La cerimonia prima di Natale nel palazzo del consiglio, è l’ultima (salvo soprese) per Zaia dopo 14 anni di regno
«Non so nulla su un eventuale slittamento al 2026 delle elezioni regionali, a oggi saranno in autunno 2025. Così si aprono scenari di inquietudine, a partire dall’affluenza alle urne, perché è irrituale andare a votare a ottobre. Ma non si sa ancora nulla» dice Luca Zaia a chi gli chiede, nel corso di quella che potrebbe essere l’ultima conferenza natalizia di un regno durato quasi 15 anni, quando si voterà per le Regionali. Sullo sfondo, e neppure troppo, c’è quella «finestra primaverile» per il voto scritta nello statuto della Regione. Ma una risposta chiara ancora non c’è. L’altro elemento di incertezza, quello sullo sblocco dei mandati per i governatori, non aiuta. Anche se Zaia specifica: «L’unica novità è se il governo impugnerà o meno la legge della Campania, perché se dovesse passare, autorizzerebbe i 4 mandati e, a quel punto, tutti i governatori uscenti col blocco dei mandati dovrebbero guardare a questo fatto atipico».
Il ricordo di Elena Donazzan
Venerdì, a palazzo Balbi, la conferenza stampa di rito per tracciare un bilancio dell’anno che si sta chiudendo è andata in scena con un copione collaudato, concerto di Natale incluso. La colonna sonora del video d’apertura è sempre la consueta marcia trionfale. Gli otto assessori della giunta Zaia sono, come sempre, schierati mentre il presidente-mattatore presenta quanto è stato fatto. Giacca e cravatta per gli uomini, sobri tailleur per le donne. Manca un po’ il tocco brioso dell’ex assessore e ora europarlamentare Elena Donazzan ricordata, peraltro, da Zaia. Ma all’appello manca soprattutto qualche sorriso. I volti degli assessori che, a oggi, sono tutti destinati, con le eccezioni di Francesco Calzavara e Valeria Mantovan, a non poter tornare in giunta per il blocco ai mandati, tradiscono una certa dose di rassegnazione e una domanda: «Sarà davvero l’ultimo anno?».
L’indeterminatezza di un futuro ormai prossimo aleggia sulla giornata di festa e un po’ la guasta. In platea i consiglieri regionali sono pochini. Non c’è nessuno dell’opposizione come di consueto, ma non ci sono neppure i capigruppo di Lista Zaia e Lega Alberto Villanova (malato, ha delegato il suo capo segreteria Andrea Recaldin) e Giuseppe Pan. Tolto un drappello di consiglieri leghisti, si contano due rappresentanti di FdI, il capogruppo Lucas Pavanetto e Tommaso Razzolini. C’è il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti (che però scappa prima della fine della conferenza stampa). Vistosamente manca in blocco la pattuglia di Forza Italia, pesa il recente strappo sul bilancio che gli azzurri non hanno votato in protesta all’aumento dell’Irap. Ci sono i dirigenti regionali, ci sono i giornalisti, il piano nobile del Balbi è in overbooking ma la sensazione è che prevalga un sentimento dolce-amaro da fine di un ciclo storico.
L’appuntamento prosegue al piano di sopra dove neppure le leccornie ammannite dagli uomini della Coldiretti riescono a regalare una scintilla più festiva, anzi, i piccoli crocchi sembrano cercare (e trovare) nel cibo un po’ di conforto. Un capannello è proprio quello degli assessori, non si fermano molto, qualcuno viene intervistato. In ballo per i leghisti c’è la sentenza sul caso Open Arms con Matteo Salvini imputato (e assolto in serata). Pesa la stanchezza della maratona di bilancio terminata in settimana e molto più faticosa delle precedenti proprio per la vicenda Irap.
Ma pesa soprattutto l’incertezza di cosa accadrà nel 2025 o, ben che vada, a primavera 2026. I veterani della Lega fanno di conto e sono in tanti a dire «se non corriamo da soli alle prossime Regionali siamo morti». La battaglia per la sopravvivenza (del partito che ha governato il Veneto senza rivali per tre lustri, ma anche degli eletti nell’ultima legislatura zaiana) è iniziata. I segnali ci sono tutti. Dall’interesse inedito per i posti da consigliere nei Consorzi di bonifica a quello chiarissimo per le partecipate. I trenta consiglieri della Lega sono consapevoli che i posti scarseggeranno se i pesi interni al centrodestra rimarranno quelli di oggi. Intanto Zaia glissa ancora una volta su cosa farà «dopo». Ci si rassegna all’attesa.
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