In Italia quasi la metà delle posizioni resta scoperta per carenza di lavoratori qualificati: i dati Inapp

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In Italia il mercato del lavoro sta affrontando forti difficoltà nel reperire lavoratori qualificati, con il 47,8% delle posizioni difficili da coprire. Tra le cause la riduzione della popolazione attiva, la carenza di competenze specifiche e il mismatch tra domanda e offerta, con giovani e donne tra le categorie più penalizzate.

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Il mercato del lavoro italiano continua a confrontarsi con un problema strutturale che sta assumendo proporzioni sempre più significative: la difficoltà di reperire lavoratori qualificati.

Secondo i nuovi dati Inapp, la percentuale di posizioni lavorative difficili da coprire è aumentata al 47,8% nel 2024, con un incremento di ben 22,5 punti percentuali rispetto alla media del 2019. Questo dato non solo conferma l’esistenza di un grave discrepanza tra domanda e offerta di lavoro, ma sottolinea anche la necessità di interventi strutturali per colmare questo divario.

Secondo Natale Forlani, presidente Inapp “l’incidenza di questi fattori negativi è destinata a crescere per l’impatto dei cambiamenti demografici determinati dalla riduzione della popolazione in età di lavoro – circa 4 milioni di persone entro il 2040 nello scenario mediano delle stime Istat, già manifesto nell’esodo pensionistico delle generazioni anziane di gran lunga superiore rispetto alle coorti giovanili che entrano nel mercato del lavoro – e di quello delle tecnologie digitali sulle organizzazioni del lavoro e sulle professioni”.

Le cause

Le cause principali della carenza di lavoratori qualificati in Italia sembrano essere molteplici: secondo i dati il problema sarebbe, in primo luogo, la riduzione della popolazione in età lavorativa, con una stima di circa 4 milioni di persone in meno entro il 2040. Si riscontra poi una carenza di competenze per i profili esecutivi, ovvero quei ruoli operativi e specializzati che richiedono abilità tecniche specifiche. Le offerte di lavoro spesso poi non trovano riscontro nella disponibilità delle giovani generazioni, creando un dislivello tra domanda e offerta nel mercato del lavoro.

Le politiche per l’occupazione, pur mirando a stimolare il mercato attraverso incentivi fiscali e agevolazioni, non sembrano ancora riuscire a contrastare efficacemente il fenomeno: le misure di decontribuzione, cioè la riduzione o la eliminazione dei contributi che gravano sul lavoro dipendente per le assunzioni, ad esempio, spesso si limitano a sostenere imprese che avrebbero comunque assunto personale, traducendosi in un costo netto per le finanze pubbliche senza un incremento reale dell’occupazione qualificata.

Un altro limite sembra essere rappresentato dalla formazione: il programma GOL, per esempio, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia, concepito per migliorare l’occupabilità tramite percorsi personalizzati al lavoro, ha mostrato criticità nella fase di implementazione, con numerose difficoltà nell’attivare percorsi formativi mirati e collegati ai fabbisogni reali delle imprese. Questo ha ulteriormente aggravato il problema del mismatch, cioè la discrepanza tra competenze richieste dalle imprese e competenze disponibili, impedendo ai lavoratori di acquisire le competenze richieste dal mercato.

Cresce il disequilibrio tra domanda e offerta

Tra i settori più colpiti, il comparto dei servizi e quello dell’industria si distinguono per l’ampiezza del divario, mentre, per esempio, le imprese del settore della ristorazione e dell’alloggio hanno registrato invece un aumento significativo delle assunzioni incentivate (+60% dal 2016 al 2022), e i settori tecnologici e industriali continuano a soffrire di una carenza di lavoratori qualificati. Questa differenza sembra riflettere anche una scarsa capacità del sistema formativo di adattarsi alle esigenze di innovazione tecnologica e digitalizzazione.

Giovani, donne e over 45: i più colpiti

Tra le categorie più penalizzate figurano in primo luogo i giovani, che spesso si trovano di fronte a un’offerta formativa scollegata dal mercato del lavoro; le donne, ancora ostacolate da una forte disparità di genere e carichi familiari sproporzionati; e i lavoratori over 45, per i quali le politiche di active ageing, cioè quelle che riguardano l’invecchiamento attivo e in buona salute, sembrano essere ancora inadeguate.

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