torna in libreria Il manuale del falsario, tra tecniche, segreti e storie

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Michelangelo, Raffaello, Rubens, Van Dyck, Poussin, Tiepolo: sono circa mille i disegni falsi ma ritenuti perfetti che Eric Hebborn realizzò nel corso della sua vita. O almeno così si racconta. Nato a Londra nel 1934 – e morto nel ’96 – ha mostrato precocemente il suo talento per l’arte e ne è presto diventato una leggenda. Anzi, un maestro, nel senso pieno del termine. Il suo libro Il manuale del falsario, incentrato sulle tecniche più o meno sofisticate e complesse, per riprodurre disegni di altri, facendoli sembrare veri, è diventato un cult e fa bella mostra di sé nelle librerie di più critici d’arte. D’altronde, come diceva lo storico dell’arte Friedrich Winkler, «Per affinare la propria capacità di individuare ciò che è autentico, il migliore esercizio è riconoscere ciò che è falso». A riportare il Manuale sotto i riflettori ora è l’editore Angelo Colla, che ne pubblica una nuova edizione rivista e corretta, con traduzione di Mary Archer.

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GLI “INGREDIENTI”

Si comincia dunque con il segno e con i materiali, forse sarebbe meglio dire gli “ingredienti” per la falsificazione. Così, il latte, utile fissativo per i disegni a matita, la mollica di pane da usare come gomma «per alleggerire le zone scure dei disegni a gessetto e per creare il tipico effetto “consumato”», caffè, e cicoria per tingere la carta,  olio d’oliva per «creare macchie interessanti su un disegno» e molto ancora. Si passa poi a come e dove procurarsi una carta antica – anche frequentare mercatini di vecchi libri può risultare utile – e agli strumenti da impiegare, tra inchiostri e pastelli.

La prima vera “arma” del falsario è però l’ingegno, che lo porta a dover trovare soluzioni, abbinando tecniche e inventandone di nuove, se necessario. L’obiettivo non è solo riprodurre, ma entrare nella mente dell’artista e coglierne l’essenza. Non a caso, Hebborn, celebrato come il più grande falsario della sua epoca, sottolinea subito la differenza tra un “falso perfetto”, che si vuole possa essere confuso con il suo modello, e un “falso decorativo”, che mira solo a emulare.

Il volume prosegue con le tecniche per invecchiare la carta. Poi sposta l’attenzione sui dipinti. E anche qui è uno studio attento di fondi, materiali, strumenti, che parte dalla preparazione della tela e arriva fino all’ultima pennellata, anzi fino alla creazione di crepe. Si passa poi a quello che l’autore definisce marketing ma in fondo è anche il “pubblico”, ossia l’esperto d’arte che deve autenticare il quadro, il mercante che deve venderlo, il collezionista, infine, che lo acquisterà. Una serie dunque di “sguardi” attenti che permetteranno – o impediranno – al falso di “diventare” vero agli occhi dei più. Non rimane che avvertire dei pericoli di creare certificati che garantiscano l’autenticità di un falso, perché in quel caso non si tratta più di mettersi alla prova ma di truffa, con tutto ciò che comporta. Hebborn corre tra il serio e il giocoso, ma intanto comunica alcuni segreti dell’arte, tra storia e tecniche appunto, per insegnare a riconoscere gesti, segno, stile degli artisti.

«Hebborn era riuscito a padroneggiare così bene i meccanismi della lingua dei segni, da poterli usare non soltanto per esprimersi con un proprio personale linguaggio, ma anche per comunicare nella lingua di altri artisti, come succede ai musicisti che eseguono musiche di compositori che li hanno preceduti – scrive l’editore – Hebborn fu talmente abile come esecutore di “musiche” altrui, da sembrare lui il creatore degli spartiti originali. Disegnare e dipingere alla maniera dei Grandi Maestri fu forse il suo massimo divertimento. In questo registro giocoso è stato composto Il Manuale del falsario, dove il vero e il falso si contaminano e si confondono».

IL DISEGNO

La sua conoscenza della tecnica e dei segreti dell’arte è anche cuore e motore del volume Il linguaggio della linea, finora inedito – è stato scoperto tra le carte mai date alle stampe dall’autore – e anche questo appena giunto in libreria grazie all’editore Angelo Colla, in occasione del novantesimo anniversario della nascita di Hebborn. Un trattato essenziale sul disegno che, di dettaglio in dettaglio, mostrando le modalità di esecuzione, consente anche di rileggere il lavoro dei grandi maestri, approfondendo così la storia dell’arte da punti di vista inusitati. Hebborn illustra il metodo, in parte istintivo, in parte razionale, con cui vengono create le opere e nasce lo stile. «In questo lavoro – scrive nella pagina introduttiva – ho cercato di descrivere e illustrare con esempi, i fondamenti di quest’arte, cioè quei principi universali ai quali si attengono i disegnatori di ogni epoca e di ogni luogo per dar forma e comunicare i loro pensieri e i loro sentimenti, indipendentemente da quanto personali e particolari essi siano». È un’opera che mira al salvataggio dell’arte della linea, come sottolinea lo stesso Hebborn. Un trattato che affina lo sguardo, educa la mano e sollecita alla riflessione.

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