Libri: Steven Spielberg – Io sogno per vivere

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Confrontarsi con Steven Spielberg è sempre un privilegio, un onore scriverne. Pensavamo in realtà a un elogio funebre, ma per fortuna Spielberg è ancora vivo e aspettiamo con gioia il suo prossimo film dopo l’autobiografico, bellissimo e commovente, The Fabelmans del 2022. Il “nostro” libro, Io sogno per vivere, è una chiacchierata informale e cronologica sulla sua vita di giovane cineasta prodigio, almeno a posteriori, sui primi successi, inaspettati quanto leggendari (Lo squalo, 1975; Incontri ravvicinati del terzo tipo, 1977; I predatori dell’arca perduta, 1981; E.T. L’extra-terrestre, 1982), su una fase più consapevole (Schindler’s List, 1993; Salvate il soldato Ryan, 1998) sulla necessità di trasmettere un messaggio di comprensione (Munich, 2005) e di pace (War Horse, 2011; Lincoln, 2012).

Abbiamo visto più volte tutti i suoi film, ma non poso dimenticare un commento di mia moglie Eloisa, assolutamente spontaneo e privo di una conoscenza completa della filmografia del regista americano, appena conclusasi la visione di The Fabelmans: “Spielberg ha lo sguardo di un bambino”. Niente di originale, apparentemente. Mia moglie non è una cinefila, non conosce la storia del cinema, ma le piacciono i film e lavora con i bambini, per questo sa più di noi e ha percepito immediatamente la più grande caratteristica dell’anima di Steven Spielberg, quella di essere ancora, a 78 anni, un bambino che gioca cocciutamente a fare cinema. Al suo terzo film per il grande schermo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Spielberg era già un uomo di affari, parlava infatti più con i banchieri che con i collaboratori creativi, come racconta lui stesso nella quarta intervista della raccolta, rilasciata a Mitch Tuchman nel 1978. Solo un’anima di bambino poteva muoversi così bene e per tutta la vita, tra creatività e profitto, attraverso scelte anche rischiose che hanno poi generato una smisurata quantità di denaro; solo un bambino poteva sostenere tutto ciò e continuare a dirigere film bellissimi, rimanendo innocente, non avendo noi paura di usare la parola innocenza, che in lui c’è ancora perché in lui c’è ancora la straordinaria passione per il cinema, passione, appunto, innocente e entusiasta.

Il piccolo Steven in The Fabelmans

Chiunque legga le prime interviste della raccolta potrà percepire quanto sto scrivendo. E poi con le ultime non avere dubbi che quell’entusiasmo è ancora presente in un uomo di quasi ottanta anni. Che, come dice lui stesso, ha sempre creduto in ciò che narrava e ha aspettato a girare il suo primo film per il cinema in funzione di fare il “suo” film, quello in cui credeva (Sugarland Express, 1974). Un’altra conferma di questa innata onestà intellettuale è quando afferma nell’intervista di Steve Poster che “vendere sé stessi è la cosa più difficile al mondo, persino più difficile che fare film, quando si è agli inizi”. Talento, tecnica, determinazione, caparbietà e umiltà. Senza una infanzia e una adolescenza da cinefilo, Spielberg ha iniziato a fare film da bambino e non ha più smesso, regalandoci emozioni e riflessioni che sempre si rinnovano, a ogni visione. Nell’intervista di Susan Royal del 1982, spiega come un limite o una crisi dovuta all’ingerenza dei produttori siano sempre diventati uno stimolo creativo. Anche lo storyboard, da lui stilizzato e poi creato da altri, è una regola che si è dato sempre per poi all’interno di essa improvvisare nei giorni e nei momenti più creativi. Il metodo di Spielberg ha generato tanti cloni, quasi mai all’altezza dell’originale, ha generato soprattutto la vanagloria di incassi stratosferici con sequel, prequel ed effetti speciali senza una vera storia da narrare. Ma tanti scultori hanno imitato e imitano Michelangelo, tanti ingegneri hanno sognato e sognano una idea degna di Leonardo, e forse anche loro hanno fatto e fanno più danni che altro, soprattutto a sé stessi. Spielberg è un autore prolifico e onesto, e vero; è anche un regista commerciale, forse il migliore di sempre, nel senso ampio ma non disdicevole di fare film popolari che coinvolgono masse di spettatori. Qualcuno, ispirandosi al suo cinema, è riuscito, altri no, ma non per questo il suo lavoro può essere sminuito. Nel 2005, nell’intervista di Roger Ebert, parlando di Munich: “Nel corso della nostra vita ci sarà la pace tra israeliani e palestinesi”.

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Personalmente siamo grati a Spielberg, e quando siamo impegnati nel nostro lavoro pensiamo sempre a lui che nelle pause di lavorazione di Schindler’s List, monumentale e straordinario film sull’Olocausto, tragedia indicibile nella storia dell’umanità, montava Jurrasic Park (1993), il suo mio film preferito.


 

 

Steven Spielberg  Io sogno per vivere, edito da Wuds Edizioni (febbraio 2024) per la traduzione di Yasmine Viola del testo originale: Steven Spielberg: Interviews, Revised and Updated, a cura di Brent Notbohm e Lester D. Friedman (University Press of Mississipi, 2029).

 



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