“Sono nato in Algeria, sono venuto in Italia a cercare lavoro, ma non l’ho trovato e ora vivo per strada” riferisce Idriss, un senzatetto che fa il mendicante davanti a un supermercato nella periferia di Roma. “Aiuto le persone a portare i carrelli, loro mi danno qualche moneta e così riesco a comprarmi qualcosa da mangiare. La notte per me è difficile dormire, ora fa freddo e ho solo una coperta. Non mi piace chiedere l’elemosina, ma ho 42 anni e nessuno vuole darmi un lavoro, non posso fare altro”. Idriss fa parte del 9,7% della popolazione che oggi vive in una condizione di povertà assoluta.
Complessivamente, in Italia, si contano cinque milioni e seicento novantaquattromila poveri assoluti, per un totale di oltre due milioni e duecento diciassettemila famiglie. Sono questi i dati tratti da “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di Speranza”, titolo scelto per la ventottesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia pubblicata da Caritas Italiana, il cui intento è quello di rendere visibili alla comunità le tante storie di disagio sociale oggi esistenti e suggerire risposte concrete nell’affrontare e ridurre questo fenomeno in crescita. In Italia, infatti, più che nel resto d’Europa, le difficoltà economiche permangono e aumentano di generazione in generazione: chi è cresciuto in famiglie svantaggiate tende a trovarsi, da adulto, in condizioni finanziarie sempre più precarie. Il dato, salito al 34%, è il segno di un’eredità che pesa sul futuro.
Problema abitativo: il caso di Sofia
Come evidenzia il rapporto, un elemento di allarme sociale riguarda i lavoratori: la povertà continua a crescere tra coloro che possiedono un impiego. Complessivamente tocca l’8% degli occupati e arriva al 16,5% se si svolge un lavoro da operaio o assimilato. Questo dato dimostra che il lavoro non è più un fattore di tutela e di protezione sociale come era prima. In particolare, non aiuta a pagare gli affitti, provocando disagi notevoli dal punto di vista abitativo: in Italia, il 5% dei nuclei familiari fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Un milione e mezzo di famiglie vive in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi come l’acqua corrente in bagno. La maggior parte non ha una casa di proprietà e le sentenze per morosità restano la principale motivazione di sfratto. La dimensione abitativa risulta il terzo tra i problemi che coinvolgono il 22,7% dell’utenza della Caritas Italiana e questa percentuale aumenta al 27% se si considerano solo le persone straniere mentre si riduce al 17,6% se si osservano i nuclei familiari con cittadinanza italiana, segnale di una costante discriminazione nell’accesso alla casa che riguarda ormai qualsiasi ambito territoriale, come nel caso di Sofia e di suo marito, entrambi nigeriani, che hanno avuto molta difficoltà a trovare una casa in affitto a Roma.
“Per un anno abbiamo chiamato e cercato di trovare qualcuno che ci facesse un contratto di locazione, ma non appena sentono la nostra voce o vedono che siamo stranieri ci dicono subito di no” riferisce Sofia “soprattutto rifiutano di dare una casa a noi nigeriani perché dicono che la roviniamo e facciamo danni. Ho abitato per un anno in una casa condivisa con altri, mentre mio marito era al Nord per lavoro. Quando è tornato a Roma e ha avuto un contratto a tempo indeterminato pensavamo che sarebbe stato più facile trovare casa per noi ma non è stato così”. Il problema abitativo è ancora più ostico per le donne nigeriane a causa di un pregiudizio diffuso che le dipinge come prostitute. “Nessuno vuole affittare a una nigeriana, anche se ha un marito con un lavoro fisso e documenti regolari”. Come evidenziato, avere un lavoro non è più un fattore di tutela. “Gli affitti poi a Roma sono molto alti, anche per case piccole e in periferia, con lo stipendio di mio marito non potevamo stare in affitto nella maggior parte delle case che abbiamo visto “prosegue Sofia “nella nostra comunità molti hanno cercato di aiutarci ma è stato veramente difficile per noi trovare casa. C’è molta discriminazione”.
