Riforma pensioni 2025, altroché uscita dai 64 anni, esiste una soluzione per tutti

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In questi giorni sta facendo parlare l’uscita flessibile proposta dall’emendamento della Lega che propone la possibilità di lasciare il lavoro per chi ha una rendita integrativa dai 64 anni, peccato che non si tratti appunto di un’opportunità per tutti ma adatta ad una platea ristretta con particolari caratteristiche, e che ‘Il Manifesto’ apostrofa come la ‘panzana leghista del ‘tutti in pensione ai 64 anni’.

L’emendamento ha nessun costo o davvero irrisorio per lo Stato mentre come dice il collega del Manifesto, Massimo Franchi, é un regalo ed un incentivo all’uso dei fondi integrativi privati. Solo un lavoratore su tre, precisa nell’articolo, é iscritto ai fondi di categoria, gli altri a causa dei contratti precari non ha alcun modo per poter versare il TFR o aliquote del salario nei fondi di categoria. Dunque non si tratta di un’opzione per eliminare la Fornero né tanto meno una possibilità per tutti, anzi ad eccezione di quei pochissimi che vi rientreranno, usando una quota dei propri fondi per poter anticipare a 64 anni la pensione, per gli altri resterà solo il traguardo ai 67 anni.

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Mentre ci si arrovella su come fare una riforma pensione degna di questo nome, vi é chi da tempo, studia una soluzione equa e flessibile spendibile e non eccessivamente dispendiosa per lo Stato, stiamo parlando dei tre firmatari Perfetto-Armiliato- Gibbin. Il Dott. Perfetto ha posto tre domande ed ha dato altrettante risposte che fanno cogliere come, a suo avviso, non vi sia al momento nessuna altra soluzione spendibile se non quella di attuare la proposta di Riforma Previdenziale che porta il suo nome, i dettagli:

Riforma pensioni 2025: Nel 2024 si é lavorato di più ma si é prodotto di meno, perché?

Così il Dott. Perfetto:Come spiegare che nel corso del 2024 si è lavorato di più ma si è prodotto in proporzione di meno?

La produttività marginale del lavoro è diminuita.

Nel documento ISTAT “LE PROSPETTIVE PER L’ECONOMIA ITALIANA NEL 2024-2025” si legge:

– “Il Pil italiano è atteso crescere dello 0,5% nel 2024 e dello 0,8% nel 2025”;

– “La vivace dinamica dell’occupazione osservata nel corso del 2024, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), risulterebbe notevolmente superiore (+1,2%) a quella del Pil”.

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(Fonte: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/12/Nota-di-previsione-dicembre-2024.pdf)

Se nel corso del 2024 le unità di lavoro ULA (numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pieno) è cresciuto dell’1,2%, ci si aspetterebbe che il PIL cresca anch’esso, almeno, dell’1,2%, e non “solo” dello 0,5%.

Il fatto che il PIL cresca proporzionalmente meno rispetto alla crescita delle unità di lavoro (ULA) significa che la produttività marginale del lavoro (ovvero la quantità di prodotto/servizio in 8 ore del lavoratore) diminuisce: in altri termini, si lavora di più, ma si produce proporzionalmente di meno.

Riforma pensioni e lavoro: Quali conseguenze derivano dalla diminuzione della produttività marginale del lavoro?

La seconda domanda che si é posto il Dott. Perfetto é: ‘Quali conseguenze derivano dalla diminuzione della produttività marginale del lavoro?

Ridurre i salari, oppure ridurre le unità di lavoro (ULA). In economia i salari sono legati alla produttività marginale del lavoro: se la produttività del lavoratore aumenta, allora aumenta pure il suo salario.

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Se la produttività del lavoratore diminuisce, allora dovrebbe diminuire anche il suo salario. Ma il punto non è questo.

In alcuni casi si fa ricorso al contratto di solidarietà (una formula del tipo “far lavorare meno ciascuno, per far lavorare tutti”). Con il contratto di solidarietà si lavora di meno e si riduce il salario. Ma questa formula, a mio avviso, serve solo per allungare di qualche semestre o di qualche anno la cessione di ramo d’azienda (con successivi licenziamenti da parte dell’azienda che acquisisce il ramo), oppure il licenziamento del personale.

