Stipendi, lavorare al Nord o al Sud fa la differenza: forbice fino all’11%

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L’Italia viaggia a due velocità in busta paga. Lavorare al Nord e al Sud, ma anche in un’azienda piccola, media o grande può fare la differenza. Decisamente molta differenza, così come anche lavorare nei servizi o nella finanza.

Dimensione aziendale, area territoriale e settore sono i tre fattori che incidono di più sulla retribuzione base annua. Un quadro al Sud guadagna fino all’11,5% in meno della media. Il settore che paga meglio è la finanza: +15% della media

Sono alcuni degli scostamenti emersi nel rapporto del 2024 sulle retribuzioni di Odm consulting che ha analizzato le retribuzioni dei primi 9 mesi del 2023, utilizzando per l’analisi i dati di 900 aziende e riportando le informazioni raccolte a un universo costituito da quasi 8 milioni di lavoratori dipendenti di imprese private, determinato utilizzando i dati Inps.

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La forbice tra Nord e Sud

In media nel 2023 i dirigenti hanno avuto una retribuzione annua base lorda (Rba) di 119.603 euro, i quadri di 61.829, gli impiegati di 34.809 e gli operai di 27.716. Se prendiamo i dirigenti, al nordovest hanno guadagnato il 5% in più della media, al nordest il 3% in meno, al centro il 4% in meno e al sud il 9% in meno, pari a oltre 10mila euro (108.839).

Tra i quadri, nel nordovest si guadagna il 4% in più, nel nordest lo 0,1% in più, al centro il 3,5% in meno e al sud l’11,5% in meno. Gli impiegati del nordovest hanno una Rba del 3,1% in più, quelli del nordest dell’1,8%, mentre al centro dello 0,6% in meno e al sud del 9,3% in meno.

Tra gli operai la situazione è più equilibrata: a nordovest guadagnano il 2,9% in più, a nordest il 3,8%, mentre al centro il 3,4% in meno e al sud il 6,3% in meno.

Le variazioni delle dimensioni aziendali

Differenze importanti vengono determinate anche dalla dimensione aziendale. Per la Rba dei dirigenti si nota una variazione tra piccole aziende (114.819 euro, -4%), medie (118.407, -1%) e grandi (126.780, +6%).

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Nella Rba dei quadri che in media è 61.829, lo scostamento è del -2,7% nella piccola impresa (60.177 euro), del +3,3% nella media (63.861 euro) e del +10,2% nella grande (68.141 euro).

Tra gli impiegati, dove la Rba è a 34.809 in media, nelle piccole aziende è più bassa del 5,2% (32.989 euro), mentre nelle grandi è superiore dell’8,2% (37.647 euro).

Infine nel caso degli operai che hanno una Rba media di 27.716 euro, nelle piccole imprese è inferiore del 10,2% (24.878 euro), nelle medie del 6,1% (26.030 euro) e nelle grandi è superiore del 3,5% (28.692 euro).

Se prendiamo invece le retribuzioni totali annue per i dirigenti il valore è 139.790 euro, per quadri 67.293, per gli impiegati 36.257 e per gli operai 28.488.

 

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Foto: Shutterstock

La pay ratio, ossia il rapporto tra la retribuzione base annua media dei dirigenti e quella degli operai, è di 4,3. Le percentuali di variabile di breve periodo a target, ovvero legate ad un sistema di incentivazione formalizzato, sono tra il 20 e il 35% per i direttori, tra il 18 e il 25% per gli altri dirigenti, tra il 14 e il 18% per i quadri e tra il 6 e il 10% per gli impiegati.

I settori con retribuzioni più alte e più basse

Nel caso dei dirigenti è la finanza a vedere lo scostamento positivo maggiore della Retribuzione base annua (+15% rispetto alla media), seguito dal commercio (+4%).

Le retribuzioni base nel comparto industria restano in linea alla media generale, mentre i servizi vedono uno scostamento negativo del -8%. Per quanto riguarda i quadri, le retribuzioni nella finanza sono allineate alla media, mentre è sotto la media la Rba nei servizi (-6,6%). Sopra la media, invece, i settori commercio (+7,6%) e industria (+5,6%).

I settori finanza e industria hanno le retribuzioni più alte per gli impiegati (rispettivamente +12% e +8% rispetto alla media) mentre servizi e commercio quelle più basse (rispettivamente -7,6% e -6,8%). Infine, per gli operai, le retribuzioni sono più elevate nell’industria (+4,1% rispetto alle media generale) e inferiori nel commercio (-5,9%).

