Il presente contributo analizza il tema connesso alla qualifica del contratto di mutuo con deposito cauzionale quale titolo esecutivo, su cui si è inserita la Cassazione con sentenza del 3 maggio 2024, mettendo in discussione l’orientamento giurisprudenziale fino ad allora piuttosto uniforme.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a diversi ribaltamenti di indirizzi giurisprudenziali ormai ritenuti consolidati.
Tra questi non si può non annoverare quello relativo alle sorti del contratto di mutuo con deposito cauzionale: sul punto, il panorama giurisprudenziale era piuttosto uniforme nel considerare che non vi fossero dubbi in ordine alla idoneità di tali atti a valere come titoli esecutivi, salve alcune rare eccezioni di cui vi daremo conto in questa breve analisi.
Tutto cambia, però, in data 3 maggio 2024 quando, con il deposito della sentenza n. 12007, la Cassazione sostiene la necessità di verificare la presenza di un atto integrativo predisposto nella stessa forma dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata con il quale si attesti l’avvenuto svincolo delle somme concesse in deposito cauzionale, in favore del mutuatario. In difetto, il mero contratto di mutuo stipulato con atto pubblico non avrebbe valore di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., per insussistenza di un’attuale obbligazione di restituzione di somme di denaro.
Negli ultimi mesi, a seguito di tale pronuncia e del mutamento giurisprudenziale che ne è derivato, abbiamo assistito – come facilmente immaginabile – ad un considerevole aumento del contenzioso avente ad oggetto tali eccezioni.
Ma andiamo con ordine, cercando prima di inquadrare la fattispecie interessata e fare chiarezza sulle problematiche sottese.
1. Cos’è il mutuo con deposito cauzionale e qual era il panorama giurisprudenziale prima della sentenza Corte di Cassazione n. 12007/2024
Come abbiamo anticipato, la sentenza della Corte di Cassazione del 3.5.2024 si è andata ad inserire (ribaltandolo) in un solco delineato e pressoché univoco.
Tuttavia, prima di addentrarci nell’esame della sentenza citata e degli effetti che questa ha prodotto in ordine al contenzioso anche già pendente, è opportuno svolgere una breve disamina della tipologia di contratto impattato dalle decisioni.
Ed infatti, si tratta di uno standard di contratto di mutuo ampiamente diffuso, il che rende ancor più evidente la risonanza che tale pronuncia ha avuto nel nostro ordinamento.
Come noto, il contratto di mutuo è un contratto reale, ovvero che si perfeziona con la cd. traditio delle somme. Al fine di consentire la consegna del denaro e in un’ottica di via via sempre crescente dematerializzazione dello stesso, nei contratti di mutuo ricorre in aiuto l’istituto del deposito cauzionale.
L’iter seguito è, pertanto, il seguente: in sede di stipula del mutuo la banca consegna le somme richieste ai propri clienti, i quali dichiarano di averle ricevute e ne rilasciano quietanza; tuttavia, per consentire il perfezionamento delle formalità prodromiche alla concessione dell’ipoteca, il mutuatario le trasferisce in deposito cauzionale presso l’Istituto di credito, in attesa del successivo svincolo delle stesse.
Orbene, secondo la giurisprudenza consolidatasi sino all’inizio del corrente anno 2024, non potevano esservi dubbi sul fatto che il mutuante avesse ricevuto l’importo mutuato e che, pertanto, si fosse integrata la traditio delle somme con conseguente obbligo restitutorio delle stesse.
E ciò sulla base del seguente ordine di ragioni:
- I mutuatari rilasciavano quietanza per atto pubblico della ricezione delle somme in seno al contratto di mutuo;
- I mutuatari provvedevano alla riconsegna delle somme alla banca con un atto dispositivo che, quindi, presupponeva l’intervenuta disponibilità giuridica delle somme stesse;
- La dematerializzazione del denaro (che costituisce la base delle transazioni commerciali in epoca moderna) fa sì che la disponibilità giuridica delle somme possa essere equiparata alla disponibilità fisica della stessa.
Sulla base delle considerazioni sopra elencate, i Giudici interessati dai giudizi aventi ad oggetto la validità del titolo erano concordi nel rigettare le eccezioni avversarie, ritenendo le argomentazioni contrarie non in grado di scalfirle.
Le pronunce in senso difforme erano, infatti, limitate e circoscritte anche in ambito territoriale.
