Reati fiscali e confische, così la procura generale si «sostiene» da sola

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di
Mara Rodella

Nell’ultimo anno sono stati recuperati 4milioni e 970mila euro e quasi quindici milioni di euro nell’ultimo triennio

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Stipendi — di otto magistrati (compreso il «capo» e l’avvocato dello Stato) e 23 amministrativi, di cui 4 militari — utenze e voci varie ed eventuali di spesa: non solo la Procura generale di Brescia potrebbe pagarle senza colpo ferire di tasche sue, ma allo stato — che formalmente eroga naturalmente i pagamenti — avanzerebbe pure qualcosa. In sintesi, la nostra Pg è in grado si sostenersi, e mantenersi, a proprie spese. E lo dicono i numeri. Per la precisione, quelli che derivano dalle confische decretate dalle sentenze ormai definitive, in grado di «autofinanziare il nostro ufficio che dunque, allo Stato, nulla costa» spiega il procuratore generale Guido Rispoli. E lo fa snocciolando numeri, al fine di analizzare una macchina della giustizia «che non va valutata solo considerando tempi e costi, ma anche in relazione alla sua capacità di generare ‘ricavi’».

E i dati dicono di 4.970.677,36 milioni di euro confiscati dalla Procura generale di Brescia nell’ultimo anno giudiziario, dal primo luglio 2023 al 30 giugno 2024, di cui: denaro contante per 4.395.875,36, automobili per 18.509 euro, quote societarie per 16.520 euro e immobili e terreni ( «i primi vengono venduti grazie a un altro protocollo dalle cancellerie del Tribunale, i secondi ceduti al Demanio») per 539.773 euro. In tre anni, stesso riferimento temporale, sono circa 15 milioni di euro.




















































Un patrimonio recuperato grazie «a un memorandum operativo stipulato nel giugno 2021 insieme al Comando regionale Lombardia della Guardia di Finanza in relazione alle confische in fase esecutiva, da sole, idonee a coprire le spese della ‘azienda’ Procura generale di Brescia, senza considerare gli ulteriori introiti che derivano dalle pene pecuniarie e dalle misure di prevenzione patrimoniali». Quindi, in sostanza, al netto delle sentenze — definitive — per una serie di reati che prevedono obbligatoriamente la confisca diretta o per equivalente del provento degli illeciti, là dove il dispositivo contenga la statuizione di confisca «ma i beni necessari a soddisfarla non siano stati sequestrati o lo siano stati solo in parte», il magistrato competente a quel punto attiva il tavolo tecnico previsto dal memorandum e insieme alla Guardia di Finanza di Brescia verifica se sussistano i presupposti per procedere alla fase esecutiva», di competenza o dell’ufficio della Procura (tutte quelle del distretto, se la sentenza di secondo grado è conforme a quella di primo) o della Procura generale (se invece è stata riformata). Ancora, può succedere «che la sentenza non comprenda disposizioni di confisca e non ci siano beni in sequestro»: in questo caso, spiega il pg, nello stesso modo scatta il protocollo e di conseguenza un incidente di esecuzione, per il quale è decisivo e fondamentale il ruolo della Corte d’appello, dopo gli accertamenti patrimoniali di rito».

Brescia, non usa mezzi termini Guido Rispoli, «in questo senso è un modello da diffondere a livello nazionale in altre sedi giudiziarie», tanto che al memorandum «anche il Comando generale della Guardia di Finanza ha attribuito assoluta valenza strategica». Un’esperienza, continua, in grado di dimostrare «che investire nella giustizia conviene anche sotto il profilo economico» senza sottovalutare un aspetto: «Le risorse di cui stiamo parlando vengono sottratte a chi ha commesso reati, certificati da sentenze diventate definitive, e non chieste a cittadini onesti». Con questi soldi, ribadisce, «siamo abbondantemente in grado di pagarci tutte le nostre spese». Nonostante, alla fine, si riesca a recuperare, in media, circa un 10% dei proventi illeciti (che per Brescia significa quindi un totale di circa 50 milioni in un anno). «E credetemi, è già un trionfo».

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20 dicembre 2024 ( modifica il 20 dicembre 2024 | 07:22)

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