Giudicato implicito e clausole vessatorie: rimessione alla Corte UE

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Il Tribunale di Brindisi, con ordinanza del 12 settembre 2024, in tema di superamento del giudicato implicito, ha rimesso alla Corte di Giustizia UE, la questione della rilevabilità d’ufficio, in sede esecutiva, della violazione della normativa consumeristica, quando il decreto ingiuntivo sia già stato opposto ma solo per ragioni che esulano dalla vessatorietà delle clausole della fideiussione oggetto di giudizio, e l’opposizione sia stata definita con sentenza passata in giudicato.

La tematica attiene a quella oggetto della storica pronuncia della Corte di Giustizia del 17 maggio del 2022, che ha dettato i principi in materia di superabilità del giudicato relativo a decreto non opposto (giudicato implicito), ogniqualvolta sia in contrasto con la disciplina consumeristica; pronuncia cui sono seguite le SS.UU. n. 9479/2023, con il noto decalogo che conforma i poteri del Giudice della cognizione e dell’esecuzione.

I quesiti posti alla Corte di Giustizia sono i seguenti: 

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A) Se, ed a quali condizioni, il combinato disposto degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, osti ad un ordinamento, come quello nazionale, che preclude al Giudice dell’esecuzione (in sede di istanza di sospensiva e, quindi, di cognizione sommaria, oppure in sede di trattazione del merito dell’opposizione all’esecuzione), di effettuare un sindacato intrinseco di un titolo esecutivo giudiziale passato in giudicato, d’ufficio o su richiesta del debitore, nonché di accertare una simile vessatorietà, anche solo in via incidentale e sommaria e/o di concedere un termine per l’introduzione di un giudizio di opposizione tardivo, al fine di far accertare dal Giudice della cognizione la predetta vessatorietà. Ciò, allorquando, concorrano le seguenti condizioni:

  1. sia stata proposta un’opposizione a decreto ingiuntivo per ragioni che esulano dalla vessatorietà delle clausole del contratto di fideiussione e la stessa sia stata definita con sentenza passata in giudicato (che investa implicitamente la mancata vessatorietà di una clausola contrattuale);
  2. non vi sia stato il controllo di abusività in sede monitoria o di giudizio di opposizione;
  3. né, in sede di genesi e emissione del decreto ingiuntivo, vi sia stata l’informazione diretta all’ingiunto della possibilità di avvalersi della tutela consumeristica;

B) Se, in tale fattispecie, ai fini della predetta valutazione di compatibilità della disciplina interna, assuma rilievo, anche solo ad abundantiam, che il consumatore acquisisca consapevolezza del proprio status dopo la proposizione della prima tempestiva opposizione e tale presa di coscienza sia stata precedentemente preclusa dal diritto vivente (che disconosceva in capo ad esso la qualità di consumatore solo perché garante, senza distinguere secondo lo scopo obiettivo della garanzia).

La questione pregiudiziale, in altri termini, posta dal reclamante, è volta a chiarire se i principi affermati dalla sentenza a SS UU di Cassazione n. 9479/2023 sul giudicato implicito possano o meno essere estensibili anche al caso di decreto ingiuntivo opposto, e definito con sentenza passata in giudicato, e, quindi, anche al caso in cui il titolo si sia formato a seguito di giudizio a cognizione piena, quale è quello che si apre a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo: ciò in quanto il principio di effettività della tutela del consumatore dovrebbe essere applicato non solo ai decreti ingiuntivi non opposti, ma anche alle decisione emesse nell’ambito di un giudizio a cognizione piena, in cui non sia stata rilevata l’eventuale abusività delle clausole contrattuali, ed il Giudice nazionale dovrebbe sempre rilevare d’ufficio l’applicabilità della Direttiva n. 93/13.