L’orientamento più risalente nel tempo è quello radicatosi in particolare presso il Foro di Cassino, in base al quale veniva statuita l’inefficacia di tali contratti di mutuo a valere come titolo esecutivo, poiché “alla formale dichiarazione di quietanza e contestuale disposizione delle somme in deposito cauzionale da parte del mutuatario, segue un elenco di condizioni il cui effetto è quello di subordinare l’effettiva disponibilità di dette somme all’adempimento di una serie di prescrizioni da parte del mutuatario stesso, anche di non immediata e semplice realizzazione, a pena di risoluzione del contratto”. Alla luce di quanto sopra, più che di traditio fittizia “dovrebbe parlarsi di finta traditio, non essendo avvenuta – in sostanza – al momento della stipula del contratto alcuna effettiva dazione di denaro, né materiale, né giuridica. Non è in contestazione che l’effettiva erogazione delle somme sia avvenuta in un secondo momento; tuttavia, non essendo stata cristallizzata in un atto pubblico non può combinarsi col contratto in questione in modo da formare un titolo esecutivo”. Tribunale collegiale di Cassino, ordinanza del 2 settembre 2019, Pres. Pignata, Rel. Sandulli.[1]
In sede di legittimità, un primo campanello d’allarme prima della sentenza del 3 maggio 2024 si era per la verità già avuto con Cassazione n. 5921 del 27.02.2023, in base alla quale in un contesto in cui si assiste a una progressiva dematerializzazione dei valori materiali, alla immediata acquisizione della disponibilità materiale del denaro si assimila l’acquisizione della disponibilità giuridica di esso. E ciò in conformità al principio di diritto per il quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, che determini l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo. Tuttavia, “ai sensi dell’art. 474 c.p.c., nel caso in cui l’atto pubblico notarile (ovvero la scrittura privata autenticata) documenti un credito non ancora attuale e certo, ma solo futuro ed eventuale, benché risultino precisamente fissate le condizioni necessarie per la sua venuta ad esistenza, ai fini della sua efficacia esecutiva sarà necessario che anche i fatti successivi ed eventuali che determinano l’effettivo sorgere del credito siano documentati con atto pubblico o scrittura privata autenticata”.
Tale pronuncia non aveva tuttavia avuto seguito, rimanendo isolata a livello giurisprudenziale fino a Cassazione n. 12007 del 3 maggio 2024.
Ed infatti, al contrario, numerose sono le sentenze che, in linea con la progressiva dematerializzazione del denaro avvenuta negli ultimi anni, si sono allontanate dal concetto di materiale apprensione delle somme, ritenendo sufficiente la disponibilità giuridica delle stesse: ciò si verifica, senza dubbio, ogni qualvolta la somma mutuata, per la quale il mutuatario rilascia quietanza nel testo del contratto, entri a far parte della sua sfera di disponibilità giuridico-patrimoniale.
Sulla base della giurisprudenza sino ad allora ampiamente maggioritaria, sintomatica di detta disponibilità era proprio la facoltà di disporre della somma, concedendola in garanzia all’istituto di credito, mediante deposito cauzionale. In questo modo, vi era la creazione di un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario: ciò che rilevava era, infatti, che la somma data a mutuo fosse uscita dal patrimonio del mutuante, in seguito entrata in quella del mutuatario e che questi ne potesse disporre per soddisfare un proprio interesse.
Sulla scorta di tali assunti, si affermava che il contratto di mutuo, pur contenente la clausola in esame, fosse un valido titolo esecutivo, sempre ferma la necessità che fosse connotato di tutti i requisiti di cui all’art. 474 c.p.c. (in questo senso, ex multis, Cassazione n. 5654/2023; Cassazione n. 9229/2022; Cassazione n. 38331/2021; Cassazione n. 6174/2020; Cassazione n. 25632/2017; Cassazione n. 14270/2011; Tribunale di Pavia del 23.01.2024; Tribunale di Torre Annunziata del 26.07.2023; Tribunale di Genova dell’8.10.2018, Tribunale di Salerno del 16.02.2018).
2. Il nuovo panorama giurisprudenziale
In questo contesto, si è inserita con non poco stupore, visto il consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale sopra rappresentato, la sentenza in parola.
