Influenza, il picco è vicinissimo: Toscana terza per numero di casi

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di Giulio Gori

Da ottobre a oggi oltre 50 mila persone a letto, ma i numeri sono sottostimati

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La Toscana corre verso il picco dell’influenza. E in attesa dell’allerta rossa che potrebbe scattare a giorni, è la terza regione italiana per incidenza dei casi: il rapporto settimanale sulla diffusione del contagio pubblicato dall’Istituto superiore di Sanità, infatti, illustra che la nostra regione ha raggiunto un tasso di oltre 14,5 casi di persone attualmente contagiate (oltre tre punti sopra la media nazionale), dietro solo a Campania e Abruzzo. Così la Toscana, in zona «gialla» dallo scorso novembre, con l’inizio del 2025 è entrata in zona «arancione».

Sono oltre 50.000 i toscani allettati dall’influenza dallo scorso autunno a oggi. Per il professor Francesco Menichetti, già primario di malattie infettive al Cisanello di Pisa e ora presidente del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica, «stiamo per arrivare al picco, che probabilmente proseguirà fino a metà febbraio». Una tempistica abbastanza consueta, di fronte a un’epidemia che rischia di essere sottostimata dai dati dell’Istituto superiore di sanità, basati sui numeri di un campione di medici di famiglia e di pediatri di libera scelta. «C’è poca abitudine a una diagnosi precisa. Pensare che basterebbe andare in farmacia a comprare i tamponi che abbiamo imparato ad usare durante il Covid. E anche tra i medici c’è poca abitudine a una diagnosi eziologica, ci si affida spesso a un generico “avrai l’influenza” senza indagare oltre», dice ancora Menichetti. 




















































Che illustra i rischi di questo atteggiamento: «Da anni abbiamo antivirali molto efficaci contro l’influenza, che sarebbero importantissimi per gli anziani e per i cosiddetti “fragili”. Ma per poterli utilizzare c’è bisogno di una diagnosi tempestiva, che escluda che si tratti di altri virus: perché gli antivirali siano efficaci, bisogna farvi ricorso entro le 48-72 ore dall’insorgenza dei sintomi».

Il primo presidio contro la diffusione dell’influenza e dei suoi sintomi — tra problemi respiratori, febbre, dolori articolari e cefalea, che costringono molti a restare per cinque giorni a letto — resta la vaccinazione. Che quest’anno in Toscana ha raggiunto livelli di copertura interessanti: 855.010 persone hanno ricevuto l’antinfluenzale, secondo gli ultimi dati della Regione. Sono circa 40 mila in più rispetto all’anno scorso, «un dato che non si registrava dal 2020», dice l’assessore regionale alla Salute Simone Bezzini, e che mette la nostra regione ai vertici nazionali.

Ma tenuto conto dei 968 mila over 65 della Toscana, cui vanno aggiunte le persone fragili e le categorie protette cui la vaccinazione è raccomandata, una larga parte della popolazione a rischio non è protetta. «Purtroppo la vaccinazione antinfluenzale continua ad essere un optional — commenta il professor Menichetti — la fa chi l’ha sempre fatta, è difficile arruolare nuovi adepti anche tra le fasce a maggior rischio. E il vaccino, se fatto per tempo, resta il presidio più importante per evitare una malattia che non è banale e che può facilitare complicanze come le polmoniti batteriche».

C’è di più: secondo l’infettivologo, «in questo momento la pressione sui pronto soccorso non è drammatica, ma non abbiamo imparato la lezione del Covid e non abbiamo ancora approntato nuovi ospedali di comunità e una rete di medicina e pediatria di base che riesca a fare da filtro. Così chi ha problemi finisce ancora in ospedale. Speriamo che con le risorse del Pnrr le Regioni si decidano finalmente ad affrontare questo grande limite della sanità pubblica, la continuità ospedale-territorio». 

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