Su queste colonne, nel mese di settembre scorso ci soffermammo, non senza soddisfazione, sulla ferma ed inequivocabile posizione del ministro dello Sviluppo Economico e del Made in Italy, Adolfo Urso, nei confronti del Gruppo Automobilistico (ex Fiat) Stellantis, che ritardava senza motivo l’inizio dei lavori, già concordati con il governo italiano un anno prima, per la riconversione industriale dello stabilimento ex Fiat di Termoli (in Molise) ove doveva nascere il più grande stabilimento italiano del cosiddetto progetto “Cigafqctory”. Progetto che avrebbe consentito di produrre le nuove batterie al litio per auto elettriche, con tecnologie innovative ed avanzate, sfruttando fonti energetiche rinnovabili per una sostanziale riduzione dell’impatto ambientale.
La riconversione industriale del sito produttivo di Termoli sarebbe stato co-finanziato dal Governo italiano con risorse proprie e con un investimento previsto dal Pnrr di ulteriori 370 milioni di euro. La posizione dilatoria del vertici della multinazionale franco-olandese, in uno con il mancato rispetto degli ulteriori accordi, pure sottoscritti con Stellantis, di produrre nel corso del biennio 2024/25 un milione di nuove auto “sfornate” dagli stabilimenti italiani del gruppo, determinava la ferma reazione del ministro Urso e del Governo in ordine al mancato rispetto degli impegni assunti, bloccando i finanziamenti statali verso il comparto automobilistico e trasferendo le risorse del Pnrr su altri progetti finanziabili e altrettanto necessari. Quasi immediatamente veniva anche diffidato il Gruppo Stellantis a modificare immediatamente il nome assegnato alla nuova autovettura con marchio Alfa Romeo, che Stellantis aveva individuato in “Milano”. Auto che, al contrario, era stata prodotta interamente negli stabilimenti del gruppo, a Tichy in Polonia.
Iniziativa governativa oltremodo efficace che faceva immediatamente ribattezzare il nuovo Suv dell’Alfa Romeo con il nome di “Junior”. Tanto in ragione delle nuove normative sulla tutela del Made in Italy, recentemente approvate su proposta del Ministero dello Sviluppo Economico e che vietano tassativamente ad un prodotto realizzato completamente all’estero di assumere un nominativo riconducibile al Paese Italia o alle produzioni italiane. Un lungo braccio di ferro, dunque, quello ingaggiato da Urso e da tutto il Governo italiano che contestava al gruppo Stellantis di voler lasciare gradualmente, anzi alla “chetichella,” il nostro Paese senza avere la “compiacenza” e senza sentire il dovere di valutare tutte le conseguenze di un simile criminoso progetto a partire dalla crisi occupazionale senza precedenti che avrebbe procurato. Più volte venivano convocati i vertici della multinazionale che fornivano, con il loro manager Tavares, spiegazioni poco convincenti o rilanciavano con richieste ulteriori di finanziamenti dallo stato italiano, senza offrire garanzie di un piano industriale degno di questo nome.
Le richieste di Tavares venivano restituite con fermezza e sistematicamente al mittente, unitamente alla richiesta di voler ascoltare, su questa materia incandescente, unicamente la posizione ufficiale del presidente del Gruppo John Elkann. Quest’ultimo, dapprima reticente, mostrava nelle ultime settimane segnali più distensivi, sino ad accogliere l’invito garbato di Governo e Parlamento a confrontarsi con le Istituzioni italiane sulla presunta crisi del gruppo e sulla eventuale prosecuzione della presenza di Stellantis sul territorio italiano. Cosa è accaduto nel frattempo? Un ripensamento fondato esclusivamente sul buon senso, certamente. Ma noi siamo convinti che il cambio di passo di Stellantis sia da ricercare nelle dimissioni, o meglio l’accantonamento dorato del manager lusitano Tavares, che aveva fatto il suo tempo e che di umano conservava solo le sembianze. Un uomo che studiava solo tagli e dismissioni e che era ossessionato esclusivamente dai risultati dei bilanci e dai dividenti da conferire agli azionisti.
