Brindisi, omicidi Cairo e Spada: le osservazioni della Procura

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BRINDISI – Oggi è il giorno della sentenza. La corte d’assise del tribunale di Brindisi presieduta dal giudice Maurizio Saso (a latere Adriano Zullo) deciderà se Cosimo Morleo ed Enrico Morleo sono colpevoli o innocenti. In giornata si chiuderà il processo di primo grado sugli omicidi degli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada. Il verdetto sarà emesso a 24 anni di distanza dalla commissione dei delitti. L’ultima udienza celebrata presso l’aula Metrangolo si è aperta con la replica del pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza, seguita da quelle degli avvocati di parte civile. Infine la parola è passata alla difesa, per le controrepliche. 

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Cosimo Morleo, collegato in modalità video dal carcere di Vigevano, è difeso dagli avvocati Luca Leoci ed Elvia Belmonte. Enrico Morleo, collegato dalla casa circondariale di Messina, è assistito dall’avvocato Giacinto Epifani. In aula sono presenti le mogli dei due imprenditori, un figlio di Sergio Spada e altri familiari delle vittime, rappresentati dagli avvocati Vincenzo Farina, Karin Pantaleo, Emanuela Sborgia, Maurizio Scardia, Oreste Nastari, Giuseppe Guastella. 

Entrambi gli imputati sono accusati di omicidio volontario, con le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso. Cosimo avrebbe agito nel ruolo di mandante. Enrico in quello di esecutore materiale. Il pm De Nozza ha confermato la richiesta di ergastolo nei confronti di entrambi gli imputati, mentre i difensori hanno chiesto l’assoluzione. 

La replica del pm

In replica alle arringhe difensive, che si sono svolte il 26 novembre e il 5 dicembre, il magistrato ha cercato di confutare la chiave interpretativa delle intercettazioni e del materiale probatorio fornita dagli avvocati difensori, ribadendo che i due imprenditori sono stati uccisi (Cairo il 6 maggio 2000, Spada nel novembre 2001) per motivi economici. Cosimo Morleo, secondo l’accusa, avrebbe commissionato gli omicidi per liberarsi di due scomodi concorrenti nel settore degli articoli casalinghi. 

Il pm Milto Stefano De Nozza-3

Il sostituto procuratore della Dda ha cercato di smontare la consistenza delle ipotesi alternative sul possibile coinvolgimento di altre persone e i dubbi che il collegio difensivo ha tentato di instillare fra i componenti della corte, rispetto alla solidità del quadro probatorio. I difensori avevano parlato di processo delle suggestioni, delle apparenze e delle verità nascoste. Il pm ha parlato invece di “arringhe difensive che sono state le arringhe del patto del silenzio”. “Un silenzio – afferma l’inquirente – che per me è stata musica leggiadra, perché in 14 ore di arringhe sono state esaminate quattro intercettazioni contate, per un ammontare di quattro fogli word, a fronte di 116 intercettazioni periziate”. Poi ha chiesto quali siano le valutazioni dei difensori sulle altre intercettazioni. La risposta? “Non le hanno analizzate – ha afferma il magistrato – perché si sarebbero annientati. Speravo che (i difensori, ndr) aprissero una breccia nel mio convincimento – ha proseguito – invece mi hanno dato un consolidante”.

Le parti civili

Dopo la replica del pm, sono intervenuti gli avvocati di parte civile Oreste Nastari, difensore di un figlio di Sergio Spada, ed Emanuela Sborgia, che rappresenta la moglie di Spada. Poi spazio al collegio difensivo. 

Le controrepliche della difesa

Giacinto Epifani, legale di Enrico Morleo, ha sostenuto la solidità della vicenda riguardante la terra di proprietà di Enrico Morleo, a fondamento del credito che questi vantava nei confronti del fratello. Il pm sostiene che il riferimento al terreno spunti solo nelle intercettazioni captate dopo l’arresto dei fratelli. Epifani ha letto invece una conversazione fra Enrico e la moglie, antecedente alla notifica del provvedimento di fermo, in cui l’imputato farebbe riferimento alla terra, pur non pronunciando espressamente questa parola. Epifani si è focalizzato inoltre sull’intercettazione in cui Enrico parla, sempre alla moglie, del segreto che un congiunto gli avrebbe fatto sul letto di morte, relativamente a una promessa di denaro che gli sarebbe stata fatta da un altro familiare, in cambio della commissione degli omicidi. Il legale replica all’accusa, rimarcando come la difesa abbia affrontato tutte le intercettazioni. 

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Il collegio difensivo-8

Per quanto riguarda l’omicidio di Spada, Epifani ha sostenuto che “non c’è niente, nessuna prova, solo indizi e suggestioni di indizi”. Il difensore ha parlato di “processo indiziario molto insidioso, difficile da motivare”. L’avvocato ha chiesto “l’assoluzione piena o quantomeno perché non è stata raggiunta la prova della responsabilità di Enrico Morleo, soprattutto in merito all’omicidio di Spada, su cui non c’è niente”. 

L’avvocato Elvia Belmonte, difensore di Cosimo Morleo, ha contestato le aggravanti del metodo mafioso e della premeditazione. Enrico Morleo, secondo l’accusa, avrebbe effettuato un sopralluogo nei pressi della villetta in cui risiedeva Sergio Spada, poco prima che l’imprenditore venisse sequestrato sotto la minaccia di una pistola. Ma la legale ha rimarcato una contraddizione, su questo specifico episodio, fra la dichiarazione di Massimiliano Morleo, fratello degli imputati diventato collaboratore di giustizia, e quella della moglie di Spada. “Non possiamo privilegiare – ha affermato l’avvocato Belmonte – l’una o l’altra. Massimiliano parla di sopralluogo nei pressi dell’azienda di Spada (non davanti all’abitazione di Spada, ndr) nella fase delle indagini”. 

Poi altre contestazioni riguardo all’identikit della persona sospetta fornita 23 anni fa dalla vedova Spada (“Enrico – ha rimarcato la legale – non ha il naso aquilino”) e la tesi dell’ammanco causato da Salvatore Cairo all’azienda di cui era socio con Cosimo Morleo, come movente del delitto (“Cairo – ha affermato ancora l’avvocato – nella paginetta letta in aula dalla moglie, non ha mai parlato dell’ammanco”). “Non vogliamo che i pettegolezzi brindisini – ha sostenuto infine – siano il fondamento al conferimento del mandato economico (per la commissione dell’omicidio, ndr)”.

Luca Leoci, anch’egli difensore di Cosimo Morleo, ha ribadito che “il percorso della difesa si è basato su criteri oggettivi” e si è soffermato sulla differenza fra “preordinazione e premeditazione”. “La prova certa – ha affermato l’avvocato Leoci – in questo processo non c’è. C’è una marea di dubbi”. Per questo, anche i difensori di Cosimo Morleo hanno chiesto l’assoluzione del loro assistito. 

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