La perdita di potere di acquisto

In questi ultimi anni abbiamo conosciuto un’ascesa costante dei prezzi di tutti i beni, da quelli del carrello della spesa fino alle bollette, per effetto della sequenza pandemia-guerre-choc energetico. Una via senza ritorno perché i prezzi non torneranno indietro, come ci mostra lo scontrino della spesa.

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La conseguenza è stata non solo falcidiare il potere di acquisto di chi ha le buste paga più deboli, ma rendere strutturali nuove abitudini di consumo all’insegna della rinuncia e della sobrietà anche nel ceto medio.

Nel solo 2022, stima Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs, se prendiamo il commercio dove è in corso una trattativa per il rinnovo dei 4 contratti (Confcommercio, Federdistribuzione, Confesercenti, Coop) si è persa oltre una mensilità per effetto della fiammata inflattiva.

Foto: Shutterstock

E recuperare il terreno perduto sul potere di acquisto sembra impossibile, anche perché sui prezzi non sembra esserci alcun arretramento. Il 2024, però, se le stime e le aspettative verranno confermate, dovrebbe essere quello di un’inversione di tendenza, seppure piccola.

Il confronto internazionale

Il trend del delta tra incremento delle retribuzioni e inflazione consente all’Italia di agganciare le grandi economie europee, come la Germania, la Francia e il Regno Unito.

Nel 2023 un delta vicino a quello del nostro paese (-2,3%) è stato registrato in Germania (-2,2%) e nel Regno Unito (-2,8%) dove il tasso di inflazione più alto è stato controbilanciato da una crescita delle retribuzioni medie sopra il 4%.

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Un impatto più lieve c’è stato in Francia e Portogallo (-1,6%) mentre l’incremento resta molto sotto l’inflazione, soprattutto per i paesi dell’est Europa e per la Turchia, quest’ultima con una prospettiva di peggioramento anche nel 2024. L’incremento delle retribuzioni è in linea con l’inflazione in Olanda, Spagna e Svizzera, mentre è sopra l’inflazione (+2,6%) solamente in Belgio, per effetto soprattutto di un sensibile incremento retributivo nel 2023 (+5,1%).

Foto: PIXABAY

In generale le retribuzioni medie sono superiori a quelle italiane per tutti i profili professionali in Belgio, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito e Svizzera. Proprio in Svizzera si registrano le retribuzioni base annue medie (Rba) più alte per tutti i profili, con un picco per i director, che arrivano a percepire una Rba fino a 2,9 volte superiore a quella italiana.

Gli stessi profili registrano invece la Rba più bassa in Turchia, con retribuzioni fino a 2,7 volte inferiori. Sensibile scostamento in positivo per chi ha ruoli operativi in Germania (1,4 volte la Rba italiana) e in negativo per gli stessi profili in Bulgaria (2 volte in meno rispetto alla Rba italiana).

Per i profili manageriali, invece, nel Regno Unito la Rba è 1,6 volte maggiore rispetto all’Italia, mentre in Romania fino a 2 volte inferiore.

Differenze salariali tra Nord e Sud secondo Cgia

Da quanto emerge, le differenze retributive tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e i colleghi del Sud sono molto evidenti: se i primi percepiscono una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, quella dei secondi si ferma invece poco sotto i 1.350.

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Per questo mese nel mese di dicembre, come sottolineato da Cgia, lo spread ha riguardato anche la tredicesima mensilità che viene pagata proprio in questi giorni.

Foto: Ansa

In buona sostanza, quindi, nel Settentrione si guadagna in media quasi il 50% in più rispetto al Meridione: parliamo di una cifra pari, in termini monetari, a 8.450 euro lordi in più all’anno.

Le gabbie salariali

Sebbene le gabbie salariali siano state abolite nel 1972, osserva la Cgia, oltre 50 anni di applicazione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) non hanno mitigato le marcate differenze retributive tra le regioni italiane. Anche se l’obbiettivo, in linea di massima, è stato raggiunto solo a livello intra-settoriale

I motivi

Viene segnalato da Cgia anche quali potrebbero essere i motivi di questa differenza tra Nord e Sud. Queste disuguaglianze salariali molto marcate, spiega, sono legate al caro-vita e alla produttività che sono nettamente superiori al Settentrione rispetto al Meridione. Ma sono legate anche al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente dalla presenza dei contratti a termine (part time involontario, stagionali, intermittenti, etc.), che gravitano in particolare nel Sud

La concentrazione delle multinazionali

Tra i motivi di tali differenze c’è anche la concentrazione delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle Pmi, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente lungo tutto il Paese.

