Alcol e slot tra minori, Carla Puligheddu: «Modelli familiari sbagliati e società in profonda crisi»

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Sassari «Siamo alle prese con un livello di povertà educativa assolutamente allarmante, che colpisce l’infanzia e l’adolescenza e finisce per tradursi nei vari tipi di devianza delle quali le cronache ci parlano. In Sardegna è indispensabile costituire un osservatorio, che raccolga i dati e consenta alle istituzioni di avere le idee chiare su come intervenire».

Carla Puligheddu, garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione, ha ben chiaro il quadro della situazione e descrive così la genesi delle devianze legate a gioco, fumo, alcol e droghe. «Ci sono intere fasce di popolazione – spiega – che per varie ragioni sono meno coinvolte e osservate e vivono ai margini della centralità educativa e culturale della nostra società: i minori che sono immersi in questo ambiente sono i primi che si perdono, perché sono vittime dei comportamenti degli adulti, vengono abusati, maltrattati e non rispettati. La Sardegna ha un indice di povertà educativa che sfiora il 40%, un dato che è superiore di 10 punti rispetto alla media nazionale. Un dato che racchiude tanti elementi».

La Garante cita il rapporto Crc su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” come punto di riferimento fondamentale per comprendere la situazione: «Innanzitutto c’è da dire che la Sardegna non ha un osservatorio, a differenza di molte altre regioni, e dunque manca un sistema organico di studio della nostra realtà. Viene comunque fuori che la percentuali di Neet, cioè di giovani che non studiano, non lavorano, non fanno niente, è pari al 19,6% contro la media nazionale del 16%, dunque una delle peggiori a livello nazionale. Tra i 14 e i 19 anni l’abitudine al fumo è di 2 punti superiore alla media nazionale (11 contro 9%) e a quell’età dal fumo si passa facilmente ad altre dipendenze, come il consumo di stupefacenti».

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Secondo il rapporto Crc, la Sardegna primeggia anche in altre voci poco lusinghiere: la percentuale di 18-24enni che non hanno conseguito un titolo di studio e non siano inseriti in alcun programma formativo (17,3% contro il 10,5% a livello nazionale), percentuale di studenti in possesso di competenze alfabetiche (45,9 contro 38,5) o numeriche (58,1 contro 44,2) inadeguate.

Ma come si arriva concretamente alla ludopatia e ad altre devianze? «Si arriva per la mancanza di esempi concreti – spiega ancora la garante –. Basti pensare che i dati della dipendenze degli adulti in Sardegna sono stratosferici e che i giovani agiscono per imitazione. Siamo alle prese con un modello educativo che non è centrato sulla crescita sana delle persone di minore età, anzi è completamente inadeguato ai tempi. Questo a tutti i livelli, a partire dalla famiglia, il contesto in cui si verifica il maggior numero abusi».

Carla Puligheddu si sofferma sulla particolare situazione che riguarda le ragazze. «I dati delle forze dell’ordine preoccupanti: tra fragilità degli adulti e violenza di genere, le ragazze sono spesso alle prese con familiari o persone vicine alla famiglia che iniziano relazione affettiva con loro. Parlo di violenza vera e propria, soprattutto fisica che continua a consumarsi sul corpo delle bambine e delle ragazze e ci costringe a una riflessione prima culturale, e poi spero politica. L’immagine della famiglia come nido o luogo accogliente mostra gravi crepe, perché i genitori non sono in grado di affrontare situazioni di fragilità manifeste. Non a caso dal periodo pandemico in poi il 52% delle ragazze, contro il 30-31% dei ragazzi, ha iniziato a vivere stati d’ansia e malessere fisico e mentale».

Il problema della salute mentale dei giovani va a saldarsi con quello delle devianze. «In molte zone della Sardegna non ci sono servizi socio-sanitari ed educativi. In oltre 24% dei comuni i servizi socio-assistenziali semplicemente non esistono e i giovani non hanno la possibilità di potersi occupare di qualcosa di costruttivo. È diminuita la percentuale di giovani che praticano sport e automaticamente con la vita sedentaria è in forte crescita il numero di obesi. La situazione è grave – aggiunge la Garante per l’infanzia e l’adolescenza –. Servono piani straordinari perché la nostra società è molto indietro nelle politiche legate ai minori. Il servizio sanitario territoriale dovrebbe offrire ascolto, magari dentro i consultori, perché anche la scuola da un certo punto di vista ha le mani legate. E poi l’unico rapporto stilato dalla Regione risale al 2005: oggi serve un osservatorio che faccia periodicamente sintesi tra i dati raccolti dalle autorità e dalle associazioni, e sia in grado di fornire alla politica tutti gli elementi per poter intervenire in maniera celere e costruttiva».



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