Segreti e alchimie di Tambre in una casa-museo sorprendente

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C’è chi ipotizza che il suo autoritratto vigili sul portico a tre archi della sua casa da secoli. Ma la sua presenza, anche se non l’ha lasciata in forma di scultura, si avverte nitida nel singolare edificio, così diverso dagli altri di Valdenogher di Tambre, nella Conca dell’Alpago.

È una presenza di cui si vociferava da tempo, ma che si è svelata lentamente. E ora è diventata fulcro di un’articolata attività culturale e meta di sempre più appassionati, studiosi e turisti curiosi che vogliono scoprire la “Casa dell’Alchimista”.

Chi fosse l’alchimista non ci è dato saperlo; ma molti sono i simboli alchemici che il recupero dell’edificio ha svelato. Di certo, invece, si sa che è stata costruita tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento e che nel Settecento fu acquistata da un ricco signore di Serravalle (Vittorio Veneto), i cui eredi vi vissero fino agli anni Sessanta, rinominandola anche “Palazzo dei Lissandri”, nome forse derivato da “quelli di Alessandria”, luogo dal quale la leggenda narra sia arrivato in Alpago, protetto dalla Serenissima o confinato da essa, un alchimista in fuga dall’Egitto.

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Poi la vendettero (per 10 mila lire) al Comune di Tambre che, non sapendo che farsene, successivamente la donò all’allora Comunità Montana dell’Alpago, che negli anni Ottanta ha iniziato il recupero dell’edificio, guidato dalla competente Soprintendenza.

L’intento era quello di farne un ufficio turistico, ma la riscoperta della sua essenza ha completamente trasformato i piani. Essenza che ora si manifesta già nella facciata cinquecentesca, le cui anomalie non possono essere solo espressione della bizzarria del suo costruttore: tre piani, il portico a tre archi supportati da colonne di pietra bianca, dodici aperture, quattro colonne alla base, sculture di serpenti e un ermafrodita, triangolazioni infinite da interpretare e una luminosa bifora tipicamente veneziana al centro.

L’interno non è da meno, con la sua suddivisione in tre piani che simbolicamente rappresentano le tre fasi dell’opera alchemica. A cominciare dal piano terra, il Nigredo, la “fase al nero”: quattro stanze dalle pareti annerite dal fuoco con il quale l’alchimista fondeva i metalli per separarli dalle impurità e riportarli al loro stadio primitivo.

Ma, pur se dotata del necessario focolaio (Athanor), ora ricostruito su un basamento originale, la casa non è dotata di camino; pertanto, il fumo usciva solo da aperture praticate sopra le porte, invadendo le altre stanze. Il piano superiore rappresenta invece l’Albedo, “l’opera al bianco” che purifica la massa informe scaturita dal Nigredo; quella che chimicamente è una distillazione e metaforicamente è una rinascita: dopo il buio pianterreno, la stanza illuminata dalla bifora crea proprio questo effetto di ritorno alla luce.

Infine, il terzo piano è quello della Rubedo, dove la materia rinasce nel segno del colore rosso. Ma, oltre agli elementi simbolici strutturali, dell’attività dell’alchimista non è rimasto nient’altro (si dice anche che, negli anni Trenta, ritrovando degli antichi libri, i residenti li abbiano dati alle fiamme poiché temevano si trattasse di stregoneria): quello allestito nella sua casa e nel piccolo ampliamento ottocentesco attiguo è un museo evocative.

Privo di opere d’arte o di strumenti utilizzati in alchimia, già spariti, distrutti o sottratti nei periodi storici successivi alla presenza dello sconosciuto alchimista che l’ha realizzata. È proprio quest’assenza a evocarne la presenza, non solo per i libri fantasma e i pannelli presenti in ogni stanza, realizzati dalla Soprintendenza per aiutarne la comprensione, ma anche per l’atmosfera particolare che si vive e si respira spostandosi da una stanza all’altra, grazie all’accompagnamento delle volontarie che fanno da guida in quello che è ormai il fiore all’occhiello di un’intera comunità.

Gli interni della casa museo

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Valdenogher è una frazione di Tambre, a quattro chilometri dal centro del paese e a una ventina da Belluno. Per chi proviene dal Lago di Santa Croce e Farra d’Alpago salendo lungo la Strada provinciale 18, la Casa Museo dell’Alchimista si nota facilmente: sarà sulla vostra sinistra, lungo via degli Emigranti. E non potrete non notarla, sia per il suo aspetto inconfondibile, sia perché è ben segnalata in prossimità di una piccola diramazione.

Le attività

La Casa Museo dell’Alchimista è di proprietà dell’Unione Montana dell’Alpago ed è gestita dalla Pro Loco di Tambre, soggetto chiave della comunità locale, che vi organizza anche numerose attività nel corso dell’anno. Nei mesi estivi è aperta nei week end, mentre durante l’inverno apre solo su prenotazione (minimo 5 partecipanti), per visite condotte da guide volontarie. Info e prenotazioni: 350 0034954 – www.prolocotambre.it.



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