Sono in arrivo nuovi obblighi sul territorio comunitario in materia di raccolta differenziata per i rifiuti tessili: si prevedono anche multe per chi elude le regole.
Questa volta l’Italia si è mossa molto prima di tutte le altre nazioni, in anticipo rispetto all’obbligo europeo, sarà per il nostro legame con il mondo dell’alta moda oppure per la nostra immagine di popolo ‘elegante’ e sempre in ordine, già a partire dal 1° gennaio 2022, grazie al Decreto Legislativo n. 116/2020, il nostro Paese ha sperimentato modalità di raccolta differenziata per i rifiuti tessili.
Non solo vestiti e accessori di abbigliamento, ma anche biancheria per la casa, coperte, tessuti di arredo, scarpe e borse. Un’iniziativa che ha permesso e di sensibilizzare i cittadini sull’importanza di questo gesto che ha come obiettivo principale quello di intercettare e recuperare la maggior quantità possibile di materiale tessile, evitando che finisca in discarica o negli inceneritori.
L’Europa corre ai ripari: nuovi obblighi normativi a partire da quest’anno
Ora tutta l’Europa corre ai ripari, con un obbligo normativi che coinvolge, dal 1 gennaio 2025, tutti i Paesi Ue che saranno vincolati a avviare un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti tessili e sistemi di raccolta differenziata per i rifiuti tessili e prevede anche multe. Un cambio di passo storico che vede coinvolti tutti i cittadini dell’Unione europea e che mira a ridurre l’impatto ambientale di un settore, quello tessile, spesso sotto accusa per il suo elevato tasso di inquinamento e per i danni prodotti soprattutto nei paesi più poveri, come l’India, dove le immagini di montagne di tessuti di scarto che intasano fiumi e baie sono divenute virali sui social di tutto il mondo.
Secondo gli ultimi dati resi pubblici dall’AEA, Agenzia Europea Ambiente, nel 2020, l’UE-27 ha generato un totale stimato di 6,95 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, con un impatto a persona/anno di circa 16 kg. Di questa grossa quantità di rifiuti solo 4,4 kg a persona, meno del 28%, sono stati differenziati al momento dello scarto, mentre i restanti 11,6 sono finiti nei rifiuti domestici misti, nella frazione secco/indifferenziato. Oltre l’80% di questi rifiuti tessili era il risultato diretto di uno scarto del consumatore, solo la restante parte, circa il 20% proveniva invece da rifiuti di produzione o da tessuti invenduti. Dati però secondo l’Agenzia non sempre comparabili e elaborabili poiché ogni Stato presenta diversi sistemi di raccolta in e addirittura esistono diverse ‘interpretazioni’ delle categorie di rifiuti che fanno computare, ad esempio, i prodotti tessili raccolti per il riutilizzo non come rifiuti ma come prodotti appunto.
Il problema della tracciabilità degli scarti tessili
Proprio su quest’ultimo tema però si aprono contenziosi e dati molto discordanti tra loro, dando vita a una difficoltosa, se non impossibile tracciabilità degli scarti tessili provenienti dalla filiera direttamente, di lavorazione, precedenti all’immissione sul mercato e al consumo ed anche sulla quantità di tessuti invenduti. Si stima che il 4-9% di tutti i prodotti tessili immessi sul mercato in Europa venga distrutto prima dell’uso, per un totale valutato tra le 264.000 e le 594.000 tonnellate di prodotti tessili all’anno.
Più di recente quasi tutte le nazioni europee hanno avviato metodologie per intercettare i tessili gettati dai cittadini, ma con risultati ancora scarsi  come segnalato dall’Agenzia Europea per l’ambiente (AEA) nel suo report ‘Management of used and waste textiles in Europe’s circular economy’, ribadendo come la maggior parte dei rifiuti tessili in Europa finisca nei rifiuti misti e come sia urgente oltre che differenziare, anche migliorare la capacità di selezione e riciclaggio, per garantire un ri-uso più importante dei prodotti tessili ancora in buono stato ma anche un loro riciclo laddove non siano più utilizzabili così come sono, vigilando e evitando che i prodotti tessili raccolti finiscano negli inceneritori, nelle discariche o vengano esportati in Paesi più poveri, al di fuori dell’UE.
