Se la giustizia ora interessa agli elettori

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Siamo al primo giro di boa per l’approvazione della riforma della giustizia che introduce la separazione delle carriere tra giudici e pm: domani comincerà l’esame a Montecitorio che dovrebbe concludersi tra mercoledì e giovedì, poi ci sarà l’esame del Senato, le doppie letture e infine il referendum nel 2026 che vede già l’Associazione Nazionale Magistrati schierata contro. A conti fatti, insieme all’autonomia, è una delle riforme che l’esecutivo porterà a casa, visto che quella del premierato continua ad essere in bilico per i tempi e difficilmente arriverà in porto in questa legislatura.

Un segnale forte quello lanciato dal governo sulla giustizia ma anche con qualche contraddizione. La più grossolana è quella di nominare per sorteggio nei due Csm (quello dei giudici e quello dei pm) anche i membri laici, cioè quelli espressione del Parlamento. Una soluzione paradossale per non dire surreale, perché un conto è usare il metodo della lotteria per i membri togati che sulla carta non dovrebbero far parte di schieramenti partitici o ideologici, un altro è usare lo stesso meccanismo per quelli che dovrebbero essere indicati dai partiti che, per natura, dovrebbero essere espressione invece di aree politiche, culturali e financo ideologiche.

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Ma così va il mondo: per non avere troppe rotture di scatole il governo ha deciso di usare il sorteggio per tutto. Una scelta pragmatica che, però, in questo caso non va a braccetto con la logica. E non va incontro neppure al sentimento generale del Paese, perché utilizzare due metodi diversi, sorteggio per i magistrati ed elezione per i membri laici avrebbe dato un ulteriore segnale ad una magistratura su un problema che attira sempre più l’attenzione dell’opinione pubblica: la politicizzazione delle toghe.

Ieri su La Repubblica, che non è certo un giornale che appartiene alla galassia ipergarantista, semmai è tutt’altro, è apparso un sondaggio interessante: rispetto allo scorso anno è aumentato il numero degli italiani che considerano la magistratura politicizzata, la percentuale è passata dal 52% del 2023 al 54% di quest’anno. Una critica devastante, l’argomento principe dello scontro che ha diviso per più di trent’anni, sin dai tempi di Tangentopoli, le toghe dalla politica: bastava guardare la puntata di Report dell’altra sera che – basandosi sulle inchieste paranoiche di una certa magistratura, appunto, politicizzata – ha ritirato fuori il teorema folle del rapporto di Silvio Berlusconi con la mafia. I danni che certe toghe hanno fatto alla giustizia è proprio nei dati del sondaggio, da cui emerge che nella percezione della maggioranza del Paese è passata l’idea che la magistratura si muova per logiche di parte, politiche. Un danno enorme perché mina alla base il concetto di una giustizia giusta, imparziale, uguale per tutti e terremota la fiducia dei cittadini verso i giudici.

Altro aspetto non banale dello studio riguarda l’orientamento degli elettori dei singoli partiti. Ebbene, il partito che sente più il problema della politicizzazione dei magistrati, anche se non ha un grande tradizione garantista, è Fratelli d’Italia: addirittura è di questo parere il 77% degli elettori della premier. Seguono poi la Lega con il 75% e Forza Italia, Italia Viva e Azione, tutti e tre con il 59%. Anche se può apparire incredibile, quasi la metà del movimento 5stelle ha questa percezione (il 47%), mentre il meno sensibile al problema è il Pd (21%). La ragione è ovvia: è quello che ha goduto di più in questi decenni di una presenza più organizzata tra le toghe.

Ora, quei dati dimostrano pure un’inversione di tendenza rispetto al passato, di fatto si è ribaltata la situazione: una volta erano i partiti a mostrare una maggiore sensibilità verso un argomento delicato come la politicizzazione dei magistrati; ora, invece, sono gli elettori. Un buon viatico per il referendum.

Ma soprattutto uno sprone nei confronti della politica affinché affronti con maggior decisione un tema che ha caratterizzato l’ultimo pezzo di Storia del Paese. La riforma della giustizia, infatti, sul piano simbolico segnerà più di altre il passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica.



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