Pensione di garanzia per i giovani, tutela delle lavoratrici penalizzate dalle regole sulle pensioni della riforma Fornero e potenziare la previdenza integrativa. Sono tutti argomenti che hanno sempre fatto capolino in ogni incontro tra governo e sindacati in materia previdenziale. E non parliamo solo del governo Meloni: di questi temi si è discusso a lungo anche con i governi precedenti, insieme alle parti sociali. Con la manovra di Bilancio, approvata dalla Camera dei Deputati il 20 dicembre scorso a Montecitorio e ora, senza modifiche, in fase di approvazione al Senato prima di Capodanno, l’attenzione si concentra proprio sulle pensioni 2025.
Tant’è vero che possiamo dire che, con l’operato dell’esecutivo attuale, alcuni di tali argomenti sono stati utilizzati per varare alcune novità per il sistema pensionistico 2025.
Problema donne e pensioni, la legge Fornero è penalizzante, il governo non ha lesinato novità
Le donne, soprattutto quelle diventate madri, hanno sacrificato, come è logico, la carriera e il lavoro per la cura dei figli e della famiglia. Di conseguenza, qualunque misura di pensionamento che preveda carriere lunghe e continue penalizza nettamente il genere femminile. Pretendere, ad esempio, che molte lavoratrici maturino 41 anni di contributi utili alla quota 103, e alla quota 41 per i precoci è irrealistico, poiché si tratta di casi rari.
Lo stesso vale se si guarda a misure come Opzione Donna, nata appositamente per l’universo femminile, dove servono 35 anni di versamenti. Affermare che la carriera media di una donna sia tra 20 e 30 anni di contributi non è azzardato. E gran parte delle lavoratrici ricade interamente nel sistema contributivo, ossia ha il primo versamento successivo al 1995.
Ciò comporta l’applicazione di un requisito aggiuntivo per le pensioni di vecchiaia, ovvero il dover necessariamente raggiungere un importo pari all’assegno sociale. Regole rigide, quindi, anche per le pensioni 2025.
Pensioni 2025: donne, giovani e precari in pensione a 64 anni, ecco come
Si parla continuamente di tutela delle donne non solo dal punto di vista lavorativo ma anche previdenziale.
Proprio in quest’ottica, il governo ha introdotto una grande novità. Il potenziamento del vantaggio sull’età di uscita per le pensioni di vecchiaia destinate alle lavoratrici madri. Per le pensioni 2025, dunque, qualcosa cambia.
Chi ha avuto un figlio può abbassare l’età di uscita, a partire dai 67 anni, di 4 mesi. Chi ne ha avuti due può ridurla di 8 mesi. Per coloro che hanno avuto 3 figli o più, lo sconto sale rispettivamente a 12 e 16 mesi. Tale misura, tuttavia, è valida solo per le contributive pure.
Inoltre, sembra che questa possibilità di ridurre l’età di uscita venga estesa anche alla pensione anticipata contributiva a 64 anni di età. Poiché anche la pensione anticipata contributiva è destinata ai contributivi puri, è evidente che lo sconto di 4 mesi a figlio, fino a un massimo di 16 mesi, si applichi pure a questa misura. Lo stesso vale per la pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni, per la quale servono 5 anni di versamenti.
Il problema delle pensioni troppo basse e della previdenza complementare anche nel 2025
Un altro aspetto che il sistema pensionistico ha sempre mostrato — e che il governo ha deciso di affrontare nella manovra — riguarda il basso importo delle pensioni contributive. Le pensioni anticipate contributive prevedono, infatti, un requisito sull’importo minimo da raggiungere.
Se, per la pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi, basta un importo pari all’assegno sociale, per l’anticipata contributiva il requisito è più elevato. Occorre raggiungere 3 volte l’assegno sociale. Solo per le donne con figli, questa soglia scende a 2,8 e 2,6 volte rispettivamente per chi ha avuto un figlio e per chi ne ha avuti due o più.
Parliamo comunque di cifre che, per le pensioni nel 2025, oscilleranno tra i 1.400 e i 1.600 euro al mese.
Soglie simili, con la sola previdenza obbligatoria e con 20 anni di contributi o poco più, risultano difficilmente raggiungibili. A meno di non ricorrere a una soluzione alternativa, come la previdenza complementare.
La previdenza complementare in aggiunta alla previdenza obbligatoria
Giovani con lavori saltuari e intermittenti, donne con i problemi già citati e lavoratori con stipendi bassi e contributi altrettanto ridotti sono coloro che trovano maggiori difficoltà a maturare una pensione abbastanza elevata da consentire il pensionamento a 64 anni.
Ecco perché il governo ha deciso di ampliare la possibilità di utilizzare, ai fini del calcolo della pensione necessaria a raggiungere un importo compreso tra 1.400 e 1.600 euro al mese, anche i versamenti nei fondi pensione integrativi. La rendita maturata da chi aderisce a tali fondi potrà quindi servire ad arrotondare la pensione. Aiutando così a superare le soglie (tra 2,6 e 3 volte l’assegno sociale) previste per l’uscita anticipata.
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