Perché la Danimarca non protesta con Trump sulla Groenlandia

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All’apparente bizzarria delle dichiarazioni di Donald Trump sulla necessità che la Groenlandia venga annessa agli Stati Uniti, si è abbinata nei giorni immediatamente seguenti un’altra vistosa bizzarria che non ha suscitato commenti nonostante la sua evidente enormità: le proteste di Francia e Germania contro i progetti “imperialistici” della nuova amministrazione Usa sono state più veementi di quelle della Danimarca, cioè del paese che esercita la sovranità sulla più grande isola del mondo. Inoltre Berlino e Parigi si sono arrogate il ruolo di portavoce dell’Unione Europea (Ue), la quale invece, come Copenaghen, ha mantenuto un profilo basso.

Mentre le esternazioni del presidente eletto degli Usa sono state analizzate e spiegate alla luce del braccio di ferro con Cina e Russia per il controllo delle nuove rotte artiche liberate dall’innalzamento delle temperature e delle terre rare esistenti in grande quantità sotto il suolo groenlandese, quelle delle capitali europee non si sono meritate alcun approfondimento.

L’Europa, Trump e la Groenlandia

Il cancelliere uscente Olaf Scholz si è affrettato a dichiarare alla televisione pubblica che «il principio dell’inviolabilità delle frontiere si applica a ogni paese, che si trovi a est o a ovest della Germania, e ogni stato deve rispettare questo principio, che si tratti di un piccolo paese o di una grande potenza». Nel frattempo il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, aveva fatto enfaticamente sapere che «è fuori questione che l’Unione Europea permetta ad altre nazioni nel mondo, chiunque esse siano, di attaccare i suoi confini sovrani. Siamo un continente forte. Abbiamo bisogno di diventare ancora più forti».

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I vari portavoce della Ue, invece, dopo avere detto che «la sovranità degli stati deve essere sempre rispettata», si sono rifiutati di elaborare sull’argomento, e alla provocazione dei giornalisti se la Ue avrebbe atteso lo sbarco dei marines in Groenlandia prima di prendere una posizione più decisa hanno risposto che in passato «ci sono state minacce che non si sono materializzate» e che «stiamo parlando di ipotesi decisamente assurde su un’amministrazione che non è ancora entrata in carica».

Euractiv, il sito specializzato in tematiche dell’Unione Europea e dei paesi candidati, ha riassunto: «La Commissione Europea mercoledì 8 gennaio non ha condannato le minacce del presidente eletto degli Usa Donald Trump di impadronirsi della Groenlandia con mezzi militari, mentre Francia e Germania hanno formulato rimproveri più forti».

«La Groenlandia non è in vendita, ma…»

Ancora più moderate le posizioni della Danimarca, che il Financial Times definisce «notevolmente morbide». Il primo ministro danese, la signora Mette Fredriksen, ha ovviamente ribadito che l’isola «non è in vendita», ma ha messo l’accento su altro in tono conciliatorio, dichiarando che «abbiamo bisogno di una cooperazione molto, molto stretta con gli Stati Uniti. D’altra parte, vorrei che tutti rispettassero il fatto che i groenlandesi sono un popolo. Qui è in gioco il loro Paese. Da un lato sono lieta dell’aumento dell’interesse americano per la Groenlandia, ma ovviamente è importante che ciò avvenga in un modo che quel che riserva il futuro sia frutto di una decisione dei groenlandesi».

Donald Trump Groenlandia
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (foto Ansa)

Mentre il ministro degli Esteri Lars Løkke Rasmussen si è detto disponibile a discutere con gli Stati Uniti «come possiamo eventualmente cooperare ancora più strettamente di quanto già facciamo per garantire che le ambizioni americane nell’Artico siano soddisfatte». E la deputata groenlandese del partito Siumut nel parlamento danese Aki-Matilda Høegh-Dam ha dichiarato che i commenti di Trump «sono diretti più a Panama che alla Groenlandia» e che «evidenziano la crescente importanza geopolitica della Groenlandia. Sottolineano l’assoluta necessità di un dialogo costruttivo. Mentre non interpreto i rilievi di Trump come una minaccia di uso della forza militare contro la Groenlandia o la Danimarca, essi suggeriscono che gli Stati Uniti potrebbero sentirsi obbligati ad agire se il regno di Danimarca si dimostrasse incapace di affrontare i problemi della sicurezza efficientemente».

