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ROMA – focus\aise – La Regione Piemonte interviene a favore della birra artigianale: con due bandi voluti dall’assessore al Commercio, Agricoltura e Cibo Paolo Bongioanni sono stati stanziati 260.000 euro per l’acquisto di macchinari e strumenti di dotazione per birrifici artigianali e altri 40.000 euro per la formazione, l’aggiornamento professionale e la riqualificazione degli operatori dell’intera filiera brassicola regionale.
“La birra artigianale in Piemonte rappresenta un settore di eccellenza assoluta e in costante espansione”, ha osservato Bongioanni. “Negli ultimi anni ha saputo attrarre molti giovani che hanno scelto di aprire birrifici artigianali con una particolare attenzione alla qualità e alle materie prime del territorio. La Regione li sostiene grazie al Registro dei Birrifici Artigianali e al logo della Birra Bop, Birra Origine Piemonte, che abbiamo presentato all’ultima edizione di Terra Madre Salone del Gusto”.
“Il mio impegno è di far raddoppiare già nel bilancio 2025 le risorse interamente dedicate a questa misura – ha aggiunto l’assessore – che va nella direzione di sostenere la creazione di una filiera della birra piemontese che preveda la produzione di birra locale, intesa come prodotto trasformato localmente, a partire da materie prime interamente coltivate in loco come luppolo, malto e orzo”.
Proprio la crescente domanda di birra artigianale sta favorendo lo sviluppo negli ultimi anni della coltivazione di materie prime come quella del luppolo, che in provincia di Cuneo occupa già 9 ettari.
Possono partecipare a questi due bandi, aperti fino al 31 marzo 2025, i produttori di birra artigianale situati in Piemonte, iscritti al Registro delle Imprese e al Registro dei birrifici artigianali e titolari di partita Iva idonea allo svolgimento dell’attività. Per il bando sui macchinari la spesa minima ammissibile è di 10mila euro e quella massima di 70mila, con un sostegno del 40% delle spese. Per quello sulla formazione professionale i progetti devono avere un importo fra i 5mila e i 20mila euro, che la Regione sostiene fino a una quota del 70%.
Il settore brassicolo in Piemonte attualmente conta una novantina di birrifici artigianali (di cui 13 agricoli) e ad oggi 19 (4 agricoli e 15 artigianali) sono iscritti al Registro. Ci sono poi 40 aziende senza impianti di produzione propri, e che quindi non rientrano negli interventi.
Per il terzo anno consecutivo torna “La Sardegna di Vinodabere”, evento nato per promuovere, e far scoprire a chi non le conosce, la varietà e la complessità vitivinicola di una regione che è un vero e proprio piccolo continente.
Sabato 18 e domenica 19 gennaio, all’Hotel Belstay a Roma, sarà possibile incontrare ai banchi di assaggio numerosi produttori sardi (45 aziende), in rappresentanza delle tante aree (vere e proprie sub-regioni) dove si produce vino di qualità.
Tra più di 200 referenze tra bianchi, rosati, rossi, vini dolci e ossidativi, e perfino bollicine, ci si potrà orientare per apprezzare, come merita, la ricchezza enologica della Sardegna, conoscere i vignaioli che la animano e sperimentare nel calice lo stato dell’arte della viticoltura sarda, giunta ormai a livelli di indiscutibile eccellenza.
Un viaggio attraverso i sensi, dunque, tra le produzioni provenienti dai territori di Alghero, Anglona, Gallura, Mamoiada, Mandrolisai, Ogliastra, Oliena, Orgosolo, Oristanese, Romangia, Sulcis e sud Sardegna, alcuni dei quali diventeranno i protagonisti delle masterclass in programma sabato 18 gennaio.
Le esportazioni di cibo italiano sono raddoppiate in valore nel corso di appena un decennio, passando dai 34 miliardi del 2014 ai quasi 70 stimati per il 2024, che farà segnare il record di sempre. Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti su dati Istat con cui l’associazione traccia un bilancio dell’anno appena trascorso sul fronte delle vendite all’estero che hanno confermato l’appeal dell’agroalimentare tricolore sulle piazze mondiali.
Un vero e proprio boom si registra sul mercato americano dove in dieci anni l’enogastronomia tricolore fa segnare un incremento di circa il 150%, rileva Coldiretti, ma la crescita a doppia cifra contraddistingue anche Francia (+90%), Germania (+71%) e Gran Bretagna (+57%). Il prodotto più esportato è il vino davanti all’ortofrutta trasformata, i formaggi, la pasta gli altri derivati dai cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva.
Il successo dell’export agroalimentare è il frutto del lavoro di una filiera Made in Italy che dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari, sottolinea Coldiretti, che parla di un patrimonio dell’economia nazionale che ha tutte le carte in regola per raggiungere l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare a 100 miliardi nel 2030.
Per fare ciò occorre però colmare i ritardi infrastrutturali dell’Italia, che, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga, costano circa 9 miliardi di euro di mancate esportazioni per l’agroalimentare nazionale. Allo stesso tempo, però, serve fermare il fenomeno della contraffazione internazionale, a partire dagli accordi commerciali stipulati dall’Unione Europea, dove è urgente applicare il principio di reciprocità. Secondo un’analisi Coldiretti/Filiera Italia il falso Made in Italy agroalimentare nel mondo è arrivato a valere oggi 120 miliardi di euro. (focus/aise) 





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