Quando Garavaglia faceva il capogruppo in commissione Bilancio

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Un’intervista del 2008 che torna di attualità. Perché a parlare, dieci anni fa, era il capogruppo della (allora si chiamava così) Lega Nord in commissione Bilancio della camera Massimo Garavaglia, oggi viceministro dell’Economia e uomo di punta del Carroccio nazionalizzato da Matteo Salvini. Allora, mentre si approssimava la grandissima crisi economica seguita al fallimento della Lehman Brothers e all’esplosione della bolla speculativa dei mutui subprime, il partito nordista si accingeva di nuovo a governare con il Pdl, con il quale avrebbe vinto le elezioni, le seconde con il Porcellum che sarebbe rimasto in vigore fino al 2013 per poi essere dichiarato incostituzionale dalla Consulta. In quella intervista, che pubblichiamo di nuovo, Garavaglia parla di federalismo fiscale, riduzione della spesa pubblica e calo delle imposte.    

Senti parlare di  federalismo fiscale e vedi Lega Nord. Il Partito guidato da Umbero Bossi, che nella partita delle elezioni politiche 2008 il Popolo della libertà, punta sul suo vecchio cavallo di battaglia per restituire slancio all’economia. Come spiega Massimo Garavaglia, capogruppo del Carroccio in commissione bilancio della camera, che ha contribuito alla messa a punto del programma.

Domanda. A due settimane dalle elezioni la situazione dell’economia è al centro dell’attenzione degli schieramenti. L’Italia rischia davvero la recessione?

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Risposta. L’andamento dell’inflazione, elevata e in crescita, crea molti problemi: non possiamo aspettarci una riduzione dei tassi di interesse, il valore dell’euro è alto e restano le difficoltà per le imprese e le famiglie.

D. Un bel quadretto, di quelli rassicuranti. Speranze di invertire la tendenza?

R. L’unica ricetta razionale per rilanciare lo sviluppo è la riduzione della spesa pubblica e quindi della pressione fiscale.

D. Già sentito, lo dicono tuttti…

R. Sì, ma la Lega indica come arrivare all’obiettivo

D. Ce ne parli pure…

R. Puntiamo sul federalismo fiscale come unico strumento possibile per ridurre spesa e debito pubblico.

D. Obiezione: è vero o no che il debito pubblico è esploso dopo l’istituzione delle regioni?

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R. No. Il debito ha preso a salire già dal 1971  dopo la riforma che ha centralizzato il sistema fiscale. E poi molte ricerche dimostrano che la mancata attuazione del federalismo fiscale fa crescere la spesa.

D. Fonti e cifre di questi studi?

R. Secondo Unioncamere il federalismo mancato costa 26 miliardi l’anno. La stessa organizzazione ha spiegato che in Italia il 37% della spesa pubblica è gestito da enti periferici che hanno il 42% del personale della pubblica amministrazione. Lo stato, invece, gestisce il 24% con oltre il 56%.

D. Addirittura?

R. Certo, e il raffronto con la Germania è indicativo. Lì il personale ministeriale è appena l’11% del totale. Ciò dimostra che in Italia c’è spazio per intervenire. Anche perché da noi le competenze sono state decentrate, ma sono rimasti i doppioni centrali. 

D. Sembra di capire che la soluzione per tutti i problemi è mandare a casa qualche decina di migliaia di dipendenti pubblici. O no?

R. Il risultato si ottiene con il blocco del turn over nelle amministrazioni centrali, senza licenziare.

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D. Qualcuno, però, potrebbe ricordarvi che i blocchi del turn over hanno dato risultati modesti. Adesso perché dovrebbero funzionare?

R.Perché la situazione è compromessa e non c’è altra soluzione. La spesa pubblica ha superato il 50% del pil e il 90% di questa somma serve per coprire la spesa corrente, in particolare stipendi e pensioni. Sulla previdenza non si può intervenire, perché abbiamo già dato, restano sanità e spesa pubblica centrale. 

D. A proposito di salute, tagliare non significa anche ridurre le prestazioni del servizio sanitario?
R. No, come dimostra l’esempio del Lazio. Dove si è imposto il principio che ogni aumento di spesa deve essere coperto autonomamente e, per la prima volta, la spesa sanitaria si è stabilizzata e non è cresciuta.

D. Torniamo allo stato centrale. Prevedete accorpamenti di ministeri e alcune soppressioni?

R. Le regioni sono strutturate per realizzare da sole strade e autostrade. Non si vede quindi perché a Roma debba esserci un ministero con decine di migliaia di persone. Il dicastero delle infrastrutture,quindi, va snellito e ci sono altre strutture ministeriali da razionalizzare.

D. Compreso il ministero dell’economia?

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R. Padoa Schioppa ha  predisposto un piano per eliminare molte sedi periferiche che non è stato realizzato completamente. In ogni caso, non è uno dei ministeri da eliminare, perché si occupa di questioni statali e governative.

D. Finora abbiamo parlato solo di tagli di spesa. E per il rilancio dell’economia?

R. Occorre salvaguardare il potere di acquisto di stipendi e pensioni medio-basse con la riduzione delle imposte. E poi bisogna aiutare le imprese a crescere.

D. Come?

R. Con la semplificazione e con la lotta all’evasione fiscale, che va incentivata e concentrata dove il fenomeno è abnorme. In Lombardia l’evasione Irap è pari al 13%, in Puglia e Campania siamo al  60% e in Calabria al 94%. E’ evidente che siamo di fronte alla necessità non di contrastare l’evasione ma di ripristinare la legalità. Se si riuscirà a riportare l’evasione Irap alla media nazionale in queste aree, potremo recuperare 6 miliardi di euro.



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