- Il Ddl Lavoro è stato approvato definitivamente a fine 2024 ed entra in vigore dal 12 gennaio 2025. Stabilisce l’introduzione di diverse misure che coinvolgono i lavoratori dipendenti e le imprese, andando a modificare le disposizioni precedenti.
- In generale le novità garantiscono una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro, in particolare per le imprese: meno limiti per il lavoro stagionale, dimissioni per fatti concludenti e nuove possibilità per chi è in cassa integrazione.
- Il decreto interviene anche sui contratti a tempo determinato e sul lavoro in somministrazione, eliminando di fatto alcune limitazioni presenti in precedenza.
Il Ddl Lavoro è stato recentemente confermato e ha piena operatività dal 12 gennaio 2025, con diversi interventi rivolti a dipendenti, aziende, ma anche agenzie di somministrazione. In linea generale il decreto mira ad aggiungere maggiore flessibilità al mondo del lavoro, come vedremo tra poco.
Vengono date disposizioni sullo smart working, per cui i datori di lavoro dovranno comunicare all’apposita piattaforma del Ministero del Lavoro i nomi di chi è impiegato da remoto, entro 5 giorni dall’inizio dell’impiego.
Cambiano anche le modalità di applicazione del lavoro stagionale e di quello in somministrazione, seguendo la logica della flessibilità per le imprese. Vediamo tutte le novità operative da gennaio 2025.
Smart working: la comunicazione del datore di lavoro
Con il Ddl Lavoro vengono confermate le regole che i datori di lavoro devono rispettare a tema smart working. Attualmente per stabilire una modalità di lavoro agile è necessario un accordo individuale specifico, ma oltre a questo il titolare deve procedere a comunicare al Ministero del Lavoro chi sono i dipendenti impiegati da casa.
Questa disposizione deve essere rispettata entro 5 giorni dal momento in cui il lavoratore inizia ad operare per l’azienda, per cui i tempi sono piuttosto stretti per le aziende. In questo modo il lavoro da remoto viene strutturato e tracciato con maggiore precisione.
Dimissioni per fatti concludenti
Un altro provvedimento che rientra nel Ddl Lavoro riguarda le così dette dimissioni per fatti concludenti: se il lavoratore non è operativo per un certo periodo di tempo senza dichiarazioni o motivazioni (come può essere ad esempio la malattia) di fatto è come se si fosse dimesso.
Generalmente questo periodo di tempo è indicato all’interno dei CCNL, ma se questa informazione è mancante si fa riferimento a 15 giorni consecutivi. Se in questo tempo il lavoratore non comunica le cause per cui non sta svolgendo la propria mansione, l’azienda può considerarlo dimesso, con tutte le conseguenze relative a quest’azione.
Il datore può informare quindi l’Ispettorato Nazionale del Lavoro per procedere con le dimissioni per fatti concludenti, per cui la volontà del lavoratore di interrompere il rapporto in essere è determinata dalle azioni, in mancanza di una comunicazione scritta.
Questa è per i datori di lavoro di fatto un’alternativa al licenziamento per giusta causa, che tiene in considerazione situazioni particolari in cui il lavoratore non si presenta per un certo periodo. Il lavoratore non può in questi casi percepire la Naspi.
Nuove regole per il lavoro in somministrazione con il Ddl Lavoro
Il Ddl Lavoro tocca anche il tema della somministrazione, introducendo alcune regole specifiche. Di fatto vengono esclusi dal conteggio del 30% come limite massimo di lavoratori in questa modalità all’interno dell’azienda alcuni casi particolari:
- lavoratori assunti direttamente dall’agenzia a tempo indeterminato;
- lavoratori stagionali;
- lavoratori assunti presso startup.
In questo modo le startup e le aziende in generale avranno maggiore flessibilità nell’inserimento di lavoratori assunti tramite agenzia di somministrazione. Inoltre vengono smussati alcuni limiti alle assunzioni tramite agenzia a tempo determinato, che in precedenza avevano limite di 24 mesi.
Questo fattore, se da un lato sostiene le imprese perché garantisce spazio di manovra in più, dall’altro lato può penalizzare ulteriormente i lavoratori più precari, aumentando l’instabilità contrattuale.
Organizzazione del lavoro: le novità
Ulteriori cambiamenti a favore della flessibilità per le imprese riguardano le modalità con cui è possibile avviare collaborazioni di tipo stagionale. Si aggiungono al concetto di lavoro stagionale anche quei casi in cui le aziende hanno la necessità di assumere personale per un dato periodo a causa di picchi di attività o per esigenze specifiche.
Anche questa misura avvantaggia maggiormente le imprese in quanto a flessibilità, ma può causare il proliferare di situazioni di rischio precarietà e instabilità lavorativa.
Per ciò che riguarda invece la cassa integrazione, viene specificato nel decreto che i lavoratori potranno svolgere altre mansioni anche se si trovano in questa condizione. Va evidenziato però che chi si trova in cassa integrazione non riceverà l’indennità prevista per le giornate in cui è a lavoro per un altro datore o con un committente in caso di partita IVA.
Ulteriore flessibilità è stata confermata anche dalla Legge di Bilancio 2025 tramite il contratto misto, che permette allo stesso lavoratore di lavorare sia come dipendente che come autonomo per la stessa azienda, in determinate circostanze e se l’impresa ha un numero elevato di dipendenti.
Come cambia il periodo di prova con il Ddl Lavoro
Una novità coinvolge anche il periodo di prova svolto dai lavoratori presso un’azienda. Nel caso di contratti a tempo determinato, questo periodo è conteggiato tramite 1 giorno ogni 15 di calendario, ovvero di durata da 2 a 15 giorni per quei contratti inferiori ai sei mesi, e da 2 a 30 giorni per contratti fino a 12 mesi.
Questa nuova regola è stata introdotta per chiarire il funzionamento del periodo di prova, durante il quale sia il lavoratore che il datore di lavoro possono valutare la collaborazione. Il decreto però ha lasciato anche lo spazio a disposizioni differenti nel caso di situazioni specifiche, in base alla contrattazione collettiva.
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