Roma in particolare sta vivendo un periodo di crisi con il costo degli affitti che sale esponenzialmente, anche a causa dell’imminente Giubileo che ha complicato ulteriormente le cose. In molti quartieri non esistono più locazioni a lungo termine, ma solo “affitti brevi”, destinati principalmente ai turisti. Ecco perché, come riporta il rapporto della Caritas, i centri urbani vivono maggiormente la questione dei senzatetto, il 42% del totale degli utenti, tra i quali non ci sono solamente persone con disturbi o grave marginalità ma anche giovani o adulti stranieri che non riescono a trovare casa nonostante siano occupati.
Misure contro la povertà: Caritas e Comunità di Sant’Egidio
“La mia non è una bella storia: i miei genitori sono morti e anche i nonni che mi hanno allevato. Sono trent’anni che cerco un lavoro serio, che mi permetta di vivere bene. Avevo trovato un impiego presso un giornalista come collaboratore e revisore di bozze ma mi pagava poco, poi mi si è rotta la macchina e non posso farla aggiustare. Spero di trovare i soldi in qualche modo perché ora non lavoro più” racconta Jack, un signore italiano di mezz’età, cresciuto dai nonni dopo la scomparsa dei suoi genitori che gli hanno lasciato in eredità una casa popolare nel quartiere Flaminio, dove attualmente vive. La ricerca di un lavoro lo ha condotto a frequentare la Comunità di Sant’Egidio. “Un amico mi ha detto che c’era questa realtà e che facevano dei colloqui. Una volta sono venuto, abbiamo parlato e ho chiesto se potevano aiutarmi a trovare un lavoretto” afferma Jack, che nutre una grande passione per i libri e per la scrittura; il suo sogno è che i suoi romanzi vengano riconosciuti e apprezzati. Spesso, durante la settimana, passa nella struttura per ritirare un pacco alimentare insieme a tante altre persone, uomini e donne con bambini, sia stranieri che italiani, giovani e anziani. Raffaella, volontaria in servizio nella sede di Roma, spiega il motivo per cui molti di loro non riescono a trovare un lavoro: “Il vero problema è che se non hai una casa allora non hai la residenza, e se non hai la residenza non puoi trovare lavoro perché senza la residenza non ti fanno un contratto. E poi chi ti dà casa se non hai un lavoro? È un circolo vizioso”. La Comunità si adopera per aiutare le persone che vivono per strada distribuendo coperte, pasti caldi e indicando luoghi dove potersi lavare o alloggiare durante l’inverno. “E’ anche un modo per creare legami di amicizia e fornire delle risposte che vanno oltre la cena e una coperta, perché da lì nasce la fiducia e la gioia di vederti”. Le “risposte di speranza”, dal titolo del rapporto, sono un modo per salvarli da una fine forse inevitabile. “Abbiamo visto diverse persone morire in questi anni, purtroppo per malattie collegate all’alcolismo o per condizioni di precarietà come il freddo.” prosegue Raffaella “E’ praticamente impossibile accedere a benefici per chi vive per strada. Ora c’è l’assegno di inclusione che presuppone tu abbia la residenza, quindi uno straniero il più delle volte non può riceverlo”. L’Assegno di inclusione, che tra il 2023 e il 2024 ha sostituito il Reddito di Cittadinanza, è destinato solamente a nuclei familiari con persone non occupabili, come minori e disabili. Sebbene esista una clausola di accesso per chi è in “condizione di svantaggio“, come i senza dimora o le vittime di tratta, il numero di beneficiari rimane comunque limitato a causa di iter burocratici lunghi e vincolanti.
La Caritas, sotto questo aspetto, ha svolto un ruolo fondamentale, supportando le famiglie rimaste senza aiuto e offrendo assistenza pratica e orientamento. Attraverso misure concrete, gli operatori della Caritas hanno svolto numerose attività, dall’ascolto, alla distribuzione di beni di prima necessità, a percorsi di sostegno, educativi, dall’orientamento al lavoro, a formazioni professionali e ad attivazione di posti di lavoro. Nonostante le criticità e le situazioni di emergenza negli anni stiano crescendo di numero, le opere e i servizi messi in campo dall’associazionismo e dal volontariato contribuiscono a rendere più umana e dignitosa la vita di coloro che si ritrovano a vivere in queste condizioni di povertà.
Alessandro Masseroni & Lorenzo Pugliese
(16 dicembre 2024)
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