L’Unione Europea è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina in termini di innovazione e digitalizzazione. Il panorama digitale europeo è vincolato da un quadro legislativo complesso e da profili di investimenti non competitivi, sia pubblici che privati. Le piccole e medie imprese, il cuore dell’industria europea, potrebbero ricevere nuova linfa mediante iniziative di riqualificazione e aggiornamento professionale, e di sviluppo di dataspace settoriali. La transizione da un approccio normativo ad uno maggiormente improntato alla politica industriale, all’intervento pubblico e alla competitività dovrà essere al centro del prossimo mandato europeo.
È quanto emerge dallo studio intitolato “A Blueprint For The Digital Priorities Of The New EU Mandate”, realizzato da PromethEUs, la rete di think tank dell’Europa meridionale composta da I-Com Istituto per la Competitività (Italia), dall’Elcano Royal Institute (Spagna), dalla Foundation for Economic and Industrial Research IOBE (Grecia) e dall’Institute of Public Policy (Portogallo).
Il documento illustra l’intricata rete di leggi in cui le aziende europee sono costrette a muoversi per rispettare gli obblighi digitali, tra cui il Digital Market Act, il Digital Services Act, il Data Governance Act, il Cybersecurity Act e altri ancora. Tuttavia, ci sono alcuni primi segnali che questa seconda metà del Decennio Digitale si concentrerà sulle iniziative per una migliore regolamentazione, come riferiscono Steffen Hoerning (IPP), Alessio Caramitti e Alessandro D’Amato (I-Com), autori del primo capitolo della pubblicazione. In effetti, come proposto da Enrico Letta e Mario Draghi nei loro rapporti, la nuova Commissione è impegnata a rivedere una parte importante della legislazione europea, prestando particolare attenzione all’innovazione e alla sicurezza nel settore digitale, al contempo riducendo la burocrazia e gli oneri amministrativi. Un obiettivo chiave è infatti la riduzione dell’obbligo di rendicontazione di almeno il 35% per le PMI e del 25% per le restanti aziende.
Tuttavia, il quadro normativo è solo un pezzo del puzzle che ostacola la competitività digitale dell’Europa. Stefano da Empoli e Maria Rosaria Della Porta (I-Com) forniscono uno spaccato preciso degli investimenti all’interno dell’Unione e della dipendenza da altri Paesi. Ciò che emerge è che l’Europa dipende da Paesi terzi per oltre l’80% dei suoi prodotti, servizi, infrastrutture e proprietà intellettuale digitali e che il divario di investimenti nell’IA tra gli Stati Uniti e l’UE si è ampliato nel tempo. Ad esempio, nel 2023 gli investimenti in venture capital nell’IA ammontavano a 7,9 miliardi di dollari nel Vecchio Continente e a 54,8 miliardi di dollari negli USA. Una sostanziale differenza si riscontra anche nei finanziamenti alle startup di IA e tecnologie quantum. Ma anche nella diffusione delle tecnologie l’Europa segna il passo, come testimonia un mercato dei servizi cloud che è solo un terzo di quello americano.
Le piccole e medie imprese costituiscono il tessuto industriale europeo. Rappresentano una quota importante dell’occupazione e del PIL dell’Europa meridionale e sono fondamentali per la crescita economica, la resilienza e l’innovazione, incarnando al contempo la ricca diversità culturale e industriale del territorio. Le PMI, tuttavia, si trovano ad affrontare sempre più sfide derivanti dalle transizioni gemelle della digitalizzazione e della sostenibilità, come descritto nel terzo capitolo della pubblicazione, curato da Valaskas Konstantinos e Aggelos Tsakanikas (IOBE). L’Europa meridionale sta sperimentando un significativo ritardo delle infrastrutture digitali, con un accesso limitato a Internet ad alta velocità e alle tecnologie avanzate in molte aree. Inoltre, sussistono rilevanti barriere finanziarie e una mancanza di conoscenze e competenze digitali. Gli autori sottolineano pertanto il ruolo fondamentale dei programmi di upskilling e reskilling, nonché dei dataspace settoriali, nel fronteggiare queste sfide. Infatti, la European SME Strategy for a Sustainable and Digital Europe prevede risorse, reti e hub digitali per affrontare la mancanza di alfabetizzazione digitale, per accelerare la lenta adozione di strumenti digitali e migliorare la produttività e l’innovazione.
Se dal 2019 la prospettiva dell’Unione Europea si è concentrata sulla sovranità e sull’autonomia strategica, il nuovo mandato del 2024 si apre con un cambio di paradigma verso la sicurezza economica, con un approccio orientato alla politica industriale, all’intervento pubblico e alla competitività. Queste nuove policy sono analizzate da Raquel Jorge Ricart (Elcano) nel capitolo finale del documento. L’autrice sottolinea l’importanza di rafforzare e coordinare ulteriormente la diplomazia digitale, nonché di enfatizzare la dimensione tecnologica nelle politiche di allargamento e la priorità da attribuire all’applicazione della Economic Security Strategy.
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