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Il baratro del cinema italiano: tra crisi e speranza

di Samuel Campanella Bologna, 22 dicembre 2024 – Il 2024 può essere definito uno degli anni più critici per la nostra industria cinema. Tra fallaci riforme e un mercato indipendente praticamente al collasso, si prospetta un panorama poco promettente.

Numeri alla mano: la classifica del box office italiano stilata da Cinetel del corrente anno solare, cioè da gennaio a dicembre 2024, riporta nella sua top ten un solo titolo italiano: “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, che con un incasso di €8.952.467 si attesta (per il momento) al nono posto. Unico film italiano in mezzo a nove titoli made in USA, distante di circa 37 milioni dal primo posto. Una lotta impari, ma ciò che rattrista non è solo la quasi totale assenza di titoli italiani, quanto l’entità complessiva degli incassi. A titolo comparativo, nel 2023 il film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” aveva incassato oltre 36 milioni, un evento storico che aveva fatto sperare in una ripresa attesa da anni. Ma era pura illusione, oggi quei numeri ci appaiano più come il vertice di una rovinosa discesa verso il baratro. Nel 2024, il numero di spettatori al cinema in Italia ha registrato una flessione significativa rispetto all’anno precedente. Nonostante alcuni segnali di debole ripresa durante l’estate, con oltre 15,5 milioni di presenze e un incasso superiore a 110 milioni di euro, che hanno reso la stagione estiva la migliore di sempre, il mese di settembre ha visto una drastica riduzione del 35% delle presenze rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con soli 4,3 milioni di ingressi. Situazione che ha avuto ovvie ripercussioni anche sulle piccole e medie imprese. Nel primo trimestre del 2024, si è registrato un crollo del 66% nelle nuove produzioni rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con la chiusura di numerose realtà imprenditoriali indipendenti. Non c’è dubbio che una parte di questa catastrofe sia riconducibile alla tanto contestata riforma del tax credit. Nato come strumento fondamentale per sostenere le piccole e medie imprese audiovisive, nella sua versione attuale finisce per favorire le società con budget elevati, spesso in partnership con colossi internazionali. Un paradosso che lascia perplessi e che acuisce ulteriormente le difficoltà dei produttori indipendenti, segnando una crisi strutturale, culturale, professionale e settoriale che appare sempre più evidente.

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Un ulteriore segnale della profonda crisi che affligge l’industria cinematografica è la sua incapacità di rinnovarsi in modo sostenibile. La produzione di contenuti audiovisivi si fonda ancora su pratiche obsolete, incapaci di tenere il passo con le rapide innovazioni tecnologiche e l’adozione di modelli ecologici che, in altri paesi europei, sono già prassi consolidate. La carenza di figure chiave, come il sustainability manager sul set, e l’assenza di un percorso strutturato verso la transizione energetica, evidenziano un ritardo che non solo ostacola la competitività del settore, ma lo condanna a un immobilismo pericoloso. In un’epoca in cui la crisi climatica è una realtà urgente e ineludibile, il rifiuto di adeguarsi a questi cambiamenti e l’incapacità di adottare pratiche ecologiche compromettono ulteriormente la posizione del cinema italiano, sempre più distante dagli standard internazionali. Pochissime sono le politiche che promuovono questa evoluzione necessaria, a testimonianza dell’assenza di una visione vera di crescita e lungimiranza per il settore.

Più inquietante, infine, è il progressivo impoverimento del cinema italiano nel suo ruolo culturale e artistico. Quella che un tempo era un’industria capace di raccontare l’identità di un Paese attraverso un linguaggio universale, è ormai degradata a puro strumento di intrattenimento commerciale. Le consuete produzioni milionarie dei soliti registi pseudo-intellettuali non riescono più a nascondere una realtà oggettivamente in declino.

Alla luce di ciò, è urgente un intervento concreto per preservare un patrimonio artistico e culturale che rischia di essere altrimenti dimenticato. Sostenendo il cinema indipendente, investendo in nuove voci, rivoluzionando il sistema distributivo e integrando pratiche sostenibili, potremmo forse restituire al settore la vitalità e il virtuosismo di un tempo. Una presa di coscienza imprescindibile, un atto d’amore da parte di tutta la comunità, dalle istituzioni alle ultime comparse. Solo con coraggio e una passione, il cinema italiano potrà forse riconquistare quella voce artistica indimenticabile che lo ha reso unico e per cui ancora oggi molti continuano con passione a lottare.

 





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