La presenza di queste realtà, infatti, si raccoglie in particolar modo nelle grandi aree urbane del Nord.

Nel 2023

Nel 2023 il monte salari lordo erogato ai 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati presenti in Italia ha toccato i 411,3 miliardi di euro: sono equivalenti a una retribuzione media mensile lorda di 1.820 euro, il 3,5% in più rispetto al 2022 (anche se l’inflazione, sempre l’anno scorso, è cresciuta molto di più, per l’esattezza il 5,7%)

Aree geografiche con gli stipendi più alti

Oltre il 60% dell’ammontare complessivo delle retribuzioni erogate nel Paese sono state pagate ai lavoratori del Nord.

Secondo la Cgia, l’area geografica con gli stipendi medi più alti è Milano: nel capoluogo regionale lombardo la retribuzione mensile media nel 2023 è stata di 2.642 euro. Seguono i dipendenti privati di Monza-Brianza con 2.218 euro e i lavoratori delle province ubicate lungo la via Emilia. Ovvero, Parma con una busta paga lorda di 2.144 euro, Modena con 2.129 euro, Bologna con 2.123 euro e Reggio Emilia con 2.072 euro

Aree geografiche con gli stipendi più bassi

Nella graduatoria nazionale, che include 107 province, la prima realtà geografica del Mezzogiorno è Chieti: occupa il 55esimo posto con una retribuzione mensile media di 1.598 euro. Tra le province con le retribuzioni più “leggere” ci sono Trapani con 1.143 euro, Cosenza con 1.140 euro e Nuoro con 1.129 euro. Maglia nera a livello nazionale è Vibo Valentia, dove i dipendenti occupati in questo territorio percepiscono uno stipendio mensile medio di 1.030 euro

Le tredicesime

Nei periodi di crisi del 2008/2009 e del 2012/2013, numerose piccole e micro imprese a causa della mancanza di liquidità hanno erogato la gratifica natalizia ai propri dipendenti con grave ritardo.

Quest’anno, invece, ha sottolineato che non sembrano esserci problemi e fino ad ora, al netto di alcune situazioni di crisi conclamate, non sono state segnalate criticità particolari nella corresponsione della tredicesima, anche nei settori che hanno subito un significativo rallentamento produttivo (come la filiera automobilistica, il comparto della moda, il legno-arredo e la meccanica).

Stipendi: la classifica delle città

Il dato nazionale, relativo al 2023, è di una Retribuzione Globale Annua (RGA, ovvero comprensiva di parte fissa e variabile) che in media si attesta a 31.442 euro. Sopra questa soglia resta una piccola parte del Paese: nel dettaglio, sette delle venti Regioni e soltanto 35 delle 107 province italiane: malcontato, parliamo di un terzo.

I dati secondo la decima edizione del Geography Index dell’Osservatorio JobPricing, che raccoglie i dati sulle retribuzioni dei lavoratori nel settore privato attraverso il calcolatore dello stipendio giusto di Repubblica.

Nella classifica aggiornata regna l’immobilismo. La Lombardia, come negli anni precedenti, si conferma la regione con le retribuzioni più elevate, seguita da Lazio e Trentino-Alto Adige. E’ questa una novità da podio, visto che scalza la Liguria, spingendola al quarto posto.

In cima alla classifica provinciale, Milano continua a primeggiare con una RGA media di 37.661 euro, seguita da Bolzano e Trieste, che si scambiano le posizioni rispetto allo scorso anno. In crescita anche Siena, che avanza di ben 10 posizioni, pur rimanendo appena sotto la media nazionale.

Di questa frattura trasversale però ci sono segni di ricomposizione. «Da alcuni anni, stiamo assistendo ad una ‘riscossa’ delle province del Sud, che stanno pian piano riducendo il gap rispetto a quelle del Nord, segno che qualcosa si sta muovendo anche nelle aree tradizionalmente meno floride del nostro paese», spiega Federico Ferri, partner di JobValue.

Senza dimenticare il fattore costo della vita: «Alle differenze nelle retribuzioni e nei redditi – conclude Ferri – corrispondono spesso differenze molto significative nel costo della vita, molto più alto al Nord che al Sud. Chiedere ai milanesi per avere conferma».


FOTO: Shutterstock





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