L’affaire Sindona, l’intreccio tra potere politico-finanziario e i mafiosi

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Negli ultimi anni, però, le cronache giudiziarie hanno avuto modo di occuparsi diffusamente del caso Sindona. che cosa costituisce la vicenda del banchiere siciliano se non un emblematico esempio di intrecci, non del tutto chiari, tra potere politico-finanziario e mafia?

Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci de “L’illegalità protetta”, il libro edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


VII. Le argomentazioni svolte, pur se estremamente sintetiche, offrono un quadro di quella che è oggi la mafia nelle su manifestazioni criminali, intesa la espressione nel significato tecnico e tradizionale.

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C’è da chiedersi, però, se le associazioni mafiose siciliane e il crimine organizzato, così come vengono definite negli Usa le organizzazioni mafiose che operano nel territorio di quegli Stati in collegamento con i gruppi criminali di altri Paesi, non abbiano anche rapporti con gruppi economico-finanziari esteri.

L’interrogativo appare di estremo interesse e, pur se non è facile fornire una risposta certa, non si può escludere che sia a livello nazionale che internazionale tali rapporti sussistano. Indubbiamente non si può lavorare di fantasia in una indagine che richiede elementi certi e fatti obiettivamente riscontrabili.

Negli ultimi anni, però, le cronache giudiziarie hanno avuto modo di occuparsi diffUsamente del caso Sindona. che cosa costituisce la vicenda del banchiere siciliano se non un emblematico esempio di intrecci, non del tutto chiari, tra potere politico-finanziario e mafia?

Se pure ancora oggi non si è fatta piena luce sugli intricati e a volte drammatici fatti di cui il Sindona appare il principale protagonista, rimane tuttavia fermo e accertato il rapporto tra il Sindona stesso e i gruppi mafiosi siculo-americani dediti alla produzione e al commercio di sostanze stupefacenti. Indubbiamente oscuri interessi e attività criminose, solo parzialmente scoperte, sono alla base di rapporti nei quali sarebbe ingenuo ritenere coinvolti soltanto Sindona e il gruppo mafioso palermitano Spatola-Inzerillo.

Se si dovesse dare interamente credito a notizie di stampa apparse in questi ultimi tempi, si dovrebbe ammettere che i gruppi e le famiglie mafiose che operano in campo internazionale nel settore degli stupefacenti, in modo particolare dell’eroina, sono finanziati e protetti da potenti società che gestiscono negli Usa istituti di credito con bilanci assai consistenti capaci di incidere nella vita economica non solo degli Usa, ma di taluni Stati del Centro e del Sud America e del nostro Paese.

L’omicidio di Pio La Torre, deputato nazionale del Pci e segretario regionale in Sicilia, attivissimo combattente della lotta contro la mafia fin dagli anni dell’immediato dopoguerra, instancabile protagonista del movimento per la pace, organizzatore della campagna contro la installazione dei missili a Comiso, avvenuto a Palermo il 30 aprile 1982 con modalità tipicamente mafiose, sarebbe stato eseguito in attuazione di un disegno criminoso maturato in ambienti nei quali mafia, terrorismo politico e grossi interessi finanziari ed economici si fondono, nell’intento di porre ostacoli a quei movimenti progressisti che propugnano la libertà dell’uomo dallo strapotere economico-finanziario che la soffoca. È troppo presto per poter dire se una ipotesi siffatta abbia consistenza.

La strage di Portella della Ginestra e altri fatti delittuosi verificatisi in Sicilia in tempi recenti provano che la mafia – forza reazionaria per vocazione e per tradizione – non esita ad intervenire in favore del potere quando chi lo detiene ha timore di perderlo, o comunque tende a rafforzarlo ulteriormente.

Non si può concludere senza accennare al fenomeno mafioso considerato sotto l’aspetto giuridico. Le voci, piuttosto solitarie pur se autorevoli, che, imprigionate entro schemi di puro diritto, negavano che la mafia potesse essere riconducibile entro lo schema dell’art. 416 Codice Penale e le attribuivano qualificazioni di ordinamento a sé stante, di istituzione succedanea o surrogata allo Stato, sono ormai superate.

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Tuttavia, come altre volte è stato sostenuto da chi scrive, data la complessità e le implicazioni di ordine socio-economico e politico connaturate, ieri come oggi, al fenomeno, è grave errore farlo rientrare nella fattispecie dell’art. 416 cp La realtà odierna impone la urgente e indifferibile necessità di creare la nuova figura del reato di associazione mafiosa con pene diverse e più gravi, sia con riferimento a quelle principali, ma soprattutto a quelle accessorie, rispetto alle sanzioni comminate per gli appartenenti alle associazioni previste dall’art. 416 cp.

Sul punto esiste l’articolato disegno di legge presentato dal compianto on. La Torre e da altri deputati. Se pure, sul piano operativo, non sarà compito facile – attesa la segretezza particolare che regola le organizzazioni mafiose – raccogliere elementi probatori, difficoltà, però, non equivale ad impossibilità. Nessuno, che abbia conoscenza del fenomeno, può sostenere che la norma dell’art. 416 cp sia, ancora oggi, utilizzabile per combattere efficacemente il fenomeno stesso.

La nuova figura del reato di associazione mafiosa, con l’adozione di nuovi e più moderni metodi di indagine (accertamenti bancari, sequestri di beni illecitamente conseguiti, ecc.) demandati ad organi di polizia giudiziaria qualificati, potrebbe, unitamente alle nuove misure di prevenzione delle quali da tempo si parla, costituire valido mezzo nella lotta contro la mafia. Sempre che ci sia volontà di farla questa giusta e civile battaglia.

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