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Il leader degli industriali: «La nostra posizione è condivisa da Forza Italia con approccio pragmatico». Il segretario nazionale del Psi Maraio: «Ha ragione, non si può ridurre tutto a mero scontro politico»
Sull’autonomia differenziata gli industriali di Napoli condividono la posizione di Forza Italia. Lo ha ribadito ieri durante una tavola rotonda dal tema «Il Sud fra autonomia e nuove sfide», nel corso della due giorni di convegno nazionale organizzata al Teatro Iav di Napoli dal Psi sul tema «Avanti, Sud. Mezzogiorno, Lavoro, Riformismo», Costanzo Jannotti Pecci, presidente Unione Industriali Napoli. «La nostra posizione — ha spiegato Jannotti Pecci — è chiara: agire con una nuova legge per correggere le criticità, evitando il referendum. Questa posizione è condivisa anche da alcune forze politiche, come Forza Italia, che hanno mostrato un approccio più pragmatico alla questione. Criticare l’autonomia differenziata — ha aggiunto il numero uno degli industriali partenopei — senza affrontare i limiti della riforma del Titolo V rischia di trasformare il dibattito in un semplice scontro politico. L’autonomia differenziata nasce dalle modifiche introdotte nel 2001, e affrontare questa realtà richiede una visione che vada oltre il conflitto di parte».
Sulla legge Calderoli, contestata in vari punti dalla Consulta, Enzo Maraio, segretario nazionale del Psi, non ha dubbi: «È la riforma della discordia, si rivelerà un boomerang per questo Governo che colleziona bocciature su bocciature. Il disegno secessionista e disastroso della Lega, con la complicità consapevole degli alleati, era quello di spaccare il Paese e invece finiranno per spaccare sé stessi. Abbiamo aperto un confronto con le parti sociali, i sindacati, gli industriali per ascoltare le loro istanze — ha sottolineato Maraio — gli imprenditori campani, attraverso il contributo del presidente dell’Unione industriali di Napoli hanno fatto una considerazione che condividiamo: non si può ridurre tutto a scontro politico, sulla pelle delle persone. Aver polarizzato il dibattito politico ha fatto perdere di vista il cuore del problema: il rischio di veder crollare i pilastri che reggono la nostra Repubblica, cioè sanità ed istruzione».
D’altra parte, c’è anche una questione legata alle difficoltà del credito nel Mezzogiorno. «Un esempio emblematico — ha fatto notare Amedeo Manzo, presidente BCC Napoli — riguarda una grande banca italiana, i cui utili al 30 settembre ammontavano a ben 8 miliardi di euro, dei quali 6,9 miliardi sono stati destinati all’estero, poiché gli azionisti di quella banca sono in gran parte cinesi, francesi, americani e fondi internazionali. Questo — si è chiesto Manzo — ci porta a una domanda fondamentale: è giusto che un paese come l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, generi ricchezza che viene poi esportata altrove?». Nell’ambiente creditizio, tra l’altro, non è stata ancora digerita la vicenda del Banco di Napoli. «Siamo stati vittime di una vera e propria rapina criminale, compiuta con la vendita del Banco di Napoli», è stato l’affondo di Giulio Di Donato, ex vice segretario del Psi craxiano.
All’incontro di ieri presente anche il presidente del colosso campano dell’ingegneria NetCom Group, Domenico Lanzo, che ha spiegato che in Italia ed al Sud, dopo la fuga dei cervelli degli scorsi anni, si ha una netta controtendenza. «Un aspetto che posso testimoniare in prima persona — ha affermato — è che negli ultimi anni si sta manifestando una tendenza al rientro. È un fenomeno che riguarda anche grandi gruppi imprenditoriali, che stanno cercando di creare nuove realtà produttive al Sud. C’è una volontà di ricostruire e di riportare valore ai territori d’origine. Nonostante queste potenzialità, negli ultimi vent’anni l’Italia ha progressivamente “svenduto” molte delle sue eccellenze». C’è però in Campania e nel Mezzogiorno anche un gap con le regioni del Nord sulla forza lavoro. Lo ha ricordato nella relazione introduttiva, Felice Iossa, della direzione nazionale del Psi e responsabile del Mezzogiorno per il partito.
«La Campania — ha spiegato — registra una crescita nel numero di nuove imprese, ma soffre di una scarsa qualificazione della forza lavoro, mentre la Lombardia, a parità di imprese, ha accresciuto il valore aggiunto dei propri prodotti. In molte regioni del Sud, il valore aggiunto si è addirittura ridotto. Ciò dimostra che non è il semplice numero di imprese a incidere sul Pil, ma la qualità dello sviluppo e delle competenze». Ma Iossa ha avanzato una proposta ben precisa al Governo in favore delle imprese del Mezzogiorno: «Uno strumento chiave sarebbe la detassazione degli utili per le imprese che investono nel Sud, in linea con i vincoli europei. Questa misura potrebbe contribuire a creare un nuovo modello di sviluppo territoriale».
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