Salari e tredicesime: al Sud importi dimezzati rispetto alle regioni del Nord

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Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, nel 2023 i lavoratori dipendenti del Nord Italia hanno percepito bonus e tredicesime decisamente più alti rispetto ai colleghi del Sud. La retribuzione media mensile lorda si attesta infatti a circa 2.000 euro per i lavoratori settentrionali, contro i soli 1.350 euro del Mezzogiorno, con una differenza di quasi il 50%. Questo divario, che corrisponde a circa 8.450 euro lordi all’anno, emerge in modo ancora più evidente in occasione della tredicesima mensilità, erogata proprio nel mese di dicembre. Sempre secondo CGIA, oltre il 60% delle retribuzioni complessive è concentrato nelle regioni settentrionali.

Nella classifica regionale, la Lombardia si posiziona al primo posto con una retribuzione media mensile di 2.254 euro, seguita da Emilia-Romagna (2.104 euro), Piemonte (1.957 euro) e Veneto (1.949 euro). In fondo alla graduatoria si trovano Calabria (1.266 euro), Puglia (1.259 euro), Sicilia (1.246 euro) e, fanalino di coda, la regione estera (800 euro), relativa a lavoratori italiani impiegati fuori dai confini nazionali.

Divari retributivi Nord-Sud: un problema strutturale

Il divario retributivo tra Nord e Sud è strettamente legato a fattori strutturali. Al Nord, il costo della vita e la produttività sono nettamente superiori, così come la presenza di multinazionali, grandi gruppi industriali e istituti finanziari, che tendono a offrire stipendi più alti rispetto alle piccole e medie imprese, più diffuse al Sud. Inoltre, il Mezzogiorno risente maggiormente della diffusione di contratti a termine, come part-time involontario, stagionali e intermittenti, che abbassano ulteriormente la media delle retribuzioni.

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Milano guida la classifica provinciale, con una retribuzione media mensile di 2.642 euro, seguita da Monza-Brianza (2.218 euro). Anche le province lungo la via Emilia, come Parma, Modena e Bologna, figurano ai vertici della graduatoria. Al contrario, le retribuzioni più basse si registrano a Vibo Valentia (1.030 euro), Nuoro (1.129 euro) e Cosenza (1.140 euro).

Il Veneto

In Veneto, quarto nella classifica nazionale, la retribuzione media mensile lorda si attesta a 1.949 euro. La regione beneficia di un tessuto industriale consolidato e competitivo, che garantisce stipendi superiori rispetto alla media nazionale, anche se inferiori alle altre regioni del Nord-Ovest come Lombardia e Emilia-Romagna. Tuttavia, il Veneto deve confrontarsi con una crescente difficoltà delle piccole e medie imprese, che in alcuni settori manifestano rallentamenti produttivi.

Una crescita insufficiente rispetto all’inflazione

Nel 2023 il monte salari lordo complessivo ha raggiunto i 411,3 miliardi di euro, con un incremento del 3,5% rispetto al 2022. Tuttavia, l’aumento delle retribuzioni è stato insufficiente a compensare l’inflazione, che nello stesso periodo è cresciuta del 5,7%. Questo significa che, nonostante il leggero miglioramento degli stipendi, il potere d’acquisto dei lavoratori è diminuito.

La CGIA ha evidenziato che, a differenza delle crisi economiche del 2008 e del 2012, quest’anno non si sono verificati ritardi significativi nell’erogazione delle tredicesime, nemmeno nei settori più colpiti dalla crisi, come la filiera automobilistica, la moda e la meccanica. Inoltre, circa 4,6 milioni di lavoratori con redditi inferiori a 28.000 euro e con almeno un figlio a carico hanno beneficiato di un bonus una tantum di 100 euro netti, offrendo un sollievo economico durante le festività natalizie.

Contrattazione decentrata: una soluzione parziale

Nonostante i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro abbiano uniformato le retribuzioni intra-settoriali, permangono importanti disuguaglianze geografiche. Solo il 23% delle imprese private con almeno 10 dipendenti applica contratti di secondo livello, lasciando fuori gran parte dei lavoratori da misure che potrebbero meglio adeguare i salari al costo della vita e alla produttività locale. Una maggiore diffusione della contrattazione decentrata, simile a quanto avviene in paesi come la Germania, potrebbe contribuire a ridurre i gap retributivi tra Nord e Sud.





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