Massimo Cacciari e il futuro di Zaia: «Luca candidato sindaco di Venezia può farsi male. È Meloni a dare le carte ma ha un nome per il Veneto?»

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Silvia Madiotto

Il filosofo ed ex sindaco della città lagunare: centrosinistra fuori gioco, punti sul capoluogo

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Guarda questo Veneto in fibrillazione da osservatore (quasi) esterno Massimo Cacciari, professore, filosofo, già sindaco di Venezia. Ma da profondo conoscitore e consapevole analista.

Professor Cacciari, si va verso il voto per la Regione. Lei, come la vede?
«Intanto, vediamo se davvero non ci sarà un altro mandato per Zaia. In Veneto ormai si sono dissolte tutte le ideologie e mitologie che appartengono a un passato remoto. La storia del “miracolo veneto”, che pure aveva una base di realtà, ora vive una tremenda decadenza, come quella complessiva del Paese, sotto tutti i profili. È quindi una situazione molto più difficile di quella che si sono trovati a gestire Zaia e prima di lui Galan. È un Veneto diverso, meno arrembante, meno forte».




















































E sul fronte politico?
«Chiunque governerà, troverà una situazione più difficile dei suoi predecessori. Ma c’è un problema politico interno al centrodestra evidente. Dovranno accordarsi, se lasciare la Regione alla Lega o pensare a un cambiamento. È difficile che Salvini e la Lega, nelle condizioni di oggi, possano garantirsi tutte le posizioni, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, qualcosa devono mollare. Ed è difficile che Salvini molli la Lombardia. Quindi, il problema sarà della Lega del Veneto».

Sul Veneto infatti ci sono le mire di Fratelli d’Italia, primo partito. È una svolta epocale, dopo i 15 anni di Forza Italia e i 15 della Lega?
«Non direi epocale. Ma chi ha, da proporre, Meloni? C’è una tale miseria di classe politica in Veneto… Non peggio che a livello nazionale, sia chiaro. Magari Meloni ha un candidato forte, vedremo».

Però sarebbe la prima volta di un partito di destra alla guida del Veneto…
«Meloni ha una grande abilità di conformarsi. E anzi, oggi è la Lega ad essere guardata con sospetto sul piano europeo e sulle politiche economiche. Se non fosse per Giorgetti sarebbe già stata messa ai margini. Meloni invece si è “riverginata” come la più fedele rappresentante dell’atlantismo e del neoliberismo internazionale. Più complicato far passare, a livello mediatico e istituzionale, un salviniano che un meloniano».

La Lega minaccia di correre da sola. Ce la farà?
«Macché, tutto ha fatto la Lega in questi 30 anni fuorché farsi del male. Alla fine troveranno un accordo, a meno che non succedano casini. Ma la leadership di Meloni è saldissima, ha credibilità e sarà lei a dettare le regole. Anche sulle candidature».

Fra i 15 anni di Zaia e quelli di Galan vede differenze?
«Nessuna. Senza chiacchiere, senza esibizioni, hanno tenuto la stessa linea. Zaia è una persona per bene. Si è mosso sempre con misura, facendo niente di particolare ma neanche di particolarmente spregevole».

Per Zaia si parla anche della candidatura a sindaco di Venezia, come lei. Che ne pensa?
«È una possibilità, se viene silurato dalla Regione, e a quel punto il centrodestra se non vuole farsi male ha solo questa candidatura da tentare. Ma è difficile, non glielo consiglierei: dopo il massacro di Brugnaro è dura. Non so in base a quale calcolo Zaia dovrebbe rischiare la pelle. Ha amministrato la Regione, Venezia è altra cosa, sarebbe un paracadutato. C’è un “nazionalismo venezia-centrico” delicato».

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Lei diceva che manca classe dirigente. Ma ci sarà un nome in Veneto di valore…
«Manco li conosco, manco so chi sono. Uno spettatore da fuori conosce solo Zaia e Brugnaro, mal per lui, per la situazione che si è determinata a Venezia e nel suo partitino. Gli altri, chi sono? Torniamo indietro di due generazioni: Visentini, De Michelis, Pellicani, Bernini, hanno fatto la storia, plenipotenziari dei partiti nazionali. E adesso? Quelli di oggi fanno ridere».

Il centrosinistra è ai margini del dibattito. Secondo lei che ruolo può avere nella sfida per la Regione?
«Nessuno. Può averlo in Comune, se gioca in modo decente. Sarebbe peccaminoso non tentare seriamente dopo aver perso il Comune per una demenza colossale. Ci sono carte ottime, dopo la catastrofe Brugnaro. Basta che i quattro cinque che hanno sale in zucca ragionino insieme e non si facciano male, massacrandosi alle primarie. Trovino una candidatura nuova, non rimasticata, che non sa di stravecchio. Se non tirano fuori un nome indigeribile, se trovano un nome giovane, e tutti tirano in quella direzione, si può fare».

E perché invece non c’è storia in Regione?
«Impossibile vincere, qualsiasi situazione si determini dall’altra parte. Serve una ricostruzione lunghissima, totale. Non basta un anno, è una marcia davvero molto lunga».

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