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Fine d’anno, tempo di bilanci. Per il 2024, dedicato al Turismo delle Radici, non si può che provare a mettere sul piatto quanto è stato fatto per favorire il movimento degli italodiscendenti in viaggio nella nostra penisola sulle tracce degli avi. Piacevolmente si scopre che molto si è realizzato in termini di raccolta dati e di dibattiti, così come molti sono i propositi volti a potenziare il segmento. Per un quadro necessariamente sintetico ma doverosamente esaustivo, ci siamo rivolti a una delle massime esperte della materia, Letizia Sinisi, che se ne occupa dal 2011. Il suo manuale “Rooting Experience Planning®”, denso di buone pratiche da mettere a sistema, è stato il primo apparso sul mercato, grazie anche alla lunga esperienza maturata accompagnando molti vip sulle orme degli antenati italiani. Tra questi, le star hollywoodiane John Turturro e Michael Cavalieri, insieme a Lou Del Bianco, discendente del celebre intagliatore-capo del Monte Rushmore. La lista sarebbe assai più nutrita e altisonante, ma per dovere di privacy preferisce chiuderla qui. La rintracciamo mentre è di rientro dalla Conferenza Internazionale sul Roots Tourism, svoltasi presso UniCal sotto il patrocinio dei dicasteri preposti agli Affari Esteri e al Turismo.

Dunque cosa è avvenuto nel 2024?

Confcommercio ed SWG hanno prodotto uno studio molto approfondito, che è stato presentato in varie sedi, compresa TTG Travel Experience. I dati raccolti ci dicono ad esempio che Germania, Stati Uniti e Francia sono, esattamente in questa sequenza, i mercati con maggiore potenziale di spesa per questo genere di viaggio. Si parla di una stima di 1.250 milioni di euro per il bacino tedesco, 1.050 per quello statunitense e 890 per quello francese. In generale, la maggior parte dei viaggiatori di seconda e terza generazione affronta questo tipo di esperienza come percorso di riscoperta della propria identità e italianità, ritenuta da molti un valore aggiunto anche presso le comunità di appartenenza.

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Di Turismo delle Radici si è parlato anche lo scorso settembre al Forum di Cernobbio.

Esatto. Il tema era oggetto del report TEHA (The European House ‒ Ambrosetti, n.d.r.) ed è stato affrontato quale risultato della diaspora che negli ultimi due secoli ha portato oltreconfine molte famiglie italiane. I grafici focalizzano con chiarezza gli anni delle grandi emigrazioni – tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento per la prima diaspora, e tra il secondo dopoguerra e i primi anni Sessanta per la seconda – cui oggi dobbiamo ampia parte del Turismo delle Radici.

Un turismo potenzialmente interessato a quali aree d’Italia?

Secondo il report TEHA, nel 2022 gli italiani oggi residenti all’estero hanno, in quest’ordine, origini siciliane, lombarde, campane, venete e laziali. Basta questa parziale graduatoria per comprendere come il fenomeno interessi l’intera penisola e possa dunque trasformarsi in una fonte incoming per tutto il Paese.

Il bacino dei possibili viaggiatori è stato misurato?

È stato misurato attingendo a fonti accreditate, quali le ambasciate e la Fondazione Migrantes. Tra Americhe, Europa ed Australia, siamo a quota 80 milioni. Direi un bacino di tutto rispetto a cui guardare, ma solo dopo avere ricevuto una specifica indispensabile formazione. I rootisti non sono infatti vacanzieri tout court, ma persone che si mettono in viaggio per scavare nel profondo delle proprie origini, smuovendo sensibilità e ricordi a volte anche dolorosi. Non ci si può dunque occupare di loro per puro business, ma – tengo a sottolinearlo – per missione.

Siamo a fine anno, guardiamo avanti. La partita si chiude qui o ci sono nuovi progetti per il 2025?

Tra i risultati più significativi della Conferenza Internazionale con cui abbiamo chiuso questo 2024 desidero segnalare la proposta per la creazione di una Carta del Viaggiatore delle Radici che fungerà da strumento etico e operativo per guidare gli attori del settore verso modelli di sviluppo autentici, sostenibili e inclusivi. A questa si aggiunge la definizione di un Manifesto del Turismo delle Radici che sancirà un patto simbolico e operativo tra tutti i soggetti coinvolti, mirato a rafforzarne il valore come leva di sviluppo territoriale, sociale e culturale.

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Entrambi i documenti citati da Sinisi prenderanno forma sotto il coordinamento scientifico e metodologico delle Università della Calabria e Federico II di Napoli, a conferma delle complesse articolazioni multidisciplinari alla base di questa particolarissima e delicatissima esperienza di viaggio.



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