Quando la produttività marginale del lavoro diminuisce, non serve a nulla diminuire i salari, perché potrebbe voler dire che una parte di lavoratori lavora e un’altra parte di lavoratori non lavora. In altre parole, l’azienda ha degli esuberi. Gli esuberi si formano perché l’azienda non riesce a vendere i propri prodotti e servizi. Le vendite calano perché cala la domanda.

Già Keynes osservava che “anche a seguito della riduzione dei salari le imprese non sono disponibili ad aumentare la mano d’opera in quanto non possono aumentare le proprie vendite”.

Io penso, e sono convinto, che i licenziamenti in massa cui stiamo assistendo dipenda proprio dalla diminuzione della produttività marginale del lavoro, ovvero dalla presenza di esuberi a fronte di minori vendite di prodotti e servizi per mancanza di domanda.

Pensioni e lavoro: Come intervenire per evitare i licenziamenti in massa ai quali stiamo assistendo?

Così Perfetto: “Per aumentare la domanda interna di prodotti e servizi facendo lavorare i giovani che possono innescare nuovi consumi.

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Da quello che leggo sui giornali, mi rendo conto che il Governo Meloni è nel bel mezzo di una tempesta economica che tenta di governare con ragionamenti di natura prettamente contabile: revisione delle aliquote IRPEF, taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori, ricorso alla pensione integrativa per far cumulo con la pensione obbligatoria in modo da potersi pensionare, eccetera, eccetera, con alcuni passi avanti e con molti più passi indietro.

Ma dove sono i ragionamenti di natura più ampia, di natura economica?

Servono ragionamenti riguardanti la domanda di consumi (indotta da coloro che non possono ancora consumare perché non hanno lavoro), l’occupazione effettiva (quella stabile, non quella precaria o sottopagata), misure a favore della natalità (non già dare soldi a chi ha più figli, ma creare nidi per chi programma di avere figli), misure per migliorare l’istruzione, la formazione, l’apprendistato a tutti i livelli (cominciando ad inserire in ruolo i docenti che lavorano da una vita da precari e inserendo nei piani di studio discipline rivolte allo studio dell’economia digitale).

In definitiva, per evitare i licenziamenti in massa ai quali stiamo assistendo occorre attuare la Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale Perfetto-Armiliato-Gibbin che è n grado di:

– assorbire nella lista dei pensionati i potenziali lavoratori da licenziare;

– ravvivare la domanda interna di prodotti e servizi creando opportunità di lavoro per i giovani tramite il pensionamento dei lavoratori anziani.

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Cos’è che mancherebbe al Governo per attuare la proposta di Riforma Previdenziale Perfetto-Armiliato-Gibbin? Il coraggio. Il coraggio di applicare l’imposta su Robot e AI“.

Concordiamo sul fatto che per attuare una riforma ‘diversa dal comune’ servirebbe in primis il coraggio, se riusciremo a trovare il modo, ma al momento non mi sento di darne certezza, come redazione, proveremo a diffondere, magari in più parti, o con un link che consenta a chi é interessato di leggerla per intero, la proposta nella sua interezza. Così che i lettori più avvezzi alla materia e più meticolosi possano cogliere l’essenza della proposta, che consta di 50 pagine, ed ha valutato ogni singola questione che spesso i lavoratori fanno emergere. La proposta é meticolosa, precisa e valida, proprio per questo é stata inoltrata ovunque ai ‘tavoli del potere’ nella speranza che possa essere anche solo presa in considerazione, sarebbe già un gran bel passo avanti se fossero chiamati i firmatari intorno ai tavoli per discuterne.

Chissà che il prossimo anno porti a tutti buone nuove anche in questo campo, per noi di pensionipertutti e per i firmatari sarebbe certamente un bel regalo Natalizio, visto il duro lavoro messo in campo per scrivere e diffondere la proposta.

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