AQUILEIA (UDINE) – Comune, Soprintendenza e Fondazione Aquileia sono contrari. C’è allarme per il progetto per la realizzazione di un parco fotovoltaico ad Aquileia, in località San Zili-Casa Bianca, a nord-est del centro abitato. L’impianto, di potenza nominale elettrica pari a 9.989 kWp, si estenderebbe su un’ampia superficie complessiva di 210.000 metri quadrati e avrebbe una vita stimata di 30-35 anni. Per mezzo di un cavidotto interrato, l’impianto verrebbe collegato alla cabina primaria di Belvedere, con un tragitto di quasi sei chilometri in parte attraverso il centro abitato.
L’ALLARME
L’ambito paesaggistico su cui è previsto l’impianto è quello tipico dei terreni agricoli di bonifica. Come si legge in una nota della Fondazione Aquileia, ciò che desta molta preoccupazione è la localizzazione a ridosso della zona “cuscinetto” (buffer) del sito Unesco di Aquileia, che è stata approvata dal Comitato del Patrimonio Mondiale nel 2018 quale ulteriore protezione del perimetro del sito (core zone) divenuto Patrimonio dell’Umanità nel 1998. La scelta del luogo e il percorso del cavidotto, sempre secondo la nota della Fondazione, potrebbero comportare «inoltre una pesante interferenza con importantissime evidenze archeologiche dell’antico centro, fondato nel 181 a.C. e divenuto la nona città dell’impero nel IV secolo.
Come evidenzia il direttore della Fondazione, Cristiano Tiussi, e come documenta ampiamente il parere della Soprintendenza, nei terreni interessati dal progetto passava infatti la grande strada romana che da Aquileia portava a Trieste, lungo la quale si allineavano ricchi recinti funerari di importanti famiglie, in parte individuati nell’Ottocento: non a caso, a breve distanza da qui fu rinvenuto il Grande Mausoleo, poi ricostruito nel 1956 all’interno del centro abitato, accanto al foro. Su questo asse viario convergevano però anche altre strutture e edifici, che caratterizzavano la fascia del suburbio più prossima alla città. Il cavidotto tra Aquileia e Belvedere, infine, si svilupperebbe per buona parte in adiacenza alla strada regionale 352, sovrappostasi quasi perfettamente al cardine massimo di Aquileia, e quindi ancora una volta in una fascia a forte rischio di ritrovamento di contesti funerari, anche legati agli edifici di culto paleocristiani».
I PARERI
Nella Conferenza dei servizi che si sta svolgendo sotto la guida della Regione, la Soprintendenza e il Comune di Aquileia hanno espresso il proprio parere contrario, mentre la Fondazione Aquileia, come soggetto interessato, ha trasmesso una propria nota, evidenziando come il Cda della Fondazione avesse approvato, il 24 aprile 2024, il nuovo Piano di gestione, nella quale si è delineata una proposta di ampliamento della zona cuscinetto del sito Unesco incompatibile con la localizzazione dell’impianto. L’iter per l’approvazione del nuovo perimetro è in corso, grazie alla collaborazione dell’Ufficio Unesco del Ministro della Cultura.
Il sindaco di Aquileia Emanuele Zorino sottolinea come gli enti locali abbiano pochi margini di manovra nel caso di progetti nati «sulla scia del decreto energia del 2022, che ha dato delle agevolazioni per gli impianti a energia rinnovabile. Noi come Comune non abbiamo nessun tipo di luogo dove apporre un diniego in merito. La conferenza dei servizi della prossima settimana è consultiva. La norma è ben chiara. Noi già in passato, nell’immediatezza, avevamo presentato un diniego, ma se non esistono appigli burocratici e legislativi i vari servizi non possono dire di no». L’attesa è per le possibili «prescrizioni piuttosto importanti che molto probabilmente la Soprintendenza detterà».
IL SINDACO
«Aquileia è un luogo eccezionale, unico, perciò le scelte relative alla collocazione di questi impianti andrebbero operate in maniera oculata e rispettosa della storia del sito e del territorio circostante, lunga più di duemila anni», ha detto Zorino. Anche il presidente della Fondazione Aquileia, Roberto Corciulo, rileva gli effetti assolutamente controproducenti dell’impianto in progetto: «Condividiamo il parere negativo che il Comune e il Ministero della Cultura, attraverso la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, hanno espresso. Mi sembra paradossale che non si possa trovare una collocazione diversa e più rispettosa di un sito patrimonio dell’umanità per un parco fotovoltaico, che è a tutti gli effetti un impianto industriale. Mi chiedo anche come questa scelta possa conciliarsi con l’alto valore percettivo della Basilica patriarcale e del suo alto campanile».
Secondo lui «sarebbe davvero grave se questa improvvida scelta avesse delle ripercussioni sul mantenimento di quei valori eccezionali universali che abbiamo tutti quanti il dovere di trasmettere integri e inalterati alle future generazioni, mettendo a rischio magari il titolo stesso di patrimonio Unesco come sta avvenendo per altri siti».
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