La base militare Usa in Groenlandia

Com’è noto, in Groenlandia esiste la base militare statunitense più settentrionale del mondo, la Pituffik Space Base, cruciale per difendere da attacchi missilistici da nord gli Stati Uniti attraverso un sistema di radar e di difese antimissilistiche. La presenza delle forze armate danesi si limita a 75 uomini per un’isola grande sette volte l’Italia e abitata da 57 mila persone sparse lungo centinaia di chilometri di coste. Recentemente il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen ha fatto sapere che il paese nordico investirà fino a 2 miliardi di dollari in nuove navi, droni, squadre di cani da slitta, aumenterà il personale del suo Comando Artico ed estenderà una pista aeroportuale per rendere possibile l’atterraggio degli aerei F-35 sull’isola.

Come si spiega la moderazione danese su Trump

Come si spiega tanta moderazione? Con la strettissima per quanto poco confessata alleanza da tempo esistente fra danesi e americani, a scapito di altri paesi della Ue. Scrive Emmanuel Todd nel suo La sconfitta dell’Occidente: «La Danimarca si comporta ormai da tempo come una succursale dei servizi di intelligence americani. Ha partecipato alle intercettazioni telefoniche di Angela Merkel. Insieme con la Nsa (la National Security Agency americana – ndr) è stato allestito su una piccola isola a est di Copenaghen un centro di raccolta e archiviazione dati per spiare, più che i russi, gli alleati occidentali. (…) La Danimarca è diventata di fatto membro del club Five Eyes che, ricordiamolo, raggruppa Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda».

Todd si riferisce alle azioni di spionaggio informatico americano ai danni di paesi alleati come Germania, Svezia, Norvegia e Francia grazie alla complicità dei servizi segreti danesi (il Forsvarets Efterretningstjeneste, Fe, cioè l’agenzia dell’intelligence militare) fra il 2012 e il 2014, svelate solo nel 2021 da un servizio della tivù pubblica danese. Il governo ha sempre scaricato le responsabilità dell’accaduto sui vertici del Fe, che avrebbero agito senza informare i superiori di livello politico, ma la credibilità di questa ricostruzione è difficilmente credibile.


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A essere intercettati dagli americani grazie al supporto danese furono soprattutto esponenti politici tedeschi: fra il 2012 e il 2014 la Nsa avrebbe avuto accesso, attraverso la Danimarca, agli sms, alle telefonate e alle attività su internet (comprese le chat e i servizi di messaggeria) non solo di Angela Merkel, ma dell’allora ministro degli Esteri e oggi capo dello Stato Frank-Walter Steinmeier, e dell’allora candidato socialdemocratico alla cancelleria Peer Steinbrück.

Quell’indizio nel 2023

Indizio degli stretti ed esclusivissimi rapporti in materia di sicurezza fra Usa e Danimarca è anche il fatto che nel 2023 fu la danese Margrethe Vestager, commissario europeo per la Concorrenza, a cercare di imporre Fiona Scott Morton, economista americana specializzata nelle procedure antimonopolistiche, a capo del direttorato generale del suo ufficio. Sarebbe stata la prima volta che una personalità statunitense ricopriva un ruolo così importante all’interno di un’istituzione dell’Unione Europea.

La nomina fu bloccata soprattutto per l’opposizione da parte francese. Scott Morton è stata consulente della Commissione Giustizia della Camera degli Stati Uniti nella sua indagine del 2019 sui giganti delle tecnologie informatiche e ha contribuito a rapporti critici nei confronti di Facebook e Google, ma non ha previamente rivelato il suo conflitto di interessi rispetto a Apple e Amazon, che erano stati suoi clienti.

L’accordo di cooperazione tra Danimarca e Stati Uniti

Di fronte a tutto ciò Mikkel Runge Olesen, ricercatore capo del Danish Institute for International Studies, commenta: «È una situazione molto spinosa per la Danimarca. La Danimarca è stata estremamente accomodante nei confronti degli Stati Uniti in Groenlandia. Quindi è sconcertante che gli Stati Uniti abbiano bisogno di fare quello che stanno facendo, perché hanno già carta bianca». Non è esattamente così.

Nel dicembre 2023, dopo diciotto mesi di negoziati, la Danimarca e gli Stati Uniti hanno concordato un accordo bilaterale di cooperazione in materia di difesa (Dca). «L’accordo», si legge nel comunicato del ministero della Difesa danese, «consentirà una presenza più permanente del personale militare americano in specifiche installazioni militari in Danimarca. Esso prevede che il personale e il materiale americano possano essere stazionati presso specifiche installazioni militari danesi sia a breve che a lungo termine. Nello specifico, l’accordo consentirà al personale americano l’accesso a tre basi aeree danesi a Karup, Skrydstrup e Aalborg. Le Isole Faroe e la Groenlandia non sono coperte dall’accordo». Scommettiamo che presto l’accordo sarà emendato e coprirà anche la Groenlandia?

@RodolfoCasadei

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