A dire della Cassazione, l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale consisterebbe “nell’essersi limitata a valutare – esclusivamente – se potesse dirsi perfezionato un contratto di mutuo, senza invece valutare, come avrebbe dovuto, il più ampio contenuto e l’oggetto complessivo degli accordi negoziali consacrati nel contratto fatto valere dalla banca come titolo esecutivo. Ai fini dell’art. 474 c.p.c., essa avrebbe dovuto effettuare tale ulteriore accertamento, onde stabilire se, sulla base di quel complessivo regolamento negoziale (cioè, anche sulla base delle pattuizioni accessorie e successive al perfezionamento del mutuo), emergesse dal contratto l’esistenza attuale di una obbligazione restitutoria della società mutuataria nei confronti della banca, ovvero, al contrario, se tale obbligazione fosse condizionata al verificarsi di ulteriori circostanze di fatto non attestate nel contratto. E, in mancanza, avrebbe dovuto accertare se lo svincolo, in favore della parte mutuataria della somma già a questa concessa in mutuo e poi ritrasferita nella disponibilità della banca mutuante, risultasse documentata con un ulteriore atto pubblico o una ulteriore scrittura privata autenticata, come richiesto dall’art. 474 c.p.c..”
Dunque, due sono i profili che emergono dall’analisi compiuta dalla Cassazione:
- idoneità del deposito cauzionale a perfezionare la traditio che attribuisce natura reale al contratto di mutuo;
- inidoneità del contratto a costituire titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c.
Quanto al primo profilo, la Corte conferma l’orientamento ormai consolidatosi e, dunque, favorevole ai creditori istanti: non vi può essere alcun dubbio in merito al fatto che la consegna delle somme vi sia stata e che, pertanto, il contratto di mutuo si sia perfezionato.
Con specifico riguardo al secondo punto, invece, i giudici di legittimità sottolineano che, lo “svincolo della somma concessa in mutuo ma immediatamente depositata presso la banca mutuante e, quindi, rientrata nel patrimonio della stessa, richiedeva un successivo atto volontario di quest’ultima, che determinasse il nuovo trasferimento della sua proprietà in favore della parte mutuataria, affinché sorgesse l’obbligazione di restituzione di essa a carico di quest’ultima.”
Dunque, secondo il nuovo principio di diritto enunciato dalla Corte, per avere valore di titolo esecutivo, il contratto di mutuo “avrebbe dovuto essere integrato da una quietanza (in forma pubblica o, almeno, in forma di scrittura privata autenticata, ai sensi dell’art. 474 c.p.c.) attestante l’avvenuto svincolo delle somme depositate sul conto infruttifero vincolato”.
Delineata così la fattispecie, a diversi mesi dalla pubblicazione della sentenza, abbiamo rinvenuto numerose pronunce che – riportandosi integralmente al dettato della Corte – hanno in alcuni casi sospeso la procedura esecutiva immobiliare incardinata in forza di tali contratti di mutuo; in altri (in assenza di produzione di atto pubblico o scrittura privata autenticata attestante l’avvenuto svincolo della somma) hanno dichiarato l’estinzione della procedura stessa per carenza di titolo esecutivo, oppure hanno accolto le opposizioni di controparte (tra queste citiamo: Corte d’Appello di Ancona 28.10.2024; Tribunale di Monza del 27.08.2024; Tribunale di Brindisi del 25.06.2024; Tribunale di Ancona del 20.06.2024; Tribunale di Fermo del 31.05.2024; Tribunale di Taranto del 14.05.2024, Tribunale di Verona del 13.05.2024).
Allo stesso modo, abbiamo però registrato numerosi provvedimenti che si sono mantenuti conformi al precedente orientamento della Suprema Corte e che spesso, pur citando la pronuncia n. 12007/2024, se ne sono espressamente discostati: si riporta a titolo esemplificativo la sentenza del Tribunale di Milano del 24.07.2024 in base alla quale “Non si ignora che, secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione, occorrerebbe verificare non già solo “la regolarità ed efficacia” del contratto di mutuo, ma anche se “sulla base del complessivo rapporto negoziale posto in essere dalle parti ed emergente dall’atto pubblico fatto valere come titolo esecutivo, sussista o meno una obbligazione attuale di pagamento di una somma di danaro a carico della […] mutuataria ed in favore della banca mutuante, come richiesto dall’art. 474 c.p.c.” (Cass. 12007/2024). L’applicazione di tali principi non induce, nel caso di specie, a negare efficacia di titolo esecutivo al contratto di mutuo inter partes. In disparte ogni rilevo circa la sussistenza della “quietanza”, dalla quale si evince che la somma mutuata è entrata nella disponibilità giuridica del mutuatario – che, infatti, ne ha disposto costituendo la somma in deposito – il contratto di mutuo, stipulato nelle forme dell’atto pubblico, non differisce il sorgere dell’obbligazione restitutoria in capo al mutuatario ad un successivo atto, ma prevede un obbligo restitutorio attuale, secondo la rateizzazione indicata nello stesso contratto. ”. Nello stesso senso, ex multis, anche Corte d’Appello di Roma del 19.08.2024; Corte d’Appello di Perugia del 2.08.2024; Corte d’Appello di Salerno del 11.07.2024; Corte d’Appello de L’Aquila del 23.05.2024; Tribunale di Latina del 21.10.2024; Tribunale di Bari del 22.07.2024; Tribunale di Vasto del 27.06.2024; Tribunale di Siena del 13.06.2024.
