alcuni esempi tra stilisti e brand

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L’esplorazione introspettiva dell’Io spesso coinvolge la fantasia e produce una descrizione retorica del reale attraverso il non-reale, materializzandosi in prodotto artistico. Anche la moda rientra in questa categoria di arte visuale che si nutre di storytelling e sviluppa, collezione dopo collezione, la personale visione dei fashion designer che spesso esula dall’interpretazione della mera realtà. In particolare, brand sperimentali e progetti emergenti si muovono su strade lontane dai vincoli imposti dal mercato, viaggiando in territori espressivi inesplorati. 

Racconti onirici nell’editoria 

Non solo gli stilisti usano la moda come medium espressivo, ma il racconto del fashion si svolge attraverso numerose altre ramificazioni, come l’editoria. Un esempio emblematico? Il progetto Schema, plasmato sotto la direzione artistica di Sara Bastai, che si propone come magazine multidisciplinare che accoglie in sé tutto ciò che può collocarsi tra pratiche artistiche e cultura pop. Il progetto racconta in ogni issue una storia visuale in capitoli, risultante in una pubblicazione bi-annuale formato rivista con un livello qualitativo di carta, copertina e risoluzione pari al libro. Il primo numero si sviluppa attorno al concetto di “costruire castelli in aria” ed esplora il sogno inteso come ambizione e crescita, riflette sul significato di privilegio e sulla concezione distorta di successo imposta dalla società capitalistica. Ne emerge una narrazione dall’atmosfera assolutamente onirica e giocosa in cui convivono elementi di realtà con mostri, guerrieri fantastici e entità soprannaturali, il tutto evocato esclusivamente tramite l’uso degli indumenti, valorizzati da una combinazione di styling e tecnica fotografica. 

Moda mainstream ma fantasiosa  

In qualche occasione anche i brand più blasonati si concedono il lusso di giocare con la fantasia. Durante l’ultima Paris Fashion Week, Christian Louboutin ha collaborato con l’artista David LaChapelle per presentare la collezione Spring/Summer 2025 attraverso una performance ipnotica, coreografata da Bianca Li. Le leggendarie pumps dalla suola rossa in formato gigante troneggiavano di fronte a una fontana, all’interno della quale la nazionale francese di nuoto sincronizzato si è esibita indossando il nuovo stiletto della maison, le Miss Z. Proiezioni, luci e la location Art Deco compongono uno scenario onirico e surreale, in pieno stile LaChapelle, con l’esibizione del cantautore LP a completare l’opera. 

Stravaganza e utopia: alcuni stilisti emergenti  

Tra i giovani fashion designer la spinta innovativa e l’amore per la sperimentazione conducono l’immaginazione a viaggiare lontano e a materializzarsi in collezioni eccezionalmente evocative. Infatti, il collettivo di New York Anonymous Club, guidato da Shayne Oliver, si pone l’obiettivo di ridefinire la divisa urbana attraverso una visione eclettica e il concetto di headlessness, una moderna extravaganza ispirata a nightlife e archivi sperimentali. Nella collezione Fall/Winter 2024 si riconoscono riferimenti al mondo animale e mitologico che creano un immaginario sognante, tra copricapi che riproducono lunghe corna o orecchie e capi dalla forte impronta unisex. Ogni fashion show del brand si contraddistingue per il carattere artistico-performativo che prevale sull’aspetto moda.   

Invece, le collezioni del brand ucraino DZHUS producono una descrizione attraverso la rappresentazione allegorica. La stilista Irina Dzhus mette in discussione il significato di “norma” attraverso capi architettonici e sperimentali, che conservano caratteristiche delle narrazioni sociali sia maschile che femminile e mettono in discussione i tradizionali confini della rappresentazione personale. La collezione Primavera/Estate 2025, presentata all’ultima fashion week di Berlino, esplora i codici dell’Utopia, generati dall’umanità come standard di felicità da rincorrere. Attraverso questa narrazione Dzhus riflette sui temi del conformismo socioculturale e dei personali traumi esistenziali, mettendoli in relazione alla concezione di “casa” e di tutte le sue sfumature semantiche. Nella sua celebre opera L’interpretazione dei sogni, Freud definì il sogno come “l’appagamento (mascherato) di un desiderio (rimosso)”. In altre parole, un linguaggio codificato capace di soddisfare volontà umane inconsce. E non è questa una definizione iperbolica adeguata a descrivere l’espressione artistica allo stesso modo? 

Elena Canesso 

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