Ma che continuando di questo passo avrebbe distrutto in pochi anni il patrimonio di idee e di iniziative di crescita e di sviluppo globale della ex Fiat, che tanto animò l’attività febbrile e competente di Sergio Marchionne. Con l’accantonamento di Tavares, prodotto anche e soprattutto dall’atteggiamento intransigente e risoluto del governo italiano che ha sempre preteso programmi chiari e definiti di sviluppo e piani industriali coerenti ed efficaci come precondizione per poter valutare una collaborazione governativa attiva in ordine al rilancio dell’industria automobilistica in Italia, il clima é divenuto via via più sereno. E nella assemblea convocata dal ministro Urso nella sede del Dicastero dello Sviluppo Economico il giorno 17 dicembre, presenti anche il ministro del Lavoro, Elvira Calderone, dell’Economia, Gian Carlo Giorgetti, dei Governatori delle Regioni con insediamenti produttivi ex Fiat sul territorio e dei rappresentanti sindacali di categoria, Il Gruppo Stellantis si è presentato al tavolo con un simpatico manager italo-francese dal cognome italianissimo, Jean Philippe Imparato che ha subito declinato, in perfetta lingua italiana, la sua origine nella cittadina laziale di Gaeta.
Imparato, Responsabile del Gruppo Stellantis per l’Europa, ha immediatamente annunciato i termini di un progetto in progress confezionato dal gruppo automobilistico franco-olandese per le sue fabbriche del mercato italiano, che impegnerà non poco il gruppo industriale sul nostro territorio nazionale, regione per regione, in ogni stabilimento industriale operativo, confermando l’Italia al centro delle sue strategie produttive europee. Nel dettaglio ciò significa un impegno economico di 2 miliardi di Euro per il solo anno 2025 destinati agli stabilimenti italiani, e 6 miliardi di Euro in acquisti da soli fornitori dell’indotto italiano. Tanto per dare ossigeno ad un comparto di eccellenza, in grave sofferenza per la ventilata sospensione delle commesse di componentistica di qualità da parte di Stellantis.
Investimenti, questi, prelevati da risorse del gruppo e senza aiuti finanziari governativi. Relativamente ai nuovi carichi di lavoro negli stabilimenti ex fiat, Imparato ha anticipato che dal prossimo anno sarà incrementata la produzione dei veicoli di punta del gruppo (Panda e Jeep, così come la Stelvio e la Giulia del marchio Alfa). Ma già dal 2026 saranno messe in produzione nuove vetture con marchio Fiat e Lancia di media dimensione, elettriche ed ibride. Ed anche due vetture nuove derivate dalla Peugeot 208, ormai quasi fuori produzione in Francia.
Questi nuovi modelli saranno prodotti a Melfi e Pomigliano. Così come saranno impegnati in questo progetto di sviluppo complessivo tutti gli altri stabilimenti italiani del gruppo Stellantis. Progetto che sarà a breve illustrato al Parlamento Italiano, nel suo dettaglio operativo, proprio dal Presidente John Elkann, probabilmente già prima di Natale. E così sembra avviarsi a conclusione positivamente la “madre di tutte le crisi aziendali” del comparto automobilistico e non soltanto. Una crisi che viene da molto lontano e che si é incancrenita nel tempo per il mancato controllo dei governi italiani degli ultimi 20/30 anni sulle strategie di crescita e sviluppo dell’ex Fiat nel nostro Paese. Governi che hanno, nel tempo, solo pedissequamente accolto le richieste di aiuti finanziari governativi, i milioni di ore di cassa integrazione erogati per il personale, gravanti sulle risorse finanziarie pubbliche. Senza nulla obiettare, in maniera subalterna, subendo il ricatto dell’azienda di chiusura degli stabilimenti ad ogni soffio di vento di difficoltà societaria o crisi ricorrente del mercato automobilistico.
Di qui la perdita di considerazione per le Istituzioni italiane, culminata con la mortificazione dal trasferimento della Sede Sociale in Olanda e dalla direzione strategica dell’azienda in Francia. Con l’inserimento anche dello Stato transalpino nella compagine societaria del gruppo. Un duro e vergognoso colpo mancino al Paese che per 80 anni a questa parte si era identificato con l’azienda Fiat di Torino, raggiungendo traguardi comuni di prestigio nazionale e imprenditoriale non trascurabili. Tanto da conquistare il mercato statunitense con l’acquisizione del Gruppo Chrysler Corporation e il mercato europeo con l’acquisto della francese Peugeot. Ma questa è storia recente che è opportuno certamente non dimenticare. Ma andando avanti con competenza e determinazione, come dimostrato abbondantemente nella gestione impeccabile di questa crisi da parte degli attuali attori del governo nazionale, restituendo, proprio in concomitanza delle festività Natalizie, fiducia e serenità alle migliaia di lavoratori ex Fiat e alle loro famiglie.
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