Le tasse Usa nelle tasche di Elon Musk

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Il suo patrimonio è stimato intorno ai 416 miliardi di dollari, con un balzo del 25% (circa 64 miliardi) dopo l’elezione del suo “cavallo vincente”: il 47esimo presidente Donald Trump. È notoriamente l’uomo più ricco del mondo – ma quanti dei soldi delle tante aziende di Elon Musk vengono dalle tasse dei contribuenti statunitensi attraverso contratti con agenzie del governo federale? Rappresentato graficamente da una lunga inchiesta del New York Times, l’intreccio fra sue compagnie e agenzie federali – in termini sia di beneficio per il magnate che di inchieste, multe, cause e problemi con l’antitrust – appare come una ragnatela fittissima.

Secondo i dati pubblici sui contratti governativi, negli ultimi 16 anni le aziende di Musk avrebbero ricevuto più di 20 miliardi di dollari dal governo federale – sulla carta una percentuale in realtà minima dei suoi affari. Ma come spiega alla Cnn l’analista di Wedbush Securities Daniel Ives «La fondazione del successo finanziario di Musk si deve al governo federale». Un esempio su tutti: la vendita di regulatory credits , i crediti sulle emissioni che Tesla vende alle altre compagnie automobilistiche: essendo l’unica azienda che produce esclusivamente auto elettriche è il “punto di riferimento” degli altri automaker che devono compensare le proprie quote per la riduzione di emissioni di Co2 stabilite dalla legislazione federale. Soldi privati, che però senza le norme governative non esisterebbero, e che rappresentano oggi circa il 10% del guadagno annuo di Tesla, mentre nei primi anni di vita della compagnia arrivavano fino al 25% del suo bilancio.

Sempre Tesla è una delle aziende che beneficerà di più, paradossalmente, dalla promessa di Trump di tagliare il tax credit di 7.500 dollari per l’acquisto di auto elettriche: «Togliete i sussidi, Tesla ne gioverà soltanto», ha scritto Musk su X. La sua compagnia è infatti l’unica che potrebbe continuare a fare dei profitti vendendo auto che costano intorno ai 40.000 dollari.

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L’azienda di Musk più sovvenzionata dal governo federale è naturalmente Space X, a cui la Nasa ha praticamente subappaltato del tutto la produzione dei razzi spaziali e che con la sua sussidiaria Starlink (e la versione militare Starshield) ha profumati contratti con il dipartimento della Difesa, che si è anche ritrovato nella posizione di vedersi scavalcato da Musk nell’”imposizione” della strategia militare di Kiev. È stato il caso del diniego del miliardario a usare i sattelliti Starlink per manovrare i droni ucraini in un attacco alla Crimea occupata dalla Russia, che secondo Musk avrebbe esacerbato la guerra.

I satelliti Starlink vengono forniti all’apparato militare ucraino fin dall’inizio dell’invasione russa del febbraio 2022, sull’onda di uno «slancio» di Musk durato ben poco: già quell’ottobre il miliardario ha presentato il conto al Pentagono sostenendo di non poter continuare a sostenere la spesa . L’ultimo contratto è stato siglato a dicembre per consentire l’accesso a 2.500 ulteriori satelliti Starlink presenti in Ucraina a Starshield, il cui segnale criptato è più difficile da manomettere. Il contratto dovrebbe coprire la connettività in Ucraina per il 2025, ma dal 20 gennaio – data dell’insediamento di Trump – si apre naturalmente un nuovo e insondabile capitolo.

Meno insondabile per quanto riguarda i benefici che ne trarranno le aziende di Elon Musk, che si troverà nell’inedita posizione, da capo del neonato dipartimento per l’efficienza governativa, Doge, di “regolare” chi da anni combatte per imporgli seppur minime regole. È il caso ad esempio del dipartimento di Giustizia che ha fatto causa a Space X per il suo rifiuto di assumere rifugiati e altri immigrati con diritto d’asilo. Improbabile che un simile contenzioso sopravviva alle politiche anti migranti dell’amministrazione Trump, e della futura procuratrice generale Pam Bondi.

Durante l’amministrazione Biden La Federal Communication Commission (Fcc) aveva negato a Space X un sussidio da 900 milioni richiesto per portare l’accesso a internet in remote aree rurali. La reazione di Musk era stata come sempre scomposta – era arrivato a sostenere che il programma avrebbe potuto salvare vite nel North Carolina colpito dall’uragano Helena. Un portavoce della Fcc aveva invece spiegato al Ny Times di aver negato il finanziamento perché le zone che Musk si proponeva di connettere non erano affatto rurali.

Sostenitore del rischio «apocalisse» rappresentato da uno sviluppo senza controlli dell’Intelligenza artificiale, Musk e la sua compagnia che lavora proprio su questa tecnologia – XAi – beneficeranno anche dell’intento dichiarato da Trump di abrogare il blando ordine esecutivo di Biden per regolare il settore. Non sembra improbabile che la «minaccia per l’umanità» denunciata da Elon Musk dipendesse solo dal fatto che nel settore Ia non è una sua compagnia a essere all’avanguardia. Aver puntato tutto su Trump potrebbe risolvere anche questo inconveniente. D’altro canto per l’umanità post apocalisse è pronto il suo progetto per la colonizzazione di Marte.



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