Pensione nel 2025 solo per chi raggiunge questi importi

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Con la rivalutazione degli importi della pensione cambiano anche le soglie che bisogna raggiungere per smettere di lavorare nel 2025, almeno per coloro che hanno la pensione interamente calcolata con il sistema contributivo.

Nel dettaglio, si definiscono contributivi puri coloro che non hanno contribuzione maturata prima dell’1 gennaio 1996, data che ha contrassegnato l’addio al sistema retributivo per il calcolo della pensione. A tal proposito, la cosiddetta legge Dini ha previsto che con il passaggio al nuovo regime coloro che vi rientrano integralmente devono anche soddisfare delle regole ad hoc per andare in pensione, di recente riviste dalla legge di Bilancio (quella per il 2024).

In particolare, mentre coloro che hanno anche solo un contributo settimanale maturato nel regime retributivo, quindi entro il 31 dicembre 1995, possono andare in pensione solamente guardando a età anagrafica e contributi maturati, ci sono volte in cui i contributivi puri devono fare attenzione anche all’importo dell’assegno raggiunto al momento del pensionamento. Questa regola vale esclusivamente per due misure di pensionamento: la pensione di vecchiaia e l’opzione contributiva della pensione anticipata, misura riservata a chi rientra integralmente nel suddetto regime.

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Come anticipato, le soglie minime da raggiungere per smettere di lavorare ricorrendo a queste due opzioni cambiano ogni anno perché, seppur non direttamente, soggette a rivalutazione. Il parametro di riferimento, infatti, è l’Assegno sociale, quella prestazione di tipo assistenziale che spetta a chi al compimento dei 67 anni di età ha un reddito molto basso, pari a zero per avere diritto al pieno importo. È l’Assegno sociale a essere oggetto annualmente a rivalutazione sulla base del costo della vita, influendo pertanto anche sulle soglie minime per andare in pensione.

Con quale importo si smette di lavorare a 67 anni

Anche il prossimo anno la maggior parte delle persone andranno in pensione al compimento dei 67 anni di età a fronte di 20 anni di contributi. Nessun cambio per l’età pensionabile è infatti all’orizzonte dal momento che l’adeguamento previsto nel 2025 sulla base delle speranze di vita non ha sortito alcun effetto in quanto la variazione riscontrata, che paga ancora le conseguenze del Covid, non è stata sufficiente per giustificare un aumento dei requisiti.

Nella generalità dei casi basta quindi soddisfare questi due requisiti per andare in pensione ma attenzione perché per i contributivi puri si guarda anche all’aspetto economico, ossia a quanto ha maturato di pensione la persona nel momento del pensionamento. A tal proposito, la legge Dini per i contributivi puri prevedeva come obbligo ulteriore il raggiungimento di una soglia pari a 1,5 volte il valore dell’Assegno sociale. Il governo Meloni ha tuttavia ritenuto che questo importo fosse troppo elevato e con la legge di Bilancio 2024 è intervenuto per modificarla portandola a una sola volta.

Quindi, considerando che oggi l’Assegno sociale ha un valore pari a 534,41 euro (6.947,33 euro l’anno) e che gode di una rivalutazione dello 0,8%, nel 2025 la soglia minima da raggiungere per poter andare in pensione a 67 anni è pari a 538,68 euro al mese, corrispondenti a 7.002,84 euro annui.

Si alza quindi la soglia da raggiungere, con lo svantaggio allo stesso tempo che invece dal 2025 diventano più svantaggiosi i coefficienti di trasformazione, ossia quei parametri con cui il montante contributivo maturato si traduce in importo di pensione. Quindi non solo è più alta la soglia, ma sarà anche più complicato raggiungerla.

Con quale importo si smette di lavorare a 64 anni

C’è poi un’opzione per il pensionamento – riservata ai contributivi puri – che consente di smettere di lavorare con 3 anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, sempre con 20 anni di contribuzione.

Si definisce come tale l’opzione contributiva della pensione anticipata che tuttavia prevede delle soglie minime ben più alte rispetto a quelle previste per la pensione di vecchiaia.

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Originariamente potevano smettere di lavorare a 64 anni solo coloro che avevano raggiunto una soglia minima pari a 2,8 volte il valore dell’Assegno sociale. Anche questa è però è stata oggetto di riforma con la legge di Bilancio scorsa, con la quale da una parte il limite è stato innalzato e dall’altra abbassato.

Nel dettaglio, per la generalità dei lavoratori è stato portato a 3 volte il valore dell’Assegno sociale, ma allo stesso tempo sono state previste delle agevolazioni per le donne con figli. Queste possono andarci, infatti, con un assegno pari a 2,8 volte l’Assegno sociale se con un figlio, mentre per chi ne ha almeno due la soglia si abbassa a 2,6 volte.

Dunque, considerando l’aumento dell’Assegno sociale nel 2025, le nuove soglie di riferimento sono pari a:

  • 21.008,52 euro per la generalità dei lavoratori;
  • 19.607,95 euro per le donne con un figlio;
  • 18.207,38 euro per le donne con almeno due figli.

Va detto comunque che queste soglie sono molto complicate da raggiungere. Se consideriamo che nel 2025 il coefficiente di trasformazione per chi va in pensione a 64 anni è pari a 5,088%, vuol dire che il montante contributivo deve essere almeno pari a 410.000 euro. Un montante che verosimilmente si raggiunge nel caso in cui per almeno 40 anni di lavoro il guadagno medio è stato di circa 30.000 euro. Con soli 20 anni di contributi, minimo richiesto dalla normativa, servirebbe aver guadagnato invece almeno il doppio.



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