La nuova crisi di Cuba

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Prima di finire, assai malamente, il suo mandato, il presidente John Biden ha lasciato due mele avvelenate che saranno sfruttate dal prossimo segretario di Stato, Marco Rubio, contro Cuba. La prima è la conferma per un altro anno di Cuba nelle lista nera Usa dei «paesi che favoriscono il terrorismo». La seconda nelle rivelazioni della Cia – sbandierate negli ultimi mesi da giornali conservatori come il Wall Street Journal- sulla presenza nell’isola caraibica di quattro basi di spionaggio elettronico cinesi (smentita sia da Cuba che dalla Cina).

DI FRONTE a tale prospettiva più che inquietante, il presidente Miguel Díaz-Canel ha ribadito negli ultimi giorni in due occasioni – il IX Plenum del Pcc e il vertice di Caracas per il ventennale della creazione dell’Alba (Alleanza bolivariana che riunisce dieci paesi) – che Cuba «non si piegherà» e continuerà a resistere- come ha fatto per più di 60 anni- alla «guerra unilaterale economico-finanziaria-commerciale», che gli Usa definiscono embargo. Come? A livello internazionale con l’appoggio del «Sud Globale» –, Alba, il Gruppo dei 77 più la Cina – e soprattutto dei Brics, dove operano gli alleati più potenti, Russia e Cina. In politica interna, proseguendo in quella che nell’ultimo anno è stata definita «un’economia di guerra», ovvero fatta di sacrifici e misure speciali per correggere «le distorsioni dell’economia cubana». Misure che però si sono rivelate inefficaci o controproducenti, è la tesi dell’accademico Juan Triana. L’economista Julio Carranza avverte che, oltre alle crisi macroecomica e di crescita vi è anche quella del modello economico: «Abbiamo un sistema di imprese che, salvo alcune eccezioni, è essenzialmente inefficiente».

LA SITUAZIONE di Cuba a fine anno è drammatica: una crisi macroeconomica della quale non si vede una via di uscita, riserve monetarie ridotte al lumicino di fronte a un forte debito estero, produzione in calo –come il Pib -, alta inflazione, crescita della povertà con le sue nefaste conseguenze sociali: marginalità e violenza (anche femminicidi) in crescita. Come pure sono in crescita le proteste popolari contro questa situazione, finora in gran maggioranza motivate da un malessere specifico – prezzi troppo alti, mancanza di luce, di acqua, di carburante dunque di trasporti – più che da obiettivi politici antisocialisti. E questo nonostante che quest’anno abbia registrato un aumento esponenziale in rete e nei social di una propaganda anticastrista (made in Florida, Madrid e Buenos Aires) sempre più massiccia e violenta («messaggi e politica di odio» li ha definiti Díaz-Canel). Segno che una opposizione esiste, ma che non è capace di conquistare una base popolare.

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NEL SUO INTERVENTO al Plenum del Pcc Marydé Fernández López, vice responsabile del Dipartimento ideologico, ha avvertito della «decrescita del livello di vita della popolazione e delle deficienze anche nelle conquiste della Rivoluzione, come la salute, l’educazione e la sicurezza cittadina».La ricetta proposta dal vertice del Partito comunista, che per l’articolo 5 della Costituzione «è la forza dirigente superiore della società e dello Stato», è mettere fine alle «distorsioni e ritardi» di un modello che viene ribadito con forza: quello della pianificazione economica centralizzata e basata sulle imprese di Stato. Il settore privato (lavoratori «per conto proprio» e micro, piccole e medie imprese private, note come Mipymes) devono integrarsi e essere tributarie del sistema statale. Lo ha affermato chiaramente il presidente Díaz-Canel nel suo discorso al Plenum del Pcc: «Mentre esiste una confusione su quale sono le relazioni che devono esistere tra il settore statale e il non statale e qual è il ruolo che ciascuno di essi ha nell’economia, saremo in balia di pericolosi errori». Che vanno corretti «adeguando» l’attività dei privati alle esigenze della pianificazione centralizzata. Un adeguamento che è al centro «dell’offensiva» del Pcc per ridare fiato all’economia dell’isola.

IN SOSTANZA, le ultime misure decise dal vertice del partito-governo – impedire che i privati svolgano una funzione di grossisti e esigere che, entro i prossimi tre anni, i privati producano con sistemi ecologici il 50% dell’energia che consumano- costituiscono un ulteriore volontà di controllare il nascente settore privato, accusato dal presidente Díaz-Canel di essere «il responsabile dell’aumento dei prezzi» dei beni di prima necessità.

Una scelta che,secondo il cattedratico e ex diplomatico cubano Carlos Alzugaray, può portare al «suicidio politico».



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