Come si può ben vedere, il panorama che si prospetta ad un creditore che ha necessità di azionare un contratto di mutuo con deposito cauzionale è molto diversificato e, nonostante la primaria necessità di assicurare la certezza del diritto, allo stato risulta ampiamente sottoposto all’orientamento vigente nel Foro di competenza.
3. Rilevabilità d’ufficio
Altra questione che ha avuto notevole impatto in concreto è quella relativa alla rivelabilità d’ufficio di un’asserita carenza di titolo esecutivo qualora si sia in presenza di un mutuo con deposito cauzionale.
Sul punto si ritiene di dover effettuare un’analisi differenziata a seconda del tipo di giudizio in cui ci si trova.
Ed infatti, nell’ambito del processo esecutivo, il GE ha il potere/dovere di verificare d’ufficio e a prescindere da una opposizione del debitore, l’esistenza del titolo esecutivo.
In questo senso si è espressa anche recentemente la Corte di Cassazione sottolineando che “quale precipitato logico-giuridico del principio della immanenza del titolo esecutivo, ovvero della sua natura di condizione necessaria e sufficiente dell’azione esecutiva, la caducazione del titolo è evento rilevabile di ufficio tanto dal giudice dell’esecuzione quanto dal giudice dell’opposizione esecutiva, in virtù dello stretto collegamento funzionale esistente tra procedimento esecutivo e giudizio di opposizione; […] costituendo l’esistenza di un valido titolo esecutivo il presupposto dell’iniziativa coattiva contro la quale si è reagito con l’opposizione, l’abilitazione al rilievo ex officio investe l’intero sviluppo processuale della parentesi cognitiva, per essere praticabile in ogni stato e grado del giudizio e finanche per la prima volta nel giudizio per Cassazione” (Cassazione Civile sez. III, n. 21264. del 30.07.2024)[2].
Nonostante il recente dettato della Corte di Cassazione, si registrano però pronunce che si discostano da tale orientamento interpretativo. Ed infatti, sul punto la giurisprudenza di merito è tuttora contrastante: sono diversi i Tribunali che, basandosi in particolare sul presupposto che l’eccezione di cui si discute attiene non alla nullità (quella sì, rilevabile in ogni stato e grado) ma alla mera inidoneità del contratto di mutuo a valere come titolo esecutivo, si sono manifestati contrari alla rilevabilità d’ufficio.
Sul punto si cita la più recente giurisprudenza delle corti territoriali in base alla quale “deve pertanto ritenersi preclusa al giudice del merito dell’opposizione esecutiva la possibilità di rilevare d’ufficio e in assenza di una specifica deduzione già sottoposta alla cognizione del giudice dell’esecuzione l’inidoneità del mutuo azionato a valere come titolo esecutivo” (Tribunale di Latina, sentenza del 02.09.2024); ed ancora, “Quanto, infine, alla pretesa violazione dell’art. 474 c.p.c., il motivo con cui si contesta l’inidoneità del mutuo ipotecario a fungere da titolo esecutivo in quanto caratterizzato da “deposito cauzionale infruttifero” […] è inammissibile poiché dedotto solo in sede di reclamo (Tribunale di Busto Arsizio, sentenza del 26.07.2024); sul punto anche il Tribunale di Alessandria con provvedimento del 20.08.2024 in base al quale, in un’opposizione avente ad oggetto la asserita inidoneità del mutuo con deposito cauzionale a valere come titolo esecutivo, “visto l’art. 615, II comma c.p.c. per cui: “…Nell’esecuzione per espropriazione, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile […] la prospettata tardività dell’opposizione non pare giustificabile nel caso in esame, non essendo l’opposizione fondata su fatti sopravvenuti e non avendo l’opponente nemmeno dimostrato di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”.
