Rapporto Inapp: cresce l’occupazione e migliora la qualità, ma è urgente una riforma organica delle politiche attive del lavoro

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Negli anni successivi alla pandemia la crescita dell`economia è stata “imponente” e l’aumento dell`occupazione è risultato allineato (+3,5% del tasso di occupazione): da dicembre 2019 a fine 2024 sono stati creati 1,043 milioni di nuovi posti di lavoro e il calo del numero dei disoccupati è stato quasi simile (1,009 milioni). Lo ha sottolineato il presidente dell’Inapp, Natale Forlani, illustrando alla Camera il rapporto 2024 dell’istituto per l’analisi delle politiche pubbliche.

Nel dettaglio, questi numeri hanno consentito il raggiungimento del record storico in termini di occupati (24,1 milioni) e tasso di occupazione (62,5%). I nuovi posti di lavoro sono equamente distribuiti in termini di genere: +532mila maschi e +511mila donne. L`aumento nelle regioni del Mezzogiorno (+4,2%) risulta superiore a quello delle regioni del Nord (+1,8%). Nel complesso, circa la metà è stata generata dai comparti dei servizi ad alta intensità di occupazione. L`incremento del numero assoluto degli occupati si concentra nella coorte dei lavoratori over 50, che negli ultimi due anni è diventata la componente più numerosa (41%) superando quella tra i 35 e i 49 anni.

Migliorata anche la qualità dei nuovi rapporti di lavoro. La crescita dei rapporti a tempo indeterminato (+1,375 milioni) compensa la riduzione di quelli a termine (-288mila) e di una quota dei rapporti part-time (-3%). L`andamento del monte ore complessivamente lavorate risulta in linea con la crescita del numero degli occupati. Nonostante le performance positive, le criticità rimangono elevate. Il tasso di inattività (33,6%) continua a rappresentare lo zoccolo duro del mancato utilizzo delle risorse umane in età di lavoro. Supera di 10 punti la media Ue per i giovani under 35 e raggiunge il picco del 58,2% per le donne del Mezzogiorno.

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Ma uno dei principali problemi del mercato del lavoro è la difficoltà di reperimento di personale qualificato da parte delle imprese (mismatch), che lo scorso anno è stato “imponente” (47,8%) con un aumento di 22,5 punti percentuali rispetto al dato medio del 2019.  Il fenomeno, spiega ancora Forlani, è amplificato da un complesso di fattori: riduzione della popolazione in età di lavoro; carenza di competenze per i profili esecutivi; offerte di lavoro che non riscontrano le disponibilità da parte delle giovani generazioni. L`incidenza di questi fattori negativi è destinata a crescere per l`impatto dei cambiamenti demografici determinati dalla riduzione della popolazione in età di lavoro, circa 4 milioni di persone entro il 2040, e di quello delle tecnologie digitali sulle organizzazioni del lavoro e sulle professioni.

Per soddisfare i fabbisogni del sistema produttivo e della spesa sociale generati dall`incremento della popolazione anziana, secondo l’Inapp l`unico scenario possibile diventa quello del progressivo riallineamento dei tassi di occupazione, in particolare di giovani under 35 e donne, verso le medie europee. “Circa i due terzi del mancato utilizzo delle risorse umane in età di lavoro sono concentrati nelle regioni del Mezzogiorno, mentre in quelle del Nord e di una parte del Centro i tassi di occupazione risultano già allineati alle medie europee e superiori per la componente maschile – ha detto Forlani – le risposte a queste criticità possono scaturire da un tasso di crescita degli investimenti nelle aree del Sud superiore alla media nazionale. Una parte del mismatch è generata da fattori che comprimono i livelli di occupabilità delle persone. Il mancato ricambio generazionale risulta superiore alle dinamiche demografiche per l`elevato scollamento tra i percorsi formativi e i fabbisogni del mondo del lavoro”.

