La Russia, terzo maggiore produttore di grano dopo Cina e India, l’anno scorso ha visto la sua produzione granaria crollare del 16%. E la colpa non è del clima
Da quando è diventato chiaro che le sanzioni occidentali lasciavano molte falle – e il Cremlino ha preso le sue contromisure – si è affermata l’idea che l’avanzata della Russia in Ucraina sia inarrestabile. In molti, anche in Europa, si sono convinti che niente può inceppare la macchina da guerra di Vladimir Putin e bisogna lasciarlo vincere. Certamente, si è detto, non possono fermarlo le condizioni dell’economia nel suo Paese.
Il calo della produzione di grano
Può darsi. Eppure il motore di quella macchina da guerra, nella società e nell’economia russa, continua a liberare segnali di fumo che rivelano profondi e crescenti guasti. Prima della fine dell’anno, la governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina è stata costretta dall’apparato militare-industriale a non alzare ancora i tassi d’interesse, benché l’inflazione minacci sempre più di accelerare fuori controllo. Ora, a inizio anno, arrivano i dati sconcertanti dell’agricoltura: la Russia, terzo maggiore produttore di grano dopo Cina e India, l’anno scorso ha visto la sua produzione di derrate vegetali crollare del 14%; la caduta è di poco più del 20% negli ultimi due anni. Solo per il grano la recessione produttiva in un anno è stata del 16%, giù da 98,2 a 82,4 milioni di tonnellate. È come se fosse stata spazzata via quasi tutta la produzione granaria di una grande potenza agricola come l’Argentina o almeno quattro volte l’intera produzione italiana.
Persa la produzione pari a quella di un grande paese europeo
Sottolineano gli analisti Alexander Kolyandr e Alexandra Prokopenko per “The Bell”, un media russo indipendente che opera dall’esilio, che l’anno scorso i raccolti di cereali e vegetali in Russia è scesa a 125 milioni di tonnellate da 144,9 milioni del 2023. Si tratta di persino meno dei 130 milioni che lo stesso presidente Putin aveva annunciato pochi giorni prima che l’agenzia statistica Rosstat pubblicasse i risultati. Nel 2022, il primo anno di guerra, la produzione era stata di 157,6 milioni di tonnellate. In un biennio una perdita di oltre trenta milioni di tonnellate di raccolto, pari a quella di un grande Paese europeo.
Gli scarsi incentivi dati ai contadini
E non c’entrano solo le condizioni climatiche, almeno in parte passeggere. Queste ultime hanno ridotto senz’altro i raccolti di barbabietola e soprattutto di patate, contribuendo a un’inflazione superiore al 50% per alcuni degli alimenti di base soprattutto delle famiglie più povere.
Ma i fattori più importanti dietro il crollo della produzione russa hanno a che fare con decisioni prese da uomini in carne ed ossa. Soprattutto, con la guerra e con la dittatura. In particolare, alcune delle cause profonde della recessione agricola ricordano i problemi che Mosca sperimentò durante il lungo declino dell’Unione sovietica: i contadini hanno pochi incentivi economici, non capiscono perché dovrebbero impegnarsi di più e dunque fanno meno di quanto potrebbero.
L’effetto dei dazi all’esportazione
A frenare la produzione sono i vincoli e dazi crescenti all’esportazione che il governo di Mosca sta mettendo sugli agricoltori, per costringerli a vendere le loro derrate sul mercato interno. Questa misura è volta a frenare l’inflazione galoppante, essa stessa un frutto dell’economia di guerra, cercando di riversare derrate a basso costo sul mercato domestico. L’ultimo giro di vite è arrivato nell’ottobre del 2023. Il governo ha introdotto un divieto “temporaneo” all’export di grano duro, che si aggiunge a sempre nuove quote e dazi alla vendita fuori dai confini di altre derrate.
Risultato: gli agricoltori vedono ridursi le loro entrate, investono di meno e producono sempre di meno. Oltretutto le dinamiche di guerra e la crisi demografica rendono la manodopera sempre più scarsa e cara, mentre le sanzioni rendono difficili e costose da reperire le macchine agricole. Così l’intero meccanismo di uno dei grandi granai del mondo si sta inceppando, mentre l’inflazione in Russia continua a galoppare e gli agricoltori si impoveriscono.
L’economia di guerra della Russia
È possibile che Vladimir Putin sia ancora invincibile, se non altro perché ha l’arma atomica. Solo che con la gestione dell’economia, il motore della sua macchina da guerra, pian piano si sta sconfiggendo da solo. L’importante è che un’Ucraina libera e democratica sia ancora in piedi nel momento in cui la Russia totalitaria di Putin avrà sempre maggiori difficoltà a restarci, in piedi. Ma questa forse è la più grande incognita di una guerra vecchia ormai già quasi di tre anni. E dipende anche da noi.
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