Roma, 19 dicembre – Nel nostro Paese, il dolore cronico moderato-severo ha un costo sociale medio annuo per paziente di 6.304 euro, così ripartito: 1.838 sono i costi diretti, dei quali solo 646 sono a carico dei pazienti; 1.192 euro impattano sul Ssn e tutto il resto, ovvero la fetta più grossa di 4.466 euro, sono i costi indiretti. Il tutto per un costo sociale annuo pari a 62 miliardi di euro.
Le cifre, che emergono da un’analisi Censis-Grünenthal, certificano come il dolore cronico di intensità moderata o severa, che una cultura diffusa anche in ambito sanitario ancora non riesce a considerare una patologia ma semplicemente “qualcosa” con cui le persone devono accettare di convivere, oltre a generare un gravoso impatto a livello individuale clinico e psicologico, incida sulle tasche dei malati, sul servizio sanitario e anche sull’economia in senso più ampio, poiché di fatto impatta anche negativamente sui lavoratori.
I dati del report – diffusi in una nota – indicano che il dolore cronico genera costi significativi per chi ne soffre poiché richiede una serie di prestazioni sanitarie, dai farmaci alle visite mediche specialistiche, che impongono esborsi monetari che pesano sui bilanci delle famiglie coinvolte. Infatti, il 76% delle persone a basso reddito che soffrono di dolore cronico dichiarano che le spese private impattano molto sul bilancio economico familiare, condizione simile (70,5%) tra i redditi medio bassi che si riduce al 60% e 48% rispettivamente per i redditi medio-alti e alti. Il peso delle spese affrontate di tasca propria è molto più alto per le donne (73,4%) rispetto agli uomini (57,9%); è poi più alto per gli adulti (71,2%) e i giovani (68,2%) rispetto agli anziani (57,2%). È invece analogo trasversalmente alle macro-aree geografiche, all’ampiezza del comune di residenza e anche al titolo di studio dei malati. Di fatto, il 62,1% dei malati gestisce la propria condizione e tiene il dolore sotto controllo con farmaci, terapie e trattamenti.
Inoltre, per il 40,6% di chi lavora l’insorgenza del dolore di intensità moderata o severa come patologia cronica ha avuto conseguenze sulla propria attività. Anche in questo caso sono più penalizzate le donne lavoratrici, con il 46,1% rispetto ai lavoratori (36,3%). Nel complesso, gli effetti limitativi sul lavoro sono molteplici: il 35,4% degli intervistati ha dovuto mettersi in malattia; il 30,8% ha dovuto chiedere permessi per recarsi dal medico, per le terapie eccetera; il 27,7% ha dovuto assentarsi di più che in passato; il 25% suo malgrado ha ridotto il rendimento e ha minori opportunità di carriera; il 13,3% ha dovuto cambiare mansioni, ruolo nel lavoro; l’11,8% ha dovuto ridurre l’orario ricorrendo a forme di part time, con una riduzione della propria retribuzione. E ancora: il 5,8% ha dovuto lavorare (o lavorare di più) da casa; il 3,8% ha dovuto cambiare lavoro perché non compatibile con le problematiche legate al dolore; l’1,2% è stato licenziato. Da notare come il 41,3% ritenga che sul lavoro il suo dolore venga ritenuto una sorta di ‘scusa’ assentarsi, chiedere permessi, in definitiva per lavorare meno o non lavorare del tutto.
Soffrire di dolore cronico severo determina anche un taglio nei redditi degli occupati che soffrono questa patologia: in media si parla di una contrazione di quasi il 17% del totale dei propri redditi, in particolare, di cui al 16,5% per gli uomini, al 17,5% per le donne; al 22,1% per i bassi redditi, al 22% per quelli medio-bassi, al 14,2% per quelli medio-alti e al 7,1% per i più alti; al 25% per i giovani, al 15,4% per gli adulti e al 4,2% gli anziani; al 16,5% per i residenti nel Nord-Ovest, al 18,1% per quelli nel Nord-Est, al 15,5% nel Centro e al 17,5% nel Sud-Isole.
Il dolore cronico agisce quindi sulla condizione economica di chi lavora generando un rialzo delle spese con costi in capo ai malati per l’acquisto di servizi e prestazioni sanitarie e altri prodotti e servizi necessari per fronteggiare le conseguenze della malattia, e una riduzione della capacità di generare reddito per sé stessi e la propria famiglia. Si riducono le proprie performance come conseguenza della contrazione delle risorse psico-fisiche e di tempo che si riesce a dedicare al lavoro, con conseguente riduzione dei propri redditi. Per sovrammercato, la condizione di dolore cronico genera una sorta di condizione di solitudine, incomprensione e minorità: a giudizio del 56,4% dei malati nessuno capisce quanto soffre per il proprio dolore, il 46,7% si sente solo con il suo dolore, il 36,4% ha la sensazione che il proprio medico gli dedichi poca attenzione e sottovaluti il dolore come patologia. Per il 72,5% dei malati il dolore nella nostra società è sottovalutato e considerato come poco importante, per l’81,7% il dolore dovrebbe essere riconosciuto come una patologia a sé stante e per l’86,2% è fondamentale istituire uno specialista o un servizio dedicato per il dolore nel Servizio sanitario.
Il rapporto Censis-Grünenthal, spiega la general manager di Grünenthal Italia Laura Premoli, rende visibile l’invisibilità del dolore cronico, grazie all’ascolto dei bisogni delle persone e all’informazione che diffonde al riguardo. Ma c’è molto altro da fare. “In primis è urgente lavorare a un percorso condiviso con i vari stakeholder e far riconoscere questa patologia e la sua cronicità” elenca Premoli. “Questo consentirà di promuovere politiche organizzative integrate e di networking sul territorio e agevolare il virtuosismo della rete dei centri di terapia del dolore, ai quali ancora troppi pochi pazienti si rivolgono. È altrettanto importante stimolare il dialogo, il confronto e la partnership pubblico-privato per affrontare insieme una problematica che ha un impatto rilevante sui costi sociali e sanitari, migliorando la salute del sistema Paese”.
Grünenthal è particolarmente attiva nel settore, assicurando attenzione a pazienti e caregiver. Un esempio è il supporto a Siaarti, Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, per il lancio del numero verde (800 624 244), volto a facilitare la presa in carico dei pazienti. Altra iniziativa sostenuta dall’azienda è la piattaforma digitale Dimensione sollievo: al centro del dolore cronico, con oltre 24mila follower, spazio virtuale idoneo per accedere a un’informazione di qualità, condividere le esperienze di pazienti, famigliari e caregivers impegnati ad affrontare la vita di ogni giorno ma dove si può anche fruire di servizi ad hoc quali la mappatura dei centri del dolore presenti sul territorio italiano, in costante aggiornamento, fondamentale per offrire un ulteriore orientamento e una guida.
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