Circa il 70% della carenza di occupati risulta concentrata nei comparti influenzati dalla spesa pubblica: sanità e assistenza (-1,270 milioni); pubblica amministrazione (-689mila); istruzione (-315mila). I posti di lavoro risultano superiori alla media nelle attività manifatturiere (+360mila), lavoro domestico (+287mila), alberghi e ristorazione (+127mila), gricoltura (+107mila). Sul versante delle professioni, il deficit occupazionale viene riscontrato per le professioni di elevato contenuto intellettuale e scientifico (-2,260 milioni); imprenditori e alta dirigenza (-503mila); professioni tecniche (-296mila); professioni esecutive specializzate e qualificate (-393mila).

Per il presidente dell’Inapp, quindi, è necessaria una “riforma organica” delle politiche attive del lavoro per “concorrere alla riduzione del mismatch e dei tempi delle transizioni lavorative; sviluppare modelli di governance multilivello capaci di coinvolgere nella programmazione e nella progettazione degli interventi il complesso delle istituzioni, delle parti sociali e dei soggetti accreditati per la formazione e l`intermediazione della domanda e offerta di lavoro; favorire la diffusione di modelli cooperativi (per esempio le associazioni di scopo) finalizzati a offrire servizi integrati di orientamento e di formazione; favorire lo sviluppo del Siisl con letture evolute delle transizioni lavorative e con l`introduzione e diffusione del fascicolo del lavoratore come strumento in grado di favorire la crescita dell`autostima personale e la produttività dei percorsi di attivazione delle misure; rendere effettive le condizionalità per i beneficiari di sostegni al reddito”.

“Tutte le offerte di lavoro coerenti con il profilo professionale delle persone dovrebbero essere accettate – ha aggiunto – anche per aumentare il tasso di impiego nei settori con elevata mobilità e ridurre la quota dei lavoratori con bassi redditi. L`accettazione dei rapporti di breve durata potrebbe essere incentivata rendendo compatibile entro certi limiti la continuità del sostegno pubblico e il salario percepito”.

Secondo l’Inapp è necessario dare “priorità assoluta” al rafforzamento dei percorsi in duale (apprendistato e tirocini extracurricolari), con la costruzione di una cornice condivisa normativa e contrattuale nazionale in grado di valorizzare in modo organico le innovazioni normative. Poi, alla flessibilizzazione e personalizzazione dell`offerta formativa finalizzata ad accelerare i tempi dell`inserimento lavorativo, da erogare anche nell`ambito lavorativo certificando le competenze acquisite; e alla predisposizione di moduli formativi per rafforzare la capacità di orientamento e le competenze digitali.

Il calo dell’inflazione in atto dal 2023 e il rinnovo di diversi contratti di lavoro hanno consentito una “graduale crescita” del valore reale delle retribuzioni. La perdita del potere di acquisto rispetto all`incremento dell`inflazione del biennio precedente risulta ancora elevata (-7,9%). Anche l’Ocse conferma una perdita del 6,9% dei salari reali italiani (dati al primo trimestre 2024 rispetto al 2019) e un ulteriore aumento della distanza rispetto alla media dei Paesi sviluppati motivata, in particolare, dalla bassa crescita della produttività.

La dinamica dei salari nominali è stata inferiore a quella dei prezzi per la quasi totalità delle attività economiche, ma molto differenziata negli andamenti settoriali. Tra i settori meno sofferenti si ritrovano le attività bancarie e assicurative e la manifattura. Risultano allineati alla media le costruzioni e i trasporti. Quelli in maggiore sofferenza sono il commercio, gli alberghi e ristoranti e l`informazione-comunicazione.

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Le cause riguardano i meccanismi previsti dai contratti collettivi per il recupero dell`inflazione; i ritardi dei rinnovi contrattuali rispetto alle scadenze; l`impatto differenziato della crisi pandemica nei settori specifici. “La contrattazione collettiva nazionale non appare in grado di incentivare la crescita dei salari reali – ha detto Forlani – se non vengono adottati altri indicatori per orientare gli aumenti delle retribuzioni: incremento della produttività dei fattori; fabbisogno di lavoratori competenti; attrattività delle proposte salariali rispetto all`andamento dell`offerta di lavoro. Il potenziamento del secondo livello aziendale o territoriale è il complemento necessario per rendere aderente la contrattazione collettiva alle evoluzioni delle organizzazioni produttive e del mercato del lavoro”.

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