PESCARA – “Nel processo le garanzie ci sono, non ci sono invece garanzie nella fase del procedimento, dove va in onda un safari, molte volte, di cui noi dovremmo prendere le misure, in particolare nell’attività della polizia giudiziaria. Noi dobbiamo fare in modo che le indagini durino di meno, dobbiamo evitare l’abuso della carcerazione preventiva. Ma la separazione delle carriere non risolve nessuna di queste questioni, genererà anzi la corporativizzazione, la verticalizzazione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero”.
Questo in nuce il pensiero espresso nel suo intervento alla Camera, dal deputato del Partito democratico, Luciano D’Alfonso, già senatore e presidente della commissione Finanze e Tesoro, ex presidente della Regione Abruzzo, ex presidente della Provincia di Pescara, ed ex sindaco di Pescara.
Parole nette, le sue, su un tema che sta infiammando l’agone politico, quello della riforma della giustizia, che ha tra i piatti forti, ed indigesti, la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con due distinti Consigli superiori della magistratura e l’introduzione di un’Alta Corte disciplinare.
Riforma considerata “blindata” dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, del resto tra le priorità della maggioranza del centrodestra di Giorgia Meloni e che però è già è bersaglio degli strali del Csm, nonché degli attacchi delle opposizioni, per le quali il governo mira solo a limitare l’autonomia della magistratura per “autotutelarsi” e garantirsi “l’impunità”, contro “i fantomatici giudici comunisti”.
“Io sogno un pubblico ministero che ha fatto l’avvocato, il giudice, l’imputato, poi faccia il pubblico ministero. Io sogno un giudice che ha fatto il pubblico ministero, l’avvocato e l’imputato. Ci vuole l’intero della realtà per poter procedere a nutrire l’emersione della verità, l’intero, non la parcellizzazione”, ha ancora argomentato D’Alfonso contro la separazione delle carriere.
Una posizione non scontata, quella di D’Alfonso che non ha risparmiato in questi anni critiche sul malfunzionamento della giustizia, professando fede di garantista, tenuto conto che ha vissuto più di una disavventura giudiziaria, uscendo sempre assolto dai processi che lo hanno visto come imputato. Nell’inchiesta Housework D’Alfonso, infatti, in veste di ex sindaco di Pescara, era stato accusato assieme al suo braccio destro Guido Dezio, di presunte tangenti intascate dalla famiglia imprenditrice Toto per favorire appalti pubblici su incarico comunale. E’ stato poi assolto insieme ad altri quattro imputati nell’ambito del processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta relativa alla società PescaraPorto e alla realizzazione di un complesso edilizio nei pressi dell’area ex Edison. La Corte d’Appello dell’Aquila lo ha assolto per non aver commesso il fatto dai reati di truffa e falso nell’ambito del processo Mare-Monti, sulla mancata realizzazione della Strada Statale 81 nell’area Vestina.
E lo stesso D’Alfonso, anche alla luce di queste disavventure, nel 2021 ha fondato l’Associazione 358, che prende il nome dall’articolo del Codice di procedura penale che impone al pm di raccogliere prove, non solo contro, ma anche a favore dell’indagato, e che si batte per l’uso strettamente motivato della della carcerazione preventiva, per maggiori tutele e garanzie dei cittadini indagati davanti agli abusi ed errori dei pm e della polizia giudiziaria.
Ma questo, ha sottolineato con forza D’Alfonso, sono storture che non saranno sanate con la separazione delle carriere, che anzi rappresenteranno un ulteriore vulnus al buon funzionamento della magistratura.
Ha esordito entrando nel merito il deputato D’Alfonso: “la ragione per la quale si fanno le riforme in materia di giustizia è per facilitare l’emersione della verità. E la verità ha un grande nemico, la verosimiglianza. Per l’accertamento della verità noi abbiamo due strumenti temporali, lo strumento temporale del procedimento, lo strumento temporale del processo. Nel processo le garanzie ci sono, non ci sono invece garanzie all’altezza nella fase del procedimento, dove va in onda un safari, molte volte, di cui noi dovremmo prendere le misure, nell’attività della polizia giudiziaria. Quando vengono assunte informazioni dalle persone informate sui fatti, quando ci sono gli interrogatori, voi leggete le relazioni di trascrizione tante volte incomprensibili. A volte sono marchingegni che vengono studiati per sopprimere ciò che si dice”.
Prosegue dunque il deputato: “noi dobbiamo fare in modo che le indagini durino di meno. Noi dobbiamo fare in modo che l’udienza filtro aiuti l’emersione della verità. Dieci anni per accertare la verità sono troppi. Anche quando c’è un risarcimento danni deliberato dal Consiglio di Stato, sono pochi i risarcimenti e troppi gli anni necessari”.
Entrando dunque nel merito della separazione delle carriere, ha proseguito D’Alfonso: “non risolve una di queste questioni. Genera anzi la corporativizzazione, la verticalizzazione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero. Cari colleghi, sapendo che mi anima la stessa intensità riformatrice di chi laicamente vuole fare bene al processo e al procedimento, noi dobbiamo fare in modo che le carriere si possano intersecare, che si integrino, ci siano attraversamenti tra le carriere”.
Ha poi ammonito: “non si fa ogni sei mesi una riforma di questo tipo, perché c’è di mezzo la carne umana dei progetti di vita. Io mi ci sono trovato e ho vinto tutte le volte e ho toccato con mano come a volte il pubblico ministero si trasformi in antagonista, dispiaciuto quando emerge una verità contraria alla sua impostazione. Non va bene questo, la verità ha una sua terzietà, quasi teologica, ed è per questo che l’articolo 358 obbliga il pubblico ministero, nel codice di procedura penale, a ricercare anche le prove a favore dell’indagato. Su questo la separazione delle carriere organizza invece una genuflessione nei confronti di un bastimento ideologico, che non risolverà nulla. In alcune porzioni di quest’aula c’è una grande conoscenza di quello che sto dicendo. Facciamo in modo che questa conoscenza nutra di sé la riforma e non che si generi un pacchetto da propaganda. Per questo io sono contro, e a favore invece di un cantiere che entri nel merito, nel dettaglio, evitando i bastimenti ideologici”. Filippo Tronca
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