LECCE Delusione, rammarico ma anche orgoglio per la prova offerta. Queste le sensazioni che si respiravano fra gli sportivi salentini, a Lecce e dintorni, ventiquattrore dopo l’immeritata sconfitta rimediata dalla compagine giallorossa sabato sera contro la Lazio dell’ex Marco Baroni. Davanti ad una formazione che aveva quasi il doppio dei suoi punti il Lecce ha infatti fornito una prova maiuscola con un uomo in meno, che avrebbe meritato ben altro esito rispetto a quello, beffardo, a cui ha dovuto assistere un Via del Mare carico come al solito di entusiasmo.
In grossissima emergenza, con gli uomini contati, Marco Giampaolo era comunque riuscito a mandare in campo una formazione equilibrata, concentrata, pronta a giocare a calcio. L’assenza di Gallo, le precarie condizioni fisiche di Bonifazi, l’infortunio di Gaspar e la malaugurata notte brava di Pelmard forzavano il tecnico di Giulianova a riportare Dorgu su una linea difensiva completata da Guilbert, Baschirotto e Jean. A centrocampo poi Giampaolo riproponeva dal primo minuto Berisha insieme a Coulibaly e Rafia, con Pierotti e Tete Morente sulle fasce a dar man forte a Krstović. Contro un rivale di alto livello, il Lecce non sfigurava affatto. Giampaolo aveva previsto le difficoltà sul proprio lato destro difensivo, là dove hanno imperversato nei primi quarantacinque minuti Zaccagni e Nuno Tavares. L’italiano e il portoghese sono probabilmente oggi la miglior coppia di giocatori di fascia mancina dell’intera Serie A. Per contrastare l’imprevedibilità e il dribbling di Zaccagni e la prorompente fisicità di Nuno, Giampaolo si affidava all’esperienza di Guilbert e al sacrificio difensivo di Pierotti, l’unico esterno in grado di poter competere con lo strapotere fisico del terzino laziale.
Nonostante alcune difficoltà iniziali, alla lunga la coppia esterna leccese teneva bene. Così come funzionava la diga in mediana predisposta dal Lecce. In questa zona di campo infatti si segnalava Coulibaly, vero frangiflutti che contribuiva a far sparire dal campo Dia. Accanto al maliano emergeva ancora una volta tutta la classe di Berisha. L’albanese confermava quanto di buono visto contro il Monza. In fase di costruzione il numero 5 giallorosso fungeva da secondo mediano accanto a Coulibaly mentre nell’altra metà campo svolgeva compiti da mezzala, sempre lavorando nel mezzo spazio sinistro. Grazie anche al contributo tecnico fornito dal suo giovane metronomo il Lecce mostrava una grande disinvoltura nella gestione della palla, a due tocchi, mossa rapidamente così come chiesto da Giampaolo. Una gestione che spesso mandava a vuoto i tentativi di pressing dei biancocelesti. Chiaramente, ad una Lazio di così elevato tasso qualitativo, il Lecce del primo tempo ha dovuto concedere qualcosa a livello di conclusioni. In una di queste circostanze, quando ormai si era in prossimità della fine del primo tempo, si verificava l’episodio del rigore laziale, con espulsione di Guilbert.
Nonostante l’inferiorità numerica e la botta dello svantaggio, il Lecce non di disuniva. Anzi, il secondo tempo dei giallorossi è stato superiore al primo e certamente migliore di quello giocato dagli avversari di giornata. Anche nel quarto d’ora iniziale della ripresa, con un assetto che prevedeva Pierotti terzino destro e Rafia ala davanti a lui, il Lecce non soffriva nulla. Il piano di Giampaolo prevedeva di resistere, di non uscire dalla partita per provare poi nell’ultima parte di gara ad agguantare il pareggio. Pareggio che invece arrivava subito grazie alla prodezza di Tete Morente. A quel punto un’altra squadra avrebbe cercato di difendere con le unghie e con i denti il prezioso punto. Non questo nuovo Lecce. I giallorossi, ribadiamo in dieci uomini, hanno sì difeso in modo determinato (con il neo entrato Pierret come centrale, con Jean spostato a sinistra e con Pierotti e Morente che, da centrocampo, in alcune situazioni si andavano entrambi ad allineare con i difensori) ma sempre con l’intenzione di andare ad offendere una volta entrati in possesso della sfera. Peccato che i soliti errori tecnici e di scelta negli ultimi trenta metri, l’ingenuità di Morente sul gol laziale (lo spagnolo respingeva la palla fuori area ma centralmente invece che di lato) e il mancato tap-in di Pierotti sulla traversa di Kaba abbiano condannato alla sconfitta uno dei migliori Lecce visti in stagione, con undici tiri totali effettuati.
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