DAVIDE GATTI (nella foto) responsabile Divisione Retail & Private di Anima Sgr, una delle maggiori società di gestione del risparmio in Italia. E nella sua attività professionale Gatti segue da almeno 20 anni anche il settore della previdenza complementare, con cui i lavoratori italiani possono costruirsi una rendita di scorta in vista della terza età, per integrare le sempre meno generose pensioni statali pagate dall’Inps. Dopo tanti anni di vita e alcune importanti riforme, il settore della previdenza complementare resta però ancora la “cenerentola” dell’industria del risparmio gestito, visto che molti nostri connazionali non si sono ancora dotati di un proprio fondo pensione.
Eppure, all’inizio del 2024 Anima ha pubblicato una ricerca che rivela un notevole interesse anche nella Penisola per il mondo della previdenza complementare, benché pochi lavoratori lo conoscano a sufficienza e si trovino smarriti. “Esiste indubbiamente una mancanza di informazione e una lacuna sul fronte dell’educazione finanziaria“, dice Gatti, “che dovrebbe essere colmata se vogliamo affrontare le sfide e i problemi generati dai cambiamenti demografici”.
Come possiamo colmare questo gap?
“Per rispondere, parto dai risultati della nostra ricerca, che delineano un quadro molto chiaro. In Italia ci sono molte persone, giovani, famiglie e lavoratori, che non sono affatto prevenute di fronte alla previdenza complementare. Quando ne sentono parlare, ben 8 persone su 10 dichiarano di volersi informare di più sul tema e circa la metà è passata all’azione, sottoscrivendo una soluzione di previdenza integrativa”.
E perché allora in tanti non lo fanno?
“È proprio qui che risiede il problema principale. Purtroppo, ci sono molti italiani che, di fronte a queste problematiche, si sentono disorientati. Sentono di non essere preparati e percepiscono una mancanza di informazione e di una educazione finanziaria adeguata su questi temi”.
In che modo possiamo affrontare e risolvere questi problemi?
“Io credo sia necessario uno sforzo collettivo che coinvolge diversi attori: le istituzioni, il mondo della scuola, ma anche i professionisti dell’informazione e anche noi che lavoriamo nell’industria del risparmio. Innanzitutto, dobbiamo sforzarci di parlare un linguaggio chiaro e comprensibile, partendo dal presupposto che si tratta di temi complessi ma che riguardano la vita di tutti i cittadini. Oggi c’è la necessità di una consulenza finanziaria a 360°, che non si limiti soltanto all’acquisto di un singolo prodotto ma che prenda in considerazione tutti i bisogni del cliente, durante l’intero ciclo di vita. Già da tempo in Italia i professionisti della consulenza finanziaria, tanto all’interno delle banche che nell’ambito delle reti, si stanno muovendo verso questo modello di servizio ma bisogna proseguire su questa strada con ancor più convinzione. Soltanto così si può far comprendere agli italiani lo scenario che si prospetta all’orizzonte con l’avanzare dell’età”.
Qual è questo scenario di cui parla?
“Tutti sappiamo che la popolazione dei paesi avanzati è diventata molto più longeva e che il sistema pensionistico pubblico ha un problema di scarsità di risorse. Dunque, se la longevità è da salutare come un fatto positivo, non si può ignorare il rischio che ci siano sempre più persone che, come si usa dire, sopravvivono oltre i loro risparmi, cioè potrebbero trovarsi con una mancanza di risorse finanziarie adeguate durante la vecchiaia. Per questo il tema delle pensioni integrative va affrontato il prima possibile”.
Proprio per stimolare la previdenza integrativa, potrebbe presto tornare il sistema del silenzio assenso sul Tfr, per spingere verso i fondi pensione gli accantonamenti che i lavoratori fanno tradizionalmente per la liquidazione. Chi non si esprimerà in senso contrario vedrà le future quote del Tfr confluire nella previdenza integrativa. È una misura da salutare con favore?
“Senza dubbio sì, anche se non possiamo pensare che una sola misura possa risolvere tutti i problemi di cui abbiamo discusso. Il sistema del silenzio assenso fu introdotto già una prima volta quasi vent’anni fa per un periodo di 6 mesi, dando senza dubbio una spinta significativa. Tuttavia, a distanza di tanto tempo è innegabile che la previdenza integrativa abbia avuto in Italia una crescita inferiore alle aspettative iniziali. Per questo dico che c’è bisogno di uno sforzo collettivo che coinvolga diversi attori. C’è bisogno di quella che Richard Thaler, economista premio Nobel, chiama la spinta gentile: un insieme di azioni capaci di far crescere la consapevolezza tra i lavoratori della necessità di dotarsi di un piano previdenziale integrativo. Gli argomenti per una campagna efficace non mancano di certo”.
Qualche esempio?
“L’Italia ha una delle migliori legislazioni al mondo sul tema della previdenza complementare, ma non tutti ne sono a conoscenza. Molti non sanno o non hanno ben chiaro, per esempio, che l’investimento nella previdenza complementare consente di avere benefici fiscali sin da subito. Inoltre, il capitale accumulato può essere riscattato totalmente o parzialmente anche prima della data del pensionamento, per esempio in caso di problemi gravi di salute, di disoccupazione o per l’acquisto di una casa, mentre a otto anni dall’adesione può essere riscattato fino al 30% liberamente. Come società di gestione del risparmio, Anima si impegna per fare la propria parte attraverso attività di formazione i consulenti con cui collaboriamo, sia di estrazione bancaria che inseriti nelle reti. Lo scopo è aiutarli nella loro relazione con i clienti e con le piccole e medie aziende, dal momento che i temi previdenziali riguardano da vicino anche il mondo delle imprese e i loro dipendenti”.
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