Un importante margine di miglioramento nei sistemi di raccolta differenziata dei prodotti tessili è alla nostra portata. I valori di riciclo più alti si registrano in Lussemburgo (50%) e in Belgio (50%) seguiti dai Paesi Bassi (37%) e dall’Austria (30%) Tutti questi Paesi, sottolinea l’Agenzia, offrono sistemi di raccolta diversi a seconda dei vari livelli di urbanizzazione.
L’impatto dei rifiuti tessili sull’ambiente
Le motivazioni che hanno spinto l’Unione europea a introdurre questa nuova normativa sono numerose e sempre più comprensibili anche dai meno attenti alle tematiche green. Necessità di ridurre l’impatto ambientale del settore tessile credibilmente responsabile di una quota significativa delle emissioni globali di CO2 e dell’inquinamento delle acque, con stime che vedono la produzione tessile contribuire tra il 2% ed al 10% delle emissioni mondiali di anidride carbonica. Più grave l’impatto sui corsi d’acqua con una stima del 20% nell’inquinamento delle acque dolci e a una percentuale compresa tra il 16% e il 35% dell’inquinamento degli oceani se computiamo anche quello causato dalle microplastiche.
Secondo letteratura scientifica attendibile a cui il documento dell’agenzia fa riferimento, in Europa esistono 17 aziende attive di riciclaggio tessile, che si occupano di riciclare circa 1,3 milioni di tonnellate di fibre all’anno. Un dato che anch’esso potrebbe essere sottostimato, visto il database open source “Textiles Sorting and Recycling database“, fornito da WRAP, che mappa i selezionatori di tessuti, i prelavoratori, i riciclatori e i filatori di filati all’interno dell’UE e del Regno Unito. Nel 2023/24 questo database conteneva un numero di oltre 50 riciclatori da fibra a fibra, sia chimici che meccanici, alcuni dei quali in fase di sperimentazione.
Multe per chi sgarra su raccolta differenziata per i rifiuti tessili
Ogni cittadino dovrà comunque porre la massima attenzione ai suoi comportamenti quotidiani, tutti gli abiti usati, deteriorati o semplicemente non più alla moda, andranno gettati negli appositi contenitori che ogni Comune dovrà predisporre sul proprio territorio. Una volta raccolti, i rifiuti tessili verranno divisi, disinfettati quindi messi a recupero. I capi in buono stato potranno essere riutilizzati direttamente, mentre quelli danneggiati verranno sottoposti a processi di riciclo per ottenere nuove fibre o materiali. Attenzione massima perché chiunque continui a gettare i propri abiti nell’indifferenziata rischia multe molto salate, che potranno arrivare fino a 2.500 euro.
Responsabilità estesa anche al produttore
Infine nel progetto Eu di ridurre l’impatto ambientale del settore e promuovere l’economia circolare, introducendo l’obbligo di raccolta differenziata per i tessili, svolge un ruolo chiave il principio introdotto di recente nella normativa, la responsabilità estesa del produttore -Extended producer responsibility-EPR. Questa normativa impone ai produttori di prodotti tessili di farsi carico della gestione dei rifiuti derivanti dai loro prodotti, incentivando la progettazione di capi più durevoli e facilmente riciclabili. Un sistema EPR ad oggi è obbligatorio solo in Francia, Ungheria e Paesi Bassi, e volontario nella regione delle Fiandre (Belgio). Inoltre, la Croazia obbliga i produttori tessili a facilitare la raccolta del tipo di prodotti tessili che immettono sul mercato.
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