalmente Infrastrutture, infrastrutturare correttamente il Paese lungo una rete di viaria, sicuramente una delle più lunghe e complicate dell’Europa. Quindi la nostra idea è quella di avere un piano strategico per i prossimi 3-4 anni che riesca a mettere insieme lato produzione auto e componentistica; ricordo che la componentistica italiana dipende per il 60% dai marchi che noi rappresentiamo, quindi è fondamentale sviluppare il mercato da questo punto di vista. Quindi auto, componentistica e mercato. Se riusciamo ad investire in queste tre cose insieme, io credo che la transizione sia una grandissima opportunità anche soprattutto dal punto di vista della value chain legata alle nuove tecnologie; mi riferiscono al software, all’AI e al riciclo dei materiali. Ce ne sono veramente tantissime di opportunità e credo davvero che solo con un piano strategico si possa cogliere e soprattutto si possa ritornare a quel livello di competitività che Italia e Europa meritano di avere.

AUTO ELETTRICA IN ITALIA

I numeri sono chiari, in Italia l’auto elettrica fa fatica ad emergere. Quali sono i motivi e cosa si può fare? Lo abbiamo chiesto a Crisci.


Beh, innanzitutto in Italia c’è una narrativa completamente sbagliata nei confronti dell’auto elettrica. Addirittura l’auto elettrica viene colpevolizzata dicendo che sta creando disoccupazione che è esattamente quello che ho detto all’inizio, non è il caso. L’auto elettrica ha avuto una buona accelerazione in Italia all’inizio del 2020 a cavallo del covid, subito dopo il covid e poi è chiaro che un’incentivazione saltellante non ha portato ai risultati voluti. La fiscalità dell’auto, ancora, molto lontana da quelli che sono i livelli Europei.

Quindi il raffronto è presto fatto. Molto spesso si cita la Norvegia che è arrivata al 90% di elettrificazione. Nessuno ha l’ardine di poter arrivare a quel livello. Certamente il fatto che l’Italia sia al 4% di auto BEV rispetto al 14-15% medio europeo da molto fastidio anche perché non ci sono motivi di reddito pro capite più basso rispetto agli altri Paesi Europei. Ci sono molti Paesi Europei che hanno un reddito pro capite più basso dell’Italia ma che hanno una più alta elettrificazione. Cito il Portogallo su tutti.

Ci deve essere un piano strategico per il mercato, ci deve essere un piano strategico dal punto di vista infrastrutturale e sicuramente ci deve essere una scelta anche di tipo energetico. Quindi i costi legati alle ricariche devono evidentemente essere un tema di valutazione da parte del Governo. Credo che queste aree insieme porteranno sicuramente Italia a diventare anche meglio del livello Europeo.

NUOVO PIANO EUROPEO PER L’AUTOMOTIVE

Presto la Commissione Europea dovrebbe presentare un piano per il rilancio del settore automotive. Si riuscirà davvero a trovare una quadra visto che i Paesi membri sembrano avere idee differenti su come portare avanti la transizione?


Beh, sicuramente l’Europa ha dimostrato in questi anni di non essere ancora maturo come continente, come unica nazione, come possono invece avere dimostrato gli Stati Uniti la Cina che seppur con sistemi di governo diversi sono però davvero un’unica entità governativa e quindi possono prendere decisioni comuni e costanti del tempo. L’Europa ha ovviamente degli interessi diversi. Ci sono paesi produttori di auto molto importanti come Germania, Francia, ma anche l’Italia lo era fino a poco tempo fa.

Ci sono quindi idee diverse su come attraversare questo periodo di transizione. Il mio auspicio è che per esempio si faccia ricorso al rapporto Draghi che indica molto precisamente quali sono i passi da percorrere per cerca di trovare unità a partire dalla discussione sulle multe che sono veramente fuori luogo, considerando la situazione. Io credo che non dobbiamo pensare di cancellare il 2035. Secondo me il 2035 dipende da altri fattori e deve essere mantenuto ma deve essere chiarito come arrivare al 2035 e come arrivarci tutti insieme.

Da questo punto di vista l’Europa ha un ruolo fondamentale e i Paesi membri devono aiutare l’Europa a prendere decisioni corrette. Bisogna investire sul futuro, non bisogna però ritornare al passato.

IL 2025 PER IL MERCATO AUTO ITALIANO

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Quali sono le prospettive del prossimo anno per il mercato auto italiano?

Prospettive non sono semplici perché quest’anno si chiuderà attorno a 1.570.000/1.590.000 vetture e diciamo che una visione ottimistica potrebbe essere quella di mantenere il mercato piatto rispetto a quest’anno. Quindi sostanzialmente invariato. Certamente se dovessimo guardare gli ultimi 3-4 mesi di quest’anno che sono stati tutti negativi, probabilmente la proiezione sarebbe più bassa. Quindi ci auguriamo di sbagliarci e ci auguriamo di avere anche il prossimo anno un mercato da circa 1.600.000 auto.



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