Quando salta la catena che impedisce al camion che apre il corteo di entrare in piazza del Popolo e ci si rende conto che la grande arena all’imbocco di via del Corso illuminato a Natale è destinata davvero a riempirsi, si capisce che la missione è davvero compiuta. Basta un colpo d’occhio per riconoscere l’importanza di una giornata che molti aspettavano da troppi anni, da tutto il tempo che è passato affinché un corteo nato autoconvocato, dal basso, dei movimenti, trascinasse con sé decine migliaia di persone, tutti i partiti dell’opposizione e uno schieramento largo e plurale.
I PRIMI a strabuzzare gli occhi sono gli adolescenti, che non avevano mai assistito a una scena del genere. Ma quando il serpentone si dipana lungo via Regina Margherita, strada larga e rettilinea, e la gente di dispone fitta si scambiano qualche sguardo di incredulità anche quelli che hanno qualche anno in più di esperienza. «Siamo centomila!» è l’urlo liberatorio che comincia a circolare quando il fiume di gente ridiscende dai Parioli verso le mura aureliane.
SI PARTE, come da programma, alle 14 dal Verano. Già questa puntualità è una notizia, perché non c’è bisogno di aspettare che la piazza del concentramento sia sufficientemente gremita. L’altra notizia, dopo ore di pioggia a diritto e la capitale bloccata dalla tempesta perfetta del traffico prenatalizio, dello sciopero del venerdì e del maltempo, è che spunta il sole. E allora il convoglio dei manifestanti si può muovere. Si procede a passo sostenuto, perché tutti sono consapevoli che li aspettano quasi quattro chilometri di marcia e dunque c’è poco tempo da perdere per arrivare a destinazione. In questo flusso rapido si susseguono gli studenti, l’Arci, i centri sociali del nordest e quelli di Napoli, i coltivatori di canapa. Al centro si dispongono gli operai della Gkn con il grande striscione «Insorgiamo». «Più ci criminalizzano e più dobbiamo stare appiccicati e appiccicate – spiegano – Questo ddl è qui per impedirci di trasformare la società con la lotta». Christopher Ceresi dei municipi sociali di Bologna la mette così, parlando dal camion: «Questa è la prima vera grande manifestazione di opposizione al governo Meloni».
POI I CENTRI sociali romani Esc, Casale Garibaldi, Communia e Acrobax che marciano dietro lo striscione «La vostra guerra è la nostra insicurezza». E la Cgil, che ha partecipato in modo vistoso e aderito coi comparti di Flc, Fiom, Flai. Gianna Fracassi, segretaria di Flc, lancia il grido di battaglia: «No Pasaran!». «Abbiamo bisogno di sicurezza, non del ‘ddl paura’ del governo – dice Michele De Palma per la Fiom – La sicurezza è quella di avere un posto di lavoro, di non morire nei luoghi di lavoro, di avere un salario dignitoso. La sicurezza di impedire i femminicidi, la sicurezza di avere scuola, università, sanità. Questo ddl serve a impedirci di manifestare, di scioperare. Ma non ci fermeremo». «Il ddl sicurezza colpisce la democrazia, va ritirato immediatamente» è la sintesi del segretario organizzativo della Cgil Luigi Giove.
PIÙ DIETRO ci sono i partiti. Giuseppe Conte del M5S si affaccia per una dichiarazione poco prima di andare ad Atreju (si registra qualche fischio), per il Pd si intravedono anche Filippo Sensi, Antonio Misiani, Francesco Boccia e Laura Boldrini. Nicola Fratoianni parla direttamente dal camion che guida il corteo. Alla fine della giornata non riesce a nascondere la sua soddisfazione per una scommessa che settimane fa aveva intrapreso solo il suo partito (le altre adesioni sono arrivate in un secondo momento). Maurizio Acerbo di Rifondazione tiene lo striscione della Rete «A pieno regime». Sparpagliati tra la folla gli attori: Elio Germano, Michele Riondino, Valerio Mastandrea.
POCO PRIMA di entrare in villa Borghese, gli attivisti dei movimenti di lotta per la casa hanno piazzato delle tende e rivendicato il diritto all’abitare in città troppo spesso diventate alberghi. E sotto il grande albero di Natale piazzato al centro dell’area verde sono stati piazzati dei pacchi regal che rivendicavano il diritto al dissenso e la libertà di manifestare. «Questo è solo il primo passo – urlano gli studenti – È tempo di una opposizione permanente e diffusa che accolga tutti quelli che vogliono contestare il governo». Giove Pluvio controlla il cronometro e si fa sentire: riprende a piovere esattamente a fine corteo.
PROSSIMO appuntamento: tre giorni di assemblee, incontri, discussioni a Roma dal 10 al 12 gennaio dell’anno nuovo. Il cammino ricomincia. La maggior parte di questa gente in questi anni non ha smesso di muoversi, ma un nuovo immaginario e un patto di mutuo soccorso consente di federare le singole lotte e persino le solitudini. Per trasformarle in qualcosa di più forte.
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