Il futuro dell’energia nasce a Sesto Fiorentino

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Toscana

di Simone Pitossi

Telefonini cellulari con batterie all’idrogeno. Energia ricavata da batteri o alghe. Idrogeno trasportato dentro a gabbie di ghiaccio. Non è l’ultimo capitolo di Guerre Stellari o la trama di un telefilm di fantascienza. È realtà. E non si sta realizzando in qualche laboratorio degli Stati Uniti o del Giappone. Ma tutto ciò nasce e si sviluppa in un laboratorio del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) a Sesto Fiorentino (Firenze). Tutto parte dall’idrogeno, uno dei costituenti essenziali della materia vivente Il combustibile dal quale è possibile ottenere la più alta quantità di energia per unità di peso e il suo uso non causa inquinamento atmosferico. Per questo è l’ideale alternativa al petrolio o al gas naturale.

Un progetto per produrre idrogeno a basso impatto ambientale è stato sviluppato in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli (Na) che hanno utilizzato il batterio «Thermotoga neapolitana», un microrganismo marino isolato da fumarole a largo di Pozzuoli, in grado di sopravvivere a temperature molto alte. L’idrogeno ottenuto, sotto forma gassosa, potrà essere trasformato in energia elettrica attraverso innovative celle a combustibile predisposte dall’Istituto di chimica dei composti organometallici (Iccom) del Cnr di Sesto Fiorentino (Fi). «Le celle da noi realizzate – spiega il ricercatore Francesco Vizza – non utilizzano platino ma contengono catalizzatori nanostrutturati a base di metalli di più facile reperibilità, che consentono di ottenere energia non solo da idrogeno ma anche da biocombustibili rinnovabili».

L’istituto ha presentato a Genova, nello scorso fine settimana, anche un prototipo sperimentale di un alimentatore per telefoni mobili costituito da celle a combustibile ad alcol etilico o glicerolo di origine vegetale, frutto della collaborazione con l’azienda Acta spa di Crespina (Pisa). Altri aspetti legati all’impiego dell’idrogeno in campo energetico sono quelli nel campo delle biotecnologie studiati dall’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (Ise) sempre del Cnr fiorentino.

«Stiamo selezionando ceppi di microalghe – spiega il ricercatore Giuseppe Torzillo – utilizzando l’energia luminosa assorbita dal loro apparato fotosintetico per produrre idrogeno. Mentre con lo sfruttamento biotecnologico dei batteri rossi, che si riproducono utilizzando substrati organici nelle acque reflue dell’industria agro-alimentare, la produzione di biogas contribuirebbe anche ad eliminare residui dannosi all’ambiente». Per risolvere i problemi di sicurezza e di ingombro legati al trasporto dell’idrogeno, attualmente effettuato con bombole ad alta pressione, l’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnr di Sesto Fiorentino (Fi) sta lavorando sui «clatrati-idrati». «L’idrogeno, in forma molecolare, – spiega Lorenzo Ulivi, ricercatore Isc-Cnr – è intrappolato in “gabbie” di ghiaccio (a circa –140 ºC) di dimensioni nanometriche e resta all’interno del composto fintanto che la temperatura resta bassa». Quello che stanno studiando i ricercatori dell’Isc-Cnr stanno studiando come riuscire ad «intrappolare» la maggior quantità possibile di idrogeno. È questo il futuro dell’energia o forse il presente? Al Cnr di Sesto Fiorentino non hanno dubbi.

«Non è sbagliato pensare – sottolinea il ricercatore Marco Zoppi del Cnr Istituto Sistemi Complessi – la popolazione mondiale abbia il sacrosanto diritto di migliorare le proprie condizioni di vita, ma è profondamente erronea la visione che tutti gli altri possano raggiungere il nostro livello di vita senza che il pianeta imploda. Il problema è di una semplicità enorme: viviamo su un pianeta grande, ma limitato. La torta è quella che è, se aumenta il numero degli aventi diritto, la razione pro-capite diventa sempre più piccola. Non voglio entrare nella polemica delle riserve di petrolio, quante sono e quanto dureranno, se 30 anni, 50 anni, o addirittura 10. Il fatto è che prima o poi si esauriranno. Quindi il problema non è se sia possibile o meno trovare un sostituto del petrolio. In quest’ottica, il carbone ed il gas naturale possono servire solo per allungare l’agonia, ma non riusciranno a guarire il paziente. Il problema vero – conclude Zoppi – è quanto tempo l’uomo ha a disposizione per trovare questo sostituto e per costruire un nuovo modello energetico mondiale».

Due centri di ricerca su fonti rinnovabiliDue nuovi centri di eccellenza in Toscana per la ricerca, uno a Larderello, il primo in Italia per gli studi sulla geotermia, il secondo a Monterotondo Marittimo (Grosseto) sulle energie rinnovabili. Il Centro di eccellenza della geotermia di Larderello si propone come punto di riferimento per studiosi ed operatori del settore di ogni parte del mondo. Il Centro internazionale per il trasferimento dell’innovazione tecnologica sulle energie rinnovabili di Monterotondo è dotato di foresteria con 15 posti letto, sala convegni e laboratorio demotico. I centri sono nati grazie ad un finanziamento regionale, sono costati circa 1,1 milioni di euro e sono stati costituiti grazie a due associazioni temporanee di scopo di cui fanno parte l’Università, il Cnr e l’istituto superiore S. Anna di Pisa, il Cnr di Roma e i comuni di Pomarance e Monterotondo Marittimo. Due nuovi parchi eolici per una potenza di complessivi 16,5 megawatt saranno realizzati nel comprensorio geotermico toscano. E’ stato ricordato oggi in occasione dell’inaugurazione dei due centri di eccellenza a Larderello e a Monterotondo. Quello in fase più avanzata è il progetto (6 pale per 9 megawatt) di Montecatini Val di Cecina. Ha superato la valutazione di impatto ambientale e l’avvio dei lavori, che avverrà in seguito ad una riunione della Conferenza dei servizi, è imminente. Per le 5 pale da 7,5 megawatt totali previste a Monterotondo si è invece nella fase di predisposizione della Via. Grazie ai due progetti sarà prodotta l’energia necessaria per alimentare per un anno una comunità di 30.000 abitanti.



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