Alla luce di quanto esposto, sembra di poter concludere che l’accoglimento dell’eccezione di tardività tanto in un giudizio esecutivo post udienza ex art. 569 c.p.c. che in un giudizio di merito post deposito della memoria istruttoria all’art. 171 ter n. 1 c.p.c., dipenderà dagli orientamenti dei singoli Fori, che – come abbiamo potuto registrare – sono spesso tra loro antitetici.
4. Rinvio ex art. 363 bis c.cp.c. del Tribunale di Siracusa e successiva remissione alle Sezioni Unite
In questa situazione di notevole incertezza in cui Fori differenti sono giunti a decisioni tra loro antitetiche, è parso opportuno al Collegio del Tribunale di Siracusa procedere ex art. 363 bis c.p.c. con rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione, in quanto “La palese disomogeneità registrata si mostra idonea a disorientare gli operatori del settore e rende quanto mai necessario un intervento nomofilattico della Corte di cassazione” (Tribunale di Siracusa, ordinanza collegiale del 31.07.2024).
Ed infatti, il Collegio siciliano ha evidenziato che se, da un lato, si è sostenuto, anche in dottrina, che, allorché la somma di denaro inizialmente erogata dalla banca al cliente rientri alla stessa – mediante deposito irregolare, l’obbligazione restitutoria debba considerarsi estinta; dall’altro, al fine di giustificare la qualificabilità del mutuo come titolo esecutivo anche in assenza di certificazioni dello svincolo delle somme effettuate nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, altra parte della dottrina ha sostenuto che il diritto restitutorio dell’istituto di credito debba considerarsi immediatamente dotato del requisito della attualità, anche in caso di costituzione del deposito cauzionale.
Proprio a seguito dell’erogazione della somma in favore del mutuatario, egli è, infatti, tenuto all’adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di mutuo e, in particolare, alla restituzione dell’importo che gli è stato erogato, al fine di estinguere il proprio debito.
Il mutuo attesterebbe quindi la sussistenza di due obbligazioni: una gravante sul mutuatario, da ritenersi attuale, dal momento che la somma è stata erogata al medesimo e deve essere da costui restituita al fine di estinguere il debito contrattuale; l’altra gravante sull’istituto di credito depositario, da considerarsi non attuale, poiché subordinata al verificarsi delle condizioni dello svincolo.
Dopo aver esplicitato le due antitetiche opzioni interpretative oggi abbracciate dalla giurisprudenza di merito, il Collegio siracusano ritiene che possa essere percorribile una via intermedia, da adeguare nel dettaglio al singolo caso concreto.
I Giudici del Tribunale di Siracusa osservano, infatti, che può ricorrere nella prassi l’ipotesi in cui il denaro erogato dalla banca al cliente venga subito costituito in pegno irregolare e che, in tale evenienza, le somme in un primo momento conseguite dal mutuatario siano state ritrasferite in proprietà all’istituto di credito: “Orbene, in ipotesi di tal fatta, il pegno irregolare sembra effettivamente assolvere una funzione prossima a quella solutoria – come ritenuto da un’antica ma tutt’altro che peregrina dottrina -, tale da determinare […] l’estinzione dell’obbligo restitutorio del cliente verso l’istituto di credito. […] In fattispecie analoghe a quella testé prospettata, non sembra erroneo sostenere che l’obbligazione restitutoria gravante sul cliente possa dirsi esistente ed attuale – nei termini richiesti dall’art. 474 c.p.c. – solo ove un ulteriore atto pubblico o una ulteriore scrittura privata autenticata abbia certificato che gli importi siano stati effettivamente svincolati.”
Sempre secondo il Tribunale di Siracusa, non può invece escludersi l’adozione di una soluzione diversa nel caso – anch’esso frequentemente riscontrabile nella prassi– in cui il denaro erogato dalla banca al mutuatario sia subito costituito in deposito cauzionale (senza alcun richiamo alla figura del pegno irregolare), destinato ad essere svincolato solo al verificarsi di certe condizioni, e, ciò nonostante, sia previsto fin dall’origine l’obbligo per il mutuatario stesso di provvedere alla restituzione del capitale ricevuto ed alla corresponsione di interessi di ammortamento.