Nel caso di specie il debitore, che, in passato, aveva proposto rituale opposizione alla pretesa monitoria, per ragioni che esulavano dalla vessatorietà delle clausole del contratto di fideiussione, ora, in sede esecutiva, a fronte della giurisprudenza sovranazionale sopravvenuta sulla qualifica del garante quale consumatore, aveva articolato una nuova opposizione, deducendo di avere concluso il contratto di fideiussione in qualità di consumatore ed elencando alcune clausole della cui vessatorietà ha dichiarato di volersi valere: non sarebbe quindi prefigurabile in concreto, secondo il Tribunale di Brindisi, alcuna inerzia se non nel far valere le sole ragioni di doglianza fatte valere in sede di opposizione all’esecuzione e il debitore-consumatore aveva sempre assunto un ruolo processualmente propulsivo.

Il Tribunale evidenzia infatti che il caso potrebbe essere ascrivibile alla categoria della c.d. anticomunitarietà sopravvenuta, poiché al momento della emissione del decreto ingiuntivo (2014), non vi erano ancora state le decisioni con le quali la Corte di Giustizia UE aveva indicato i parametri alla stregua dei quali anche il fideiussore può essere considerato consumatore (Corte di giustizia UE, 14 settembre 2016, C-534/15, Dumitraş e 19 novembre 2015, C-74/15, Tarcău).

Inoltre, la costante giurisprudenza di legittimità escludeva che fosse qualificabile il fideiussore, garante di una persona giuridica, in termini di consumatore, in quanto, prevalendo una concezione, essenzialmente, ancillare della fideiussione, si riteneva che al garante fosse estendibile, secondo un rigido automatismo, la stessa veste del garantito.

Pertanto, pur essendo in astratto prevista la possibilità per un qualsiasi consumatore di far valere, anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, la vessatorietà delle clausole contenute nel contratto concluso con il professionista, una simile possibilità era, stante il diritto vivente illo tempore vigente preclusa, di fatto, all’opponente.

Il Tribunale si chiede pertanto se, nella situazione in concreto ricorrente, il diritto vivente relativo alla non qualificabilità del fideiussore come consumatore e vigente al momento della formazione del titolo esecutivo, possa costituire un elemento idoneo a rendere difficile l’esercizio dei diritti al consumatore attribuiti dalla disciplina nazionale di recepimento della Direttiva 93/13/CEE: si renderebbe quindi opportuno verificare se l’esigenza di assicurare una tutela effettiva al debitore consenta di effettuare un sindacato sulla vessatorietà delle clausole di un contratto in base al quale è stato ottenuto un decreto ingiuntivo; ciò nonostante la formazione di un giudicato, solo implicito, sulla non vessatorietà del contratto, che aveva qualificato come non vessatorie delle clausole pattuite nel contratto di fideiussione, in conseguenza della sola mancata specifica deduzione in occasione della proposta opposizione al decreto ingiuntivo, oggetto di giudicato implicito.

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Il Giudice rimettente si chiede quindi se le esigenze di certezza, di stabilità delle situazioni giuridiche, cosi come di tutela del legittimo affidamento, che sono a fondamento base del giudicato si pongano nella medesima misura, tanto in caso di giudicato esplicito, quanto in caso di giudicato implicito, oppure se gli artt. 6 e 7 della Direttiva 93/13/CEE, letti alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, consentano il superamento del giudicato implicito allorquando la decisione passata in giudicato (implicito) sia manifestamente in contrasto con il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

Il Tribunale passa inoltre in rassegna tutti i diversi orientamenti giurisprudenziali di legittimità e di merito che si sono formati successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite richiamata, con particolare focus sui poteri del Giudice dell’esecuzione di verificare la sussistenza di clausole abusive nel contratto a fondamento del titolo esecutivo, evidenziando il passaggio da una concezione “monolitica” del G.E. quale mero attuatore di una regola aliunde formata, a quello di organo giurisdizionale, dotato di funzioni “composite”, non solo esecutive ma, anche, di natura cognitiva (e non più strettamente ancillari).



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