Perché i prezzi del cioccolato stanno aumentando: la crisi del cacao

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Aumenti del pane, del burro, della corrente elettrica, ma anche delle nocciole e di diverse materie prime utilizzate in pasticceria. Sono mesi, anzi anni che se ne parla. Complice una serie di fattori che rispondono a un’industria globale (il Covid, la successiva pandemia, le guerre ma soprattutto episodi climatici sempre più schizofrenici) l’industria alimentare sta affrontando numerosi cambiamenti, che spesso ricadono sulle fasce più deboli della filiera.

I paesi produttori in crisi

Accade anche per il cacao, la pianta dai cui semi (le fave) si crea il cioccolato, che è uno degli ingredienti più importanti, golosi e amati della pasticceria. Sono in particolare due i paesi produttori nel mondo che si contendono il primato di rifornire di fave di cacao quasi l’intero pianeta: Costa d’Avorio e Ghana. Entrambi le nazioni dell’Africa Occidentale – in particolar modo il primo – spediscono milioni di tonnellate di cacao nel mondo, permettendo soprattutto alle grandi industrie di realizzare tavolette, caramelle, soggetti, merendine e snacks a base di cioccolato.

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Da prodotto per l’elite a commodity di massa: l’iter del cioccolato

Ma qualcosa è accaduto anche qui, fenomeni molto complessi da riassumere che possono tradursi in raccolti sempre più scarsi dalle piante di cacao, succedutisi per 3-4 anni di fila. C’entra la crisi climatica ma anche un virus che ha colpito duramente le piante africane. Uno dei risultati è stato il progressivo innalzamento dei prezzi, che è arrivato a toccare tanti paesi del mondo, visto che il cioccolato è diventato negli anni una commodity come mai era stata. Nato come ingrediente sacro e rituale usato soprattutto in America centrale, per tanto tempo è stato appannaggio solo delle classi economicamente e politicamente più agiate. Poi la produzione su larga scala ha trasformato il cioccolato in un bene di largo consumo, più accessibile monetariamente e geograficamente.

Fave di cacao, massa di cacao e cioccolato

In vista del Natale, questi prezzi al rialzo non possono che spaventare, sia i clienti che i trasformatori. Come i molti pasticcieri e cioccolatiere italiani. “Il cioccolato per noi costa esattamente il doppio rispetto a un anno fa. Mentre noi facciamo sempre lo stesso prodotto” ci racconta Antonio Costagliola, pasticciere di Guantiera a Bacoli, che proprio quest’anno si è aggiudicato il secondo posto al concorso Mastro Panettone con un grande lievitato al cioccolato. “Cerchiamo sempre di preservare la qualità. Se un cliente è abituato a mangiare quel tipo di cioccolato, non possiamo cambiare materia prima in corsa. L’unica cosa che potevamo fare è stata alzare di 50 centesimi il prezzo delle tavolette e togliere dalla produzione qualche mignon che economicamente non era più sostenibile. E io cerco anche di avere un prezzo accessibile. Il segreto è non cedere, avremmo potuto prendere altri tipi di prodotti un po’ più economici, ma penso che sarebbe stato l’inizio della fine”.

Su questo fronte sono in molti ad essere d’accordo: i fornitori non si cambiano da oggi a domani. Ma se i prezzi continuano a salire? “È aumentato tutto in proporzione, anche il burro di cacao che è un derivato della lavorazione del cacao, il cui prezzo è triplicato. Sul Natale forse riusciremo ad ammortizzare un pochino i costi poiché il panettone ha una marginalità diversa rispetto alla tavoletta di cioccolato. A Natale c’è anche una maggiore propensione alla spesa”.

Economia gestionale per fronteggiare gli aumenti

Cioccolatini di Grué

Per chi non fa bean to bar – ovvero lavora le fave direttamente per trasformarle in cioccolato – non rimane che relazionarsi con i fornitori, che in questi anni hanno comunicato aumenti dolenti. “Che sono stati sempre più alti progressivamente” commenta Marta Boccanera della pasticceria Gruè di Roma “e non vale solo per il cioccolato ma anche per altre materie prime. È una combinazione di fattori. Ci hanno anche invitato a fare scorta per non rimanere senza. Sicuramente gli aumenti si affrontano migliorando la parte gestionale, evitando sprechi oppure di fare diversi ordini piccoli a favore di un magazzino più grande”. Anche qui il panettone al cioccolato è uno dei più amati – anche più del panettone tradizionale, si chiama Gianduioso – tra i grandi lievitati, ma è un dolce che ci si può concedere una volta ogni tanto. Così come i soggetti di cioccolato realizzati direttamente da Marta e da suo marito, anche lui pasticciere, Felice Venanzi. “Cambiare fornitore? Se lo dovessi fare non lo farei per i costi. Il nostro prodotto non si tocca”.

Cambiare fornitori? Per molti è impraticabile

Livia Tommasino nel suo laboratorio

Quando ha aperto il suo primo locale, una cioccolateria in una città con pochi indirizzi del genere, Livia Tommasino aveva appena 22 anni. Era il 2021 e i prezzi stavano cominciando a salire. Velt, la sua bottega in zona Portuense, è un paradiso delle praline, ma anche tavolette di cioccolato, uova, torroni e biscotti. Il cioccolato è quindi fondamentale per sviluppare tutta la proposta che da qui a poco crescerà con una nuova apertura. “I prezzi sono aumentati e non di poco. Per ora continuo con la mia produzione, senza aumentare i prezzi. Non ho mai valutato di cambiare il mio fornitore, perché mi piace molto. Certo se gli aumenti arriveranno all’80% dovrò certamente fare delle valutazioni”.

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Come i prezzi sono aumentati, possono diminuire

Le praline di Cioccolati Urzi a Firenze

Maggiore ottimismo da Firenze, dove Francesco Montrone della sua cioccolateria di Firenze, Urzi Cioccolati, lavora direttamente le fave di cacao. “È vero che c’è stato un picco, ma a marzo 2025 ci aspettiamo che i prezzi decrescano, al massimo ad agosto ci dicono le previsioni. Abbiamo risolto tagliando molto dalla filiera e andando più diretti in paesi produttori come il Costa Rica. Anche perché i prezzi non li abbiamo toccati. Con i nostri fornitori gli acquisti si fanno di anno in anno, il prezzo non può variare in continuazione. Abbiamo cercato di razionalizzare, magari risparmiando sulla carta o sul tempo. Per dire una cosa banale, invece di mettere 1000 decorazioni a Natale ne abbiamo scelte 3. Non esiste l’idea di abbassare la qualità e usare porcherie”. In attesa che le previsioni di Montrone si avverino, si stringono i denti, una pralina di cioccolato alla volta.

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