In tale evenienza, pare al Collegio cogliere nel segno l’opzione ricostruttiva “per cui coesisterebbero, sin dalla stipula dell’atto notarile ed a prescindere dal fatto che lo svincolo sia stato certificato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, l’obbligazione propriamente restitutoria gravante sul cliente – che, in quanto attuale, legittimerebbe l’avvio ex art. 474, comma 2 n. 3, c.p.c. dell’esecuzione forzata – e l’obbligazione di svincolo gravante sulla banca e tipica del contratto di deposito”.
A seguito della pubblicazione di questo provvedimento, nel rispetto del termine di cui all’art. 363 bis c.p.c., con ordinanza pubblicata in data 10.10.2024, la Prima Presidente della Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale alle Sezioni Unite sollevato dal Tribunale di Siracusa, non avendo potuto esimersi dal notare che la questione relativa all’idoneità dei mutui con deposito cauzionale a legittimare l’azione esecutiva, presenta “gravi difficoltà interpretative”.
Con l’intento di fornire un supporto pratico nella gestione del contenzioso, pertanto (ferme restando le eccezioni di tardività di cui sopra, qualora ne ricorrano i presupposti), la strategia processuale di maggior tutela nel caso in cui ci si trovi dinanzi a Fori che hanno chiaramente manifestato il proprio orientamento come conforme alla Cassazione del 3 maggio 2024 è quella di chiedere una sospensione del giudizio in attesa della pronuncia a Sezioni Unite.
Se, quindi, nei giudizi ordinari bisognerà invocare l’art. 295 c.p.c., ciò non sarà possibile nei procedimenti di espropriazione alla luce della spesso eccepita inapplicabilità di tale norma alle esecuzioni.[3]
Come recentemente statuito dal Tribunale di Avezzano, con ordinanza del 9.11.2024, in sede esecutiva sarà, pertanto, necessario richiedere la sospensione ex art. 624 bis c.p.c. con tutti i limiti del caso, ovvero la necessità che vi sia l’accordo di tutti i creditori titolati, la possibilità di chiederla per un massimo di 24 mesi e una sola volta nel corso di ogni singola esecuzione.
5. Conclusioni
Di certo, la pronuncia della Corte di Cassazione del 3 maggio u.s. ed i provvedimenti che ne sono seguiti, hanno evidenziato dubbi ed incertezze in relazione alle forme di finanziamento che prevedono il deposito cauzionale delle somme erogate, motivo per cui riteniamo che il rinvio alle Sezioni Unite sia una misura certamente necessaria ed attesa.
In particolare, si auspica che la Cassazione si pronunci con chiarezza sulle questioni sollevate nel tempo dai giudici di merito e di legittimità, in modo tale da porre fine al disordine ed alla disomogeneità di provvedimenti che stanno man mano emergendo, creando non poca confusione tra gli operatori del diritto.
[1] Tale orientamento è sempre stato pressocché isolato: si segnalano, infatti, solo poche pronunce conformi emesse da Fori diversi da quello di Cassino, ovvero Tribunale di Pescara, sentenza del 12 giugno 2017; Tribunale di Tivoli sentenza del 23 luglio 2018; Tribunale di Avezzano sentenza del 8 luglio 2019; Tribunale di Ancona sentenza del 5 agosto 2019; Tribunale di Fermo, sentenza del 25 maggio 2020 e Tribunale di Catania Sentenza del 02 novembre 2022.
[2] Nello stesso senso, recentemente, anche Corte d’Appello di Perugia del 02.08.2024, Tribunale di Monza del 27.08.2024 e Tribunale di Verona del 13.05.2024.
[3] L’art. 295 c.p.c. non sarebbe applicabile al processo esecutivo in quanto l’assenza di poteri cognitivi ed istruttori in capo al Giudice dell’esecuzione esclude che questi possa disporre tale sospensione del processo. Il Giudice dell’esecuzione sarebbe soltanto tenuto a portare ad esecuzione l’ordine contenuto nel titolo esecutivo e, pertanto, non potrebbe disporre la sospensione fuori dei casi tipici di cui agli art. 623 e ss. c.p.c. Tribunale di Brindisi, ordinanza collegiale del 16.07.2024; Tribunale di Benevento del 22.06.2016.
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