Spazio, i numeri dell’industria italiana e l’anno della svolta

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Il 16 dicembre, a 60 anni dal lancio del satellite San Marco con il quale l’Italia entrava in orbita per la prima volta, il Paese festeggia la sua giornata dello Spazio forte di risultati che lasciano sperare tutta la – lunga – filiera italiana del settore.

Il ritorno al volo di Vega-C

Recentemente il ritorno al volo del lanciatore Vega-C, fortemente basato su competenze italiane (costruito da Avio, con il supporto di Asi) ha permesso di portare in orbita Sentinel-1C. Il satellite sarà fondamentale per Copernicus, il programma europeo al quale ha lavorato molto proprio l’Italia.

Realizzato da Thales Alenia Space in qualità di primo contraente, il satellite per l’osservazione della Terra lavorerà in coppia con il satellite Sentinel-1A, già in orbita, fornendo immagini della superficie terrestre, giorno e notte e in tutte le condizioni meteorologiche, per un’ampia gamma di applicazioni scientifiche volte a proteggere il nostro pianeta. Sentinel-1C è inoltre il primo satellite della missione Sentinel-1 ad essere dotato di un sistema di identificazione automatica, che gli consente di svolgere un ruolo fondamentale nella sicurezza marittima migliorando la gestione del traffico, evitando collisioni e monitorando le navi in aree critiche.

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La legge sullo spazio

Meno recentemente, è arrivata la legge sullo Spazio per regolare i rapporti tra i privati protagonisti della filiera.

La legge, ora in discussione in Parlamento, è accompagnata dal fondo per sostenere imprese e startup. L’ecosistema spaziale italiano, ha ricordato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso durante le celebrazioni dell’Agenzia spaziale italiana, potrà già contare fino al 2027 sui 7,2 mld tra fondi italiani ed europei “messi in campo finora”. Un’altra spinta le startup ‘spaziali’ potrebbero averla dalla legge sulla concorrenza, secondo il ministro.

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I numeri

Ma quanto vale oggi l’industria italiana dello Spazio?  Ha raggiunto un valore di circa 2,9 miliardi di euro nel 2021, ed è destinata a espandersi anche grazie agli investimenti, secondo i dati raccolti da Aiko, la scalup torinese che applica al settore l’intelligenza artificiale.

La competizione a livello internazionale è tanta, e crescono anche gli altri. La space economy è valutata a 630 miliardi di dollari nel 2024, con proiezioni che lo vedono crescere a 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, mentre solo pochi anni fa la stima massima era di 1.000 mld nel 2040.

Nel solo 2024, il settore ha visto un’impennata degli investimenti privati, con le startup spaziali che hanno raccolto 6,5 miliardi di dollari nel primo trimestre, più del doppio rispetto all’anno precedente.

Secondo Lorenzo Feruglio, ceo e Co-founder di Aiko, “nonostante le sfide legate ai lunghi tempi di ritorno sugli investimenti e alla competizione internazionale, l’Italia ha un’opportunità unica di consolidare il suo ruolo, soprattutto nell’ambito delle tecnologie spaziali avanzate. L’emergere di nuove fonti di finanziamento e la collaborazione tra pubblico e privato sono fondamentali per superare queste sfide e sfruttare il potenziale del settore”.

Il potenziale dell’automotive

Nel discorso nella sede dell’Asi, Urso ha ricordato come lo Spazio potrebbe rappresentare anche una opportunità di riconversione per un settore che in Italia, in questo momento, soffre. Lo Spazio può aiutare a diversificare e riconvertire le imprese italiane dell’auto, ha detto “perché il settore dell’aerospazio è il più simile in alcuni campi al settore dell’automotive”, come nel caso della componentistica. Su questa diversificazione interverrà proprio il Governo ha detto Urso, in maniera da riconvertire del tutto, in alcuni casi, aziende che così troverebbero le opportunità di “un comparto sicuramente in grande espansione”.

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D’altronde, secondo i dati dell’Osservatorio sulla Space Economy del Polimi, tra le aziende del settore spazio solo il 10% opera strettamente in questo segmento. Le altre si occupano anche di aviazione (46%), industria metalmeccanica (44%), ICT(41%) e, appunto, automotive (34%).

Immagine in evidenza: ESA–S. Corvaja 



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