Formiche da non calpestare («se le vedo») e la vita senza serie tv: Meloni alla conferenza stampa di inizio anno

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di
Fabrizio Roncone

La premier: «La serie su Mussolini in tv? Non ho tempo, ho guardato solo il caso Claps»

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Sulla Moleskine, a quasi due ore dall’inizio, pochi appunti scarabocchiati: non perderti la storia delle formiche, ricordare che è la prima conferenza stampa della Meloni dopo un anno esatto (lei s’è giustificata dicendo di aver risposto, nel 2024, a 350 domande, tipo una al giorno: ma come le hanno calcolate? Boh), in prima fila c’è il ministro Nordio, il sottosegretario Mantovano è seduto accanto alla quasi sottosegretaria Scurti (evitare di scrivere che della premier è amica e temuta consigliera, psicologa e guardia del corpo, ombra e ombrello, perché tanto lo sanno già tutti), il ministro Foti in piedi, in piedi pure qualche cronista (meno male che è l’Ordine dei giornalisti ad aver organizzato, qui, nell’aula dei Gruppi parlamentari), spiegare che qualche domanda sembra un po’ troppo apparecchiata, ancora nessuno che la incalzi su lavoro, disoccupazione e pensioni, nessuno che osi ricordarle quanto e come il suo governo avesse promesso di abbassare le tasse, zero domande sull’evasione fiscale, tutti battono su Musk, l’arrogante e pericoloso Musk, siamo ossessionati da questo Musk, metti che le luci al neon sono ipnotiche e conciliano un certo abbiocco, in più fa caldo, non c’è acqua (scrivere che ormai qualche bottiglietta d’acqua te la danno anche nelle conferenze stampa in Burkina Faso), comunque Giorgia sembra quella più in forma, forse fresca di parrucchiere, lucida, con lampi di spavalderia, a lungo sorridente, spesso divertita, scura solo quando parla della sorella Arianna (allude a un complotto?) e della sezione romana di Acca Larentia (appurare se davvero è finita in mano ai fasci di Casa Pound grazie a Fratelli d’Italia), sottolineare che aver riportato in Italia Cecilia Sala poche ore fa è stato per lei un clamoroso colpaccio mediatico e politico, spiegare bene che, quando parla di Trump, la Meloni è già nel ruolo della leader europea incaricata, e forse autorizzata, a interpretarne parole e strategie.

Quanto manca alla fine?
C’è tempo per riordinare le idee. Allora: un anno fa, la Meloni apparve tesa e suscettibile, a tratti faziosa, pronta a rimuovere interrogativi scomodi e a rivendicare successi non accertati, fece un po’ di annunci da pura propaganda, rintuzzò aspramente, ebbe botte di vittimismo, le affiorava ancora prepotente dalla pancia il vecchio mantra del noi di destra, noi per una vita all’opposizione. La sensazione, stavolta, è nettamente diversa: s’è presentata con la postura d’un capo di governo forte e autorevole, riconosciuto. La conferenza stampa è stata preparata nei dettagli, nessuna domanda la coglie impreparata, non sbaglia verbi, aggettivi. 




















































È netta: «Mai parlato di Starlink con Musk». Fa la faccia sincera: «Nemmeno io ho le idee chiare». Usa l’ironia come sa usarla lei, da arma retorica tagliente: «Fatemi capire, però… Musk non vi piace perché è di sinistra?». Allora le ricordano certe sue violente ingerenze. E lei, polemica: «Vogliamo parlare delle ingerenze di Soros, che va in giro a finanziare associazioni e altro?» (bisognerebbe ribattere che Soros è un privato cittadino, mentre Musk si appresta a entrare con un ruolo nell’amministrazione Trump: ma vabbé, sono già passati oltre).

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Un’altra cosa, intanto, bisogna però appuntarsela: Matteo Salvini può dedicarsi (e sarebbe ora) a cercare di far arrivare puntuale qualche treno e a farci trovare i taxi nelle città. Il ministero dell’Interno può scordarselo. «Piantedosi è un ottimo ministro. Un rimpasto non è all’ordine del giorno». La premier è un po’ più vaga, o realista, oppure in qualche modo rassegnata, sul complicato percorso delle riforme: premierato, giustizia, autonomia. 

Ma, come scritto prima, di botto diventa cupa, accigliata, quando parla della sorella. «No, non penso che i giudici l’abbiano messa nel mirino. Però è chiaro che, contro di lei, o c’è una strategia, o siamo nella cialtroneria». Capito: domande almeno sfiziose? Eccone un paio. «Vedrà la fiction su Mussolini? Ha letto i libri di Scurati?». E lei: «Non ho tempo, purtroppo. Sono riuscita a vedere solo la serie “Per Elisa – Il caso Claps”… ottima, tra l’altro».

Descrive la felicità per la liberazione della Sala, dice che si ricandiderà «se sarò utile», ammette di condividere la norma anti-Renzi (con lui che, quasi in tempo reale, replica via agenzie) e poi prova a spiegarci cos’ha in testa Trump: «Sulla Groenlandia manda messaggi alla Cina... Quanto invece all’Ucraina, non prevedo un suo disimpegno» (notiziona). Nel frattempo arrivano finalmente anche le domande su economia e lavoro (Jacopo Matano del Tg3) e sulle tasse che ci massacrano (Max Scafi del Giornale, quirinalista di antico rango).

Poi ci sarebbe la storia delle formiche. Riguarda la domanda di Alexander Jakhanagiev, direttore di Agenzia Vista, uno dei 40 giornalisti ai quali è consentito di porre un quesito: «Presidente, lei le calpesta? Mia nonna diceva che se uno le calpesta, poi piove». E lei, ridendo: «Oh… beh… Se le vedo, no, non le calpesto».

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Ormai siamo a quasi tre ore di conferenza stampa. Gente stremata. Stordita. Chissenefrega pure dell’evasione fiscale. Una collega, mi sussurra all’orecchio: «Ma quello che vedo lì dietro, vestito da elfo, è Fazzolari?». Scherza. Forse.

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10 gennaio 2025 ( modifica il 10 gennaio